La settimana scorsa, mentre eravamo tutti presi dalla preparazione della Festa de Il Fatto Quotidiano, ci è arrivata la notizia che il circolo arci Fuori Orario è stato insignito, dai gruppi musicali e da tutti gli addetti ai lavori del Mei (Meeting delle Etichette Indipendenti), del premio come miglior club d’Italia, con la seguente motivazione: “Per la sua capacità di coniugare in modo unico e straordinario la nuova colonna sonora della musica italiana, con la partecipazione e la presenza di centinaia di artisti della scena musicale indipendente italiana, con l’impegno sociale e civile attraverso festival e serate di rilievo nazionale assolutamente uniche e originali, coniugandolo a una grande partecipazione di pubblico indirizzato anche a più generazioni, riscuotendo un continuo e costante consenso di pubblico e di attenzione mediatica”.

Succede, quindi, che in tanti mi chiedano quale sia la ricetta giusta.

Le prime risposte che ho dato, sono state improvvisate e dettate quasi unicamente dalla gioia di ricevere una notizia tanto gradita proprio in concomitanza con il ventennale della nostra nascita.

Però, adesso, c’ho pensato. E avrei una ricetta da proporre, per chi vuole ascoltarla.

Sono quasi certo che la parte più convincente del circolo sia nel piatto di salame, prosciutto e parmigiano-reggiano col quale accogliamo chiunque venga a trovarci. Non è una cosa inventata da noi, naturalmente. Chi, come me, ha vissuto la propria infanzia in una casa da “contadino”, sa perfettamente che l’accoglienza, anche dell’ultimo viandante, era cosa “sacra”. Pane e salame non mancavano mai sul tavolo, perfino nei momenti in cui bisognava tirare la cinghia. Fortunatamente quella tradizione è rimasta un nostro patrimonio culturale, per cui, con estrema naturalezza, l’incontro con chi ci frequenta – anche quando scaturisce in primis da motivi “contrattuali” – viene scandito da parole e cibo, che rendono l’approccio un momento determinante della conoscenza.

Dissertare di queste cose, che potrebbero sembrare ovvie banalità, acquista un sapore quasi rivoluzionario se pensiamo anche solo per un attimo a quanto siano diventati effimeri i rapporti tra le persone, che magari vantano duemila amici su Facebook, ma non hanno mai scambiato due parole.

Al Fuori Orario parliamo. Parliamo con i ragazzi che suonano, con i loro tecnici, con coloro che vengono a vedere il concerto. Facciamo in modo che il soggiorno nella nostra terra sia per loro un’esperienza innanzi tutto piacevole e, al contempo, ricca di scambi e di saperi.

Dopo vent’anni di attività, io non ho dubbi nel definire tantissimi musicisti: amici, prima ancora che artisti. Perché ci siamo detti tante di quelle cose in questi anni…che neppure le mogli ci conoscono così bene! E adesso, magari, sappiamo che condividiamo gli stessi valori, gli stessi ideali e le stesse passioni. Ma anche se non condividessimo tutto questo, potremmo almeno dire che ci conosciamo e ci rispettiamo.

All’ultima Festa de Il Fatto Quotidiano, svoltasi presso di noi, ho visto contemporaneamente Alba Parietti con Antonio Ingroia, Valeria Golino e Samuel dei Motel Connection, i ragazzi dei Marlene che han portato il vino da Cuneo, la Bandabardò, Malika Ayane e Maurizio Landini, Cisco e Loris Mazzetti, Irene Grandi e Vauro, Adelmo Cervi baciare Victoria Cabello, Padellaro con Stefano Disegni, Marco Travaglio abbracciare Paolo Nori, Ferruccio Sansa che serviva ai tavoli, David Perluigi che presentava in camicia e cravatta, Calapà che presentava invece in stile “profughi”, i Nomadi e molti altri, Cinzia, Amanda e i ragazzi del blog…Tutti, ma proprio tutti, mescolati ai tantissimi soci del circolo, con lo spirito di chi sa di appartenere alla stessa grande famiglia.

Alla fine ci si trova tutti, come all’inizio, di fronte alle due fette di salame e al parmigiano-reggiano. Si parla ancora, ci si danno pacche sulle spalle perché è andato tutto bene o ci si consola “perché contro il maltempo…”. Addirittura, capita spesso che qualche artista prenda la scopa e dia una mano a fare le pulizie, prima dell’abbraccio finale perché è arrivato il momento dei saluti.

È il momento più triste, che rimandiamo sempre, sino a quando l’alba ci ricorda che abbiamo famiglia e che il giorno dopo bisogna andare a lavorare.

La malinconia viene addolcita dalla certezza che si tratta di un arrivederci!

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