Il mercato immobiliare è fermo. Colpa anche dell’Imu? L’imposta ha un impatto rilevante sugli affitti mentre l’andamento della proprietà è determinato da altre cause strutturali. E per ridare vigore al mercato dell’edilizia residenziale è su quei fattori che occorre intervenire.
di Raffaele Lungarella* (Fonte: lavoce.info)
Il mercato dell’affitto
Nel 2012, con l’Imu, è stata reintrodotta l’imposta patrimoniale sulla prima casa di abitazione ed è stato aggravato il suo peso sulle altre tipologie di immobili, residenziali e non. Sul mercato dell’edilizia residenziale, la nuova imposta può avere un impatto rilevante nel segmento dell’affitto, mentre su quello della proprietà l’andamento continua a essere determinato prevalentemente dalle cause strutturali all’origine della crisi.
Per effetto del forte incremento della base imponibile e delle aliquote (vedi tabella 1), l’Imu richiede, ai proprietari degli alloggi affittati, il pagamento di un’imposta doppia e anche tripla rispetto all’Ici, con la conseguente riduzione del rendimento corrente degli investimenti.
Per un alloggio tipo, il passaggio dall’Ici all’Imu determina una perdita crescente con il reddito del proprietario (vedi tabella 2).I proprietari che, prima dell’introduzione dell’Imu, applicavano l’Irpef, soprattutto se appartenenti agli scaglioni di reddito più altri, possono recuperare la redditività dell’investimento passando alla cedolare secca; quelli che l’avevano già scelta subiscono una perdita netta.
Se le condizioni di mercato non permettono di riportare il rendimento del capitale
investito ai livelli Ici neanche attraverso un aumento dei canoni, l’Imu potrebbe determinare una riduzione degli investimenti in abitazioni da destinare all’affitto.
Le agenzie immobiliari rilevano che un certo numero di proprietari è disposto ad accettare le richieste degli inquilini di riduzioni degli affitti, anche fino a 100 euro al mese. Preferiscono rinegoziare al ribasso i canoni, per non correre il rischio di dover pagare oltre all’Imu anche le spese di condominio, se gli alloggi fossero rilasciati dai loro attuali inquilini e restassero sfitti.
Sul mercato degli affitti l’introduzione dell’Imu produce effetti paradossali, per certi versi. Da un lato, la riduzione del rendimento degli investimenti non favorisce un incremento dello stock di abitazioni destinate alla locazione. Dall’altro, l’accresciuto peso della nuova imposta patrimoniale sugli immobili non locati può produrre, nel breve periodo, proprio gli effetti attesi: aumenta l’offerta di case in affitto, perché diviene “conveniente”, per i loro proprietari, immettere sul mercato anche gli alloggi che in precedenza non erano disposti ad affittare; si riducono i canoni non solo delle abitazioni i cui contratti giungono a scadenza, ma anche di quelle già affittate.
Il mercato della proprietà
Nel 2012 il numero delle compravendite di abitazioni si è ridotto del 25 per cento rispetto all’anno precedente, attestandosi a poco meno di 450mila unità: è un valore al di sotto di quello che era stato l’andamento medio del mercato tra il 1985 e il 1996. (1)
Dalle analisi sulle operazioni intermediate da una catena di agenzie immobiliari che operano in franchising risulta che, negli ultimi anni, circa i tre quarti del numero totale delle compravendite ha riguardato la prima casa di abitazione, un 20 per cento è stato costituito da acquisti per investimenti e la quota restante da seconde case. (2)Sul mercato delle prime case, la reintroduzione dell’Imu non sembra possa avere conseguenze differenti da quelle dell’Ici, quando era applicata anche su di esse.
Per abitazioni di valore catastale medio, la differenza tra l’imposta che il proprietario pagava con l’Ici e quella pagata con l’Imu non è tale da potere essere considerata un fattore determinante sulla decisione di acquistare la casa in cui vivere; per esempio, per una prima casa con una rendita catastale di 1.500 euro, l’aggravio è di 108 euro, una cifra che sostanzialmente si annulla per le famiglie con due figli che rientrano nei limiti di età per la franchigia aggiuntiva.
Con un appesantimento dell’imposta di quest’ordine di grandezza, sarebbe una forzatura sostenere che la reintroduzione dell’Imu abbia costituito un elemento di freno della domanda di abitazioni per la proprietà. La serie storica delle compravendite prodotta dall’Agenzia del Territorio evidenzia una riduzione del loro numero nel 2012 – anno della reintroduzione dell’Imu sulla prima casa -, ma una riduzione si registrò anche nel 2006 e nel 2007, anni in cui sulla prima casa si applicava l’Ici, e soprattutto nel 2008, anno a partire dal quale quest’ultima imposta non si pagò più.
È possibile, anzi molto probabile, che (almeno finché il Governo Letta resterà in carica) la prima casa sarà di nuovo esentata dall’imposta patrimoniale. Anche questa è però una decisione che avrà scarso impatto sul mercato dell’edilizia abitativa. A sostegno della previsione si può portare una controprova: la crescita del numero delle compravendite, nel lungo periodo iniziato a metà degli anni Novanta e culminato nel picco del 2006, non fu ostacolata dall’imposizione dell’Ici sulla prima casa, mentre fu sicuramente alimentata da condizioni favorevoli sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. Per ridare vigore al mercato, è allora sui fattori strutturali della crisi che occorre provare a intervenire.
Tabella 1. Parametri di calcolo di Ici e Imu
Tabella 2. Rendimento % di un alloggio tipo (rendita catastale 1.250 euro, valore 250.000 euro, canone mensile di libero mercato 800 euro)
(1) Agenzia del territorio, Rapporto immobiliare 2013. Il settore residenziale.
(2) Tecnocasa, “Il mercato immobiliare tendente e previsioni”, anni vari.
*Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di Economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di Economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi Politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.