Ieri a Milano un centinaio di dipendenti ha organizzato un presidio davanti alla sede di Assolombarda, l'associazione imprenditoriale dell'area milanese dove la famosa azienda dell'alimentare ha incontrato alcuni delegati sindacali
“Sammontana, licenziati all’italiana”. E’ uno degli slogan scanditi ieri a Milano da un centinaio di lavoratori al presidio organizzato davanti alla sede di Assolombarda, l’associazione imprenditoriale dell’area milanese dove la famosa azienda dell’alimentare ha incontrato alcuni delegati sindacali. Sul tavolo la decisione del gruppo Sammontana di spostare a Verona un importante reparto della produzione dello storico marchio meneghino Le Tre Marie, che potrebbe costare il posto a 239 lavoratori.
“L’azienda trasferisce metà dello stabilimento lombardo, cedendo i restanti operai del comparto panettoni a una srl di sua proprietà che non dà nessuna garanzia per il futuro”, spiega Paola Tomasetti della Flai-Cgil, puntando il dito contro la procedura di mobilità aperta dall’azienda il 9 giugno scorso. “Pura speculazione, il nostro non è un settore in crisi”, contestano dal presidio, ricordando gli investimenti che il gruppo della famiglia Bagnoli di Empoli aveva promesso quando Le Tre Marie era stato rilevato dal gruppo Barilla. “A loro interessava il marchio Sanson (parte del pacchetto acquistato), per eliminare un concorrente”, spiega chi da venticinque anni sforna il famoso panettone. E precisa: “Hanno visto che possono guadagnare dai croissant e spostano la produzione dove più gli conviene”.
Senza il cosiddetto ‘reparto del freddo’, infatti, la sola produzione stagionale di prodotti come colombe e panettoni non basterebbe a tenere in piedi lo stabilimento milanese. “Ormai la parola da usare è esubero”, attacca una donna che in azienda si occupa di ricerca e sviluppo. A margine dell’incontro con la Sammontana, i rappresentanti dei tre sindacati confederati presenti sono chiari: “L’azienda non intende rinunciare alla procedura di mobilità. Chiederemo al sindaco Pisapia e al governatore Maroni di intervenire per difendere un patrimonio della città che ha da poco celebrato il centenario”. Per moltissimi lavoratori il destino potrebbe essere già segnato, ma tra gli operai nessuno ha intenzione di cedere.
“Saremo i prossimi a salire su una gru”, promettono, “o sulla Madonnina del Duomo se necessario”. Mentre l’incontro prosegue, in strada cresce il risentimento nei confronti di imprenditori che, assicurano i manifestanti, “hanno finanziato la campagna elettorale di Matteo Renzi, dimenticando persone che hanno dato la vita per questo marchio”. L’operaia più anziana vanta ben 37 anni di servizio. “Ho un figlio iscritto all’università”, si preoccupa, “sarò costretta a ritirarlo”. Pensando al futuro, chi ha ormai cinquant’anni pensa ai giovani. E parlando dei figli, a un operaio si gonfiano gli occhi e le parole si fermano in gola. “Una volta licenziati ci aspetta la crisi, saremo i prossimi esodati”, spiega. Ma anche tra i più giovani le prospettive non migliorano. “Dovrò cercare lavoro all’estero”, riflette un venticinquenne impiegato nel confezionamento dei panettoni, “di lavoro non ce n’è più”.