La competizione che parte oggi è l'ultimo, vero banco di prova per il Paese sudamericano, che nel 2014 ospiterà i mondiali di calcio e nel 2016 i giochi olimpici di Rio de Janeiro
Comincia oggi, sabato 15 giugno, con la partita inaugurale tra Brasile e Giappone allo stadio Garrincha di Brasilia, la Confederations Cup 2013: strana competizione che da un paio di edizioni si disputa l’anno prima del Mondiale nel paese che poi ospita il torneo. E che serve quindi come test per gli impianti, la viabilità, la sicurezza e l’organizzazione generale in vista dell’evento maggiore. A dare l’idea del faraonico investimento brasiliano è proprio lo stadio della capitale intitolato all’indimenticabile Mané Garrincha: è un mostro di cemento da 70mila posti, solitamente si riempie di poche centinaia di spettatori con le partite di Gama e Brasiliense, ma è costato la bellezza di 380 milioni di euro in vista dei Mondiali 2014 e delle Olimpiadi di Rio 2016 (in cui lo stadio di Brasilia ospiterà alcune partite di calcio).
Ma quello di Brasilia è solo un esempio. Che dire, invece, dell’Arena Amazonia nella lontana Manaus? Tuttora in costruzione, appena conclusi i Mondiali rimarrà una cattedrale nel deserto, o meglio un inutile mostro di cemento nel pieno della foresta amazzonica. Solo per la costruzione degli stadi ‘mondiali’, del resto, si è quasi raggiunta la cifra tonda di 3 miliardi, con un aumento dei costi dei lavori pari a oltre il 160% delle stime governative iniziali. Certo, il Brasile si sta imponendo sulla scena internazionale come una delle maggiori potenze economiche del globo. E ci tiene a fare le cose per bene. A ogni costo. Eppure permangono forti diseguaglianze sociali, esacerbate nella desolante e violenta miseria delle favelas. Un aspetto, quest’ultimo, su cui stanno costruendo la loro carriera politica sia il sindaco di Rio Eduardo Paes che il governatore Cabral, il cui rapporto con le baraccopoli dicono sia ispirato al truce film Tropa de Elite.
La commistione tra calcio, infrastrutture, soldi, corruzione, espropri e violenza trova la sua massima realizzazione proprio a Rio, nel rifacimento del glorioso Estádio do Maracanã, inaugurato nella celebre finale del 1950 persa dal Brasile in casa con l’Uruguay e raso al suolo per ricostruire un impianto che ospiti le partite di Mondiali e Olimpiadi. Dopo un’amichevole tra Brasile e Inghilterra la settimana scorsa, l’inaugurazione ufficiale del nuovo impianto spetterà domenica sera contro il Messico proprio all’Italia di Prandelli, qualificata in qualità di finalista dell’Europeo 2012 (la Spagna già dentro per avere vinto anche i Mondiali del 2010).
Il nuovo Maracanã, completo di lussuose tribune e avveniristiche lounge a discapito delle gradinate che ne hanno garantito calore e passione per oltre sessant’anni, non solo è costato qualcosa come 500 milioni (il 50% in più di quanto previsto) ma la sua costruzione è avvenuta proprio grazie alle famigerate truppe d’assalto impiegate nella favelas, che hanno represso nel sangue ogni protesta nel quartiere. Compresa la resistenza di un gruppo di famiglie Indios che dal 2007 occupavano il vecchio museo a loro dedicato: raso al suolo per fare spazio a parcheggi e centri commerciali. Perché quello della cosiddetta ‘sicurezza’ è un tema che sta molto a cuore alle autorità dell’unico paese non in guerra dove si muore più per armi (30,1% delle cause non naturali) che per incidenti stradali (25,9%).
Per questo, dal budget complessivo di oltre 12 miliardi (per stadi, infrastrutture etc) l’organizzazione ha preso ben 700 milioni per il capitolo sicurezza. Una cifra che è tre volte tanto quello speso dal Sudafrica per i Mondiali del 2010, e che si avvicina piuttosto al miliardo e mezzo investito da Londra per le Olimpiadi 2012. In Brasile saranno a disposizione tutti i più recenti ritrovati tecnologici per la prevenzione di disordini urbani e ipotetici attacchi terroristi: aerei, elicotteri, armature e armi leggere di ultima generazione con cui rifornire polizia, esercito e contractor privati. E la Confederations Cup servirà come prova generale.
Per il 2014 si prevedono centinaia di migliaia di guardie armate, pubbliche e private, che pattuglieranno gli stadi e i luoghi di ritrovo. Per raggiungere il rapporto di uno ogni cinquanta spettatori all’interno degli impianti, e di uno ogni ottanta all’esterno. Alcuni di loro saranno poi dotati di fantascientifici occhiali: provvisti di mini-telecamere in grado di analizzare fino a 400 facce al secondo e di confrontarle con un database di oltre 13 milioni di volti potenzialmente pericolosi. Un dispiegamento di forze imponente, messo in piedi dalle autorità con la scusa della lotta agli hooligans e al terrorismo. Sarà così?
La “Mapa da Violência 2012: a Cor dos Homicídios no Brasil” – il rapporto divulgato lo scorso dicembre da diverse organizzazioni brasiliane per la tutela dei diritti umani – racconta di come gli omicidi attribuibili alla polizia militare nei confronti degli abitanti delle favelas siano in costante aumento, e come la mortalità selettiva dei giovani afrobrasiliani sia passata negli ultimi anni dal 71,7% al 153,9%. Nella totale impunità.