“Del mio amico Beppe Grillo non voglio parlare, altrimenti ogni parola viene letta come una critica”. Testo e (poca) musica del cantautore Gino Paoli, giunto alla Fiera di Bologna per inaugurare il Music Italy Show assieme all’amico Gianni Morandi, dopo che poche settimane fa proprio verso il leader 5 Stelle aveva riversato una sentenza lapidaria: “avrebbe fatto meglio a non entrare in politica”. E sui parlamentari del Movimento 5 Stelle dice: “Il futuro, dipende da loro, sono energie nuove, non devono cascare nella trappola del potere per costruire un futuro diverso”. Quanto ai rapporti con Grillo, il cantautore genovese ha sostenuto che “non è detto che debbano staccarsi da lui, ma devono avere in testa quello che vogliono fare”.
Paoli di politica ne ha fatta molta, direttamente a Montecitorio. Eletto deputato nel 1987 con il Pci era poi confluito nel gruppo indipendente di sinistra. “Come onorevole mi dedicai subito all’istituire l’insegnamento della musica a scuola”, spiega a Morandi che lo incalza chiedendogli se ‘là dentro si può cambiare qualcosa’, “mica parlo delle quattro note che si suonano alle medie con il piffero di plastica. Comunque mi dissero che ci volevano 20 mila insegnanti nuovi e chiusero subito il discorso”.
Battaglie politiche a parte, Paoli, camicia di jeans e finti Rayban a specchio, ripercorre 40 anni di carriera e di musica italiana partendo dal fatto che è appena stato eletto presidente del consiglio di Gestione Siae: “Il diritto d’autore va tutelato. La Siae è un baluardo della libertà. Se non ci fosse ci sarebbero tante piccole Siae con business e interessi diversi. Il problema è che noi siamo un popolo che considera le tasse come gabelle, come qualcosa di ingiusto”.
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Gino Paoli a Bologna
Le idee sono chiare anche verso il download piratato: “Ci si deve adeguare a questa situazione dove molti ragazzi scaricano musica illegalmente, ma non bisogna prendersela con loro, al massimo farla pagare a chi la trasmette perché a sua volta ci guadagna un pacco di soldi in pubblicità”.
La parte politica fa poi spazio alla storia della musica. L’eterno ragazzo che “amava i Beatles e i Rolling Stones” fa evocare al mito musicale di origine friulana, ma genovese fin dalla nascita, località Boccadasse of course, amicizie e ricordi per poi prorompere in un duetto pressoché inedito tra “Senza fine” e “Il cielo in una stanza” che incanta la platea.
“Mina, – continua Paoli, “può cantare qualsiasi cosa, ma ha il limite di pensare troppo alla tecnica. Ornella Vanoni, invece ha un sacco di difetti musicali, è svagata, fa paciughi, ma se ingrana non ce n’è per nessuno”. Infine Lucio Dalla. E per Lucio c’è il ricordo più tenero: “Un elfo talentuoso. Convinsi io Reverberi della Rca e Lucio ad andare in sala d’incisione. Era tra il ’63 e il ’64. Quando arrivò a Roma in sala di registrazione volle tutte le luci spente perché si vergognava. Poi volle un separé e da lì dietro avrebbe inciso. Allora io e Reverberi al buio facemmo il giro e gli arrivammo da dietro: Lucio si era tolto i pantaloni, si era infilato le mutande in testa, e cantava”.
Autografi, qualche spintone e l’eterno Red Ronnie che lo coinvolge al suo Roxy Bar, ma c’è ancora spazio per una precisazione sui 5 Stelle: “Dipende solo dai ragazzi del Movimento diventare energia nuova per il paese. Non devono cascare nella trappola del potere. Per costruire il futuro non è detto che debbano necessariamente abbandonare Grillo. L’importante è che abbiano chiaro in testa quello che vogliono fare”.