Scoperta una necropoli di 150 tombe databili tra il 1200 e il 1300. Gli scavi archeologici non fermano il progetto di costruzione di un parcheggio per un mega residence. La soprintendenza: "I resti sono stati portati via. Sono semplici buche del terreno. Non aveva senso modificare i piani"
Fra pochi mesi le ruspe ci passeranno sopra per costruire palazzine di appartamenti di lusso. E così, questo tesoro archeologico appena ritrovato i cittadini non potranno neppure vederlo in cartolina. Oltre 150 tombe, un vero e proprio cimitero di età medievale, sono venute alla luce in pieno centro storico a Bologna, durante i lavori per la costruzione di un maxi complesso residenziale. Proprio lì dove, fino a un anno fa, sorgeva il convento del Sacro Cuore, storica scuola bolognese, messa in vendita dalle suore che ci abitavano da un secolo e mezzo. La sua demolizione ha portato alla scoperta di una necropoli che però ora, invece di essere consegnata alla città, verrà ricoperta da una colata di cemento.
“È un cimitero databile tra il 1200 e il 1300” spiega Renata Curina della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. “Dentro le casse di legno, di cui sono rimasti solo i chiodi, erano sepolti cittadini comuni di tutte le età. Con gli scavi archeologici i resti sono stati tutti portati via e saranno analizzati e studiati”. Presto gli antropologi dell’Università di Bologna, che da un anno seguono gli scavi, potranno raccontare un po’ di più di quegli uomini, vecchi, donne, bambini, sepolti lì, non lontano dai viali e dai colli bolognesi. Dell’alimentazione, degli stili di vita del Basso medioevo emiliano. Inoltre, sotto lo strato del cimitero medievale gli studiosi hanno individuato anche una stratificazione più antica, di età villanoviana (IX secolo a.C.): segno che lì in quelle aree l’uomo ci abita da millenni.
Eppure il cimitero appena scoperto rimarrà sconosciuto alla città, visto che del ritrovamento non è stata fatta alcuna pubblicità e i cantieri, dove lavorano una decina di giovani archeologi, sono stati recintati con alti pannelli di legno. Dalla strada è praticamente impossibile scorgere la necropoli e soprattutto, una volta terminato il recupero delle ossa e dei reperti, il cimitero sarà seppellito dal cemento e accoglierà le fondamenta del parcheggio del mega-residence. La Soprintendenza sul tema è categorica: “Non sono tombe monumentali, ma buche del terreno e basta. In questo caso non aveva senso modificare il progetto di costruzione delle palazzine per delle buche scavate nel terreno. Anche perché comunque gli scheletri sono stati recuperati e saranno tutelati”, aggiunge Renata Curina.
Il fatto che là sotto sarebbero state rinvenute delle sepolture era noto fin da subito alla proprietà che ha acquistato l’antico edificio e lo ha poi demolito. “Avevamo fatto dei sondaggi prima di iniziare i lavori e avevamo subito chiarito che ci sarebbero stati dei ritrovamenti”, spiega ancora la dottoressa Curina. La zona, infatti, nelle mappe comunali era a forte potenziale archeologico e nessun progetto poteva partire senza il benestare sella Soprintendenza. Da qui i controlli, la scoperta e gli scavi archeologici pagati dalla stessa proprietà.
Non è la prima volta che l’antico convento di via Orfeo finisce sotto i riflettori. La sua storia affonda le radici nel periodo dell’unità d’Italia. L’istituto viene aperto dalle suore dalla congregazione Figlie del Sacro cuore di Gesù nel 1865. Da lì passano, nei decenni, centinaia di bambini, tanto che la scuola, al centro di uno dei quartieri più ricchi della città, diventa presto un punto di riferimento per generazioni di bolognesi. Le sue mura resistono a due guerre mondiali e a quasi un secolo e mezzo di storia. Ma quello che non fa il tempo, lo fa la crisi, che è economica e, al tempo stesso, di vocazioni.
Dal 2008, infatti, le suore, rimaste in due, cominciano ad avere difficoltà a mandare avanti la scuola, che ospita primarie, elementari e medie, per un totale di 400 alunni. Così contattano diversi acquirenti interessati, imprenditori bolognesi e non che subito fiutano il gigantesco affare immobiliare. I genitori però si mettono di traverso, intenzionati a dare battaglia per continuare a mandare i loro figli nell’istituto. Partono raccolte fondi, appelli e lettere aperte, tra cui una indirizzata persino al papa Benedetto XVI. Si mobilitano il consiglio comunale, il Pd e l’allora assessore all’Urbanistica, Virginio Merola (oggi sindaco di Bologna). Sul tavolo arrivano diverse ipotesi per salvare l’edificio, ma nessuna di queste va a buon fine. Così nel 2009 da Roma arriva il definitivo via libera al trasloco e l’edificio passa ai costruttori. In mano hanno già un progetto ben chiaro: radere al suolo il vecchio istituto per fare posto a case e appartamenti di lusso.
di David Marceddu e Giulia Zaccariello