Il candidato del centrosinistra Giovanni Cosentini appare favorito in vista del ballottaggio del prossimo fine settimana contro Federico Piccitto, unico candidato del 5 stelle arrivato al secondo turno. Ma per non rischiare - Parma e Pizzarotti insegnano- ha messo insieme una coalizione che va da Berlusconi, passa da Saverio Romano e Totò Cuffaro e arriva fino a Crocetta
Le chiamano “larghe intese alla iblea”, ma somigliano tanto ad un minestrone multicolore in cui dentro è finito tutto e il contrario di tutto: democristiani doc, ex sostenitori di Berlusconi, seguaci di Totò Cuffaro, ex comunisti di provincia e luogotenenti affezionati di Rosario Crocetta. Tutti insieme, appassionatamente alleati dopo aver cambiato più volte casacca, per vincere facile e scacciare definitivamente l’incubo Cinque Stelle dalla Sicilia. A Ragusa, splendido oriente barocco siciliano, tra una settimana si torna alle urne per eleggere il sindaco al ballottaggio.
Il capoluogo ibleo è l’unico comune dove il Movimento Cinque Stelle è riuscito ad arrivare al secondo turno, dopo il flop registrato alle ultime amministrative in tutta l’isola. Lontani i tempi del boom alle Regionali di ottobre (primo partito in Parlamento regionale), archiviata anche la love story con gli elettori siciliani alle politiche di febbraio (31 per cento alla Camera), adesso il Movimento di Grillo si deve accontentare della sola Ragusa per provare a piazzare il primo sindaco a Cinque Stelle in Sicilia. Il suo candidato si chiama Federico Piccitto, fa l’ingegnere e domenica scorsa è riuscito a raccogliere il 15 per cento dei consensi staccando il biglietto per il ballottaggio. Dovrà vedersela con Giovanni Cosentini, candidato del Megafono, la lista personale del governatore Crocetta, e sostenuto dal Pd e dall’Udc. Ai nastri di partenza Cosentini sarebbe stra-favorito partendo dal 30 per cento di consensi incassati al primo turno, il doppio del candidato dei Cinque Stelle. Un vantaggio che appare blindato, ma esempi come quelli di Parma (con Pizzarotti che partiva sfavorito) hanno indotto il buon Cosentini a non fidarsi, allargando a più non posso la rosa degli alleati.
Una moltitudine di petali di vario colore, frutto di un passato trascorso sulle stesse barricate. Si perché il candidato del Pd Cosentini, fiore all’occhiello del centro sinistra che in Sicilia ha vinto ovunque, ha un passato da vice sindaco Udc della giunta di centro destra che ha amministrato Ragusa fino all’estate scorsa. Il primo cittadino era Nello Dipasquale, per molto tempo appoggiato da Forza Italia, oggi deputato regionale e luogotenente di Crocetta a Ragusa. Alla vigilia delle elezioni regionali Dipasquale – una vita da democristiano a Ragusa, un tempo città “rossa” – è stato “fulminato” sulla via di Crocetta, lasciando il centro destra e trasferendo sull’altra sponda voti, sigle e soprattutto amicizie.
I vertici locali del Pd non la presero bene, alzarono la voce e minacciarono dimissioni in massa: potevano loro allearsi con Dipasquale dopo averlo osteggiato per anni? Ovvio che no. E infatti poco dopo si sono adeguati, hanno ritirato minacce di dimissioni, accogliendo gli ex nemici capeggiati da Dipasquale, passati da Berlusconi a Crocetta senza battere minimamente ciglio. E adesso per scacciare l’ombra Cinque Stelle dal comune, Cosentini ha chiamato a raccolta gli alleati del passato. Il primo accordo per il ballottaggio l’ha stretto con uno degli avversari già sconfitti al primo turno: Ciccio Barone, appoggiato da due liste civiche e proveniente dall’area di Cantiere Popolare, il partitino fondato da Totò Cuffaro e Saverio Romano. Cosa c’entra il Cantiere Popolare con il Pd? Semplice, anche Barone è un sodale di Dipasquale, dato che gli aveva fatto da assessore quando ancora a Ragusa andava di moda il centro destra. Ma non è finita. Il Pdl, sconquassato dall’ultimo turno elettorale, non è stato a guardare. E ha subito annunciato di voler appoggiare Cosentini al ballottaggio creando di fatto una coalizione sterminata che va da Berlusconi, passa da Saverio Romano e dal Pd e giunge fino a Crocetta. Larghe, larghissime intese, come a Roma. Pure un po’ troppo.
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