I lavoratori della Cft Rossi e Catelli incrociano le braccia nonostante le transenne “anti-sciopero”, nonostante le guardie messe a presidio dell’ingresso dell’azienda di Parma che da un giorno all’altro lascerà a casa un terzo dei suoi 191 dipendenti.
Le lettere di licenziamento sono arrivate a quattro giorni dall’annuncio del piano di ristrutturazione, tra 75 comincerà la mobilità per 64 operai che hanno lavorato mediamente dai venti ai trent’anni nella ditta di impiantistica alimentare. Una scelta, dice l’azienda, dettata dal momento di crisi del mercato e da difficoltà a cui non c’è rimedio, se non quello del taglio dei costi di un intero ramo produttivo che verrà esternalizzato. Nel 2010 c’era stata l’uscita volontaria di 48 dipendenti, ma secondo il nuovo piano industriale per la sopravvivenza dell’impresa è necessario che se ne vadano altri 64.
Video di Giacomo Gerboni
“È la corda che ci impicca per l’ennesima volta, ma la colpa non è nostra, non dobbiamo pagare noi gli errori di chi è al vertice” attacca Renzo Fanzini, Rsu di Fiom Cgil. Di fronte a lui oltre settanta persone tra operai e dipendenti della Cft. Il presidio è pacifico è si svolge nel parcheggio esterno all’azienda, proprio di fianco all’entrata presidiata dai vigilantes privati ingaggiati giorno e notte per controllare l’accesso e l’uscita dei dipendenti e dei camion dei fornitori, ed evitare che ci siano azioni di blocco o di protesta nel perimetro dell’area privata dell’impresa. Molti sono usciti prima dall’ufficio per l’ora di sciopero con assemblea anche se non sono nella lista dei licenziati, soltanto per solidarietà ai colleghi destinati alla mobilità. Pochi però sono disposti a parlare e quasi tutti si trincerano nel “no comment”, alcuni chiedono anche di non essere ripresi: si sussurra che la direzione abbia tenuto fotografie delle passate proteste e tutti temono eventuali ritorsioni. Soprattutto dopo che, dopo l’ultima assemblea sindacale, davanti all’azienda sono spuntate le transenne e gli addetti alla sicurezza.
“Ci sentiamo umiliati, calpestati nella nostra dignità” dice per tutti Fanzini, e alla sua voce si unisce quella dell’altro delegato Fiom Giuseppe Massari: “Di fronte al licenziamento di 64 lavoratori, mettere delle transenne è un atteggiamento meschino che non ha eguali nel territorio. Ma la cosa più grave è che lo fa non una multinazionale straniera, ma una proprietà locale storica per il territorio di Parma”. L’azienda ha spiegato che si tratta di una misura di prevenzione per “evitare ripercussioni alla produzione dell’impresa”: nel 2010, di fronte a un piano di messa in mobilità, gli operai avevano bloccato i camion con i macchinari pronti alla consegna, fino a quando non era stato firmato un accordo. Da allora, confermano i sindacati, non è stata più fatta un’ora di sciopero e “tutti hanno sempre lavorato per portare risultati all’azienda, ma non è servito a nulla”.
Il timore è che dopo quest’operazione di riduzione dell’organico, ne arrivino altre. Nella vicina divisione Packaging di Montecchio, dopo la diffusione del nuovo piano industriale i vertici hanno portato rassicurazioni ai lavoratori, ma secondo i sindacati sono del tutto infondate. “Tagliano i lavoratori – continua Massari – ma il problema di questa azienda sono la cattiva organizzazione, gli sprechi, l’inefficienza”. Su tutti, i costi del management: nel 2010 si contavano 18 dirigenti su 280 dipendenti, oggi ce ne sono 12 su 191. I sindacati lo denunciano, così come stigmatizzano il comportamento dei vertici, che hanno messo nero su bianco i tagli senza possibilità di contrattazione, pianificando perfino la misura delle transenne per garantire la continuità del lavoro.
La direzione generale si era detta disponibile a togliere le guardie private dall’entrata e a dare quei soldi come incentivi per la messa in mobilità, a patto che i sindacati non “aizzassero gli animi”, ma la posizione della segretaria provinciale di Fiom è dura: “Lascino pure le guardie, non ci interessano gli incentivi, il punto è che l’azienda licenzia i suoi operai e spende soldi per assumere anche di notte delle guardie – aggiunge Antonella Stasi – La cosa più allarmante è il silenzio della città di fronte a questa situazione. Si toglie ai lavoratori il diritto di protestare e le istituzioni non dicono niente, l’Unione industriali è assente”. La paura poi è che transenne e “bodyguard” possano creare un precedente, visto che molte aziende in crisi sono nella stessa situazione della Cft. “Noi continueremo a lottare per dire no ai licenziamenti” annunciano i sindacati Fiom, Fim e Uilm. In programma ci sono altre azioni di protesta e per la prossima settimana uno sciopero che sarà esteso per solidarietà ai lavoratori della Cft anche a tutte le imprese del settore.
Emilia Romagna
Parma, Cft: lo sciopero è ammesso, ma restano i bodyguards (video)
La ditta Cft Rossi e Catelli ha messo in mobilità 64 operai a causa di problemi economici. Per evitare problemi, ha ingaggiato un'agenzia di bodyguards per presidiare le entrate e consentire le manifestazioni solo fuori dal perimetro aziendale. Fiom: "La città tace. Si svegli"
I lavoratori della Cft Rossi e Catelli incrociano le braccia nonostante le transenne “anti-sciopero”, nonostante le guardie messe a presidio dell’ingresso dell’azienda di Parma che da un giorno all’altro lascerà a casa un terzo dei suoi 191 dipendenti.
Le lettere di licenziamento sono arrivate a quattro giorni dall’annuncio del piano di ristrutturazione, tra 75 comincerà la mobilità per 64 operai che hanno lavorato mediamente dai venti ai trent’anni nella ditta di impiantistica alimentare. Una scelta, dice l’azienda, dettata dal momento di crisi del mercato e da difficoltà a cui non c’è rimedio, se non quello del taglio dei costi di un intero ramo produttivo che verrà esternalizzato. Nel 2010 c’era stata l’uscita volontaria di 48 dipendenti, ma secondo il nuovo piano industriale per la sopravvivenza dell’impresa è necessario che se ne vadano altri 64.
“È la corda che ci impicca per l’ennesima volta, ma la colpa non è nostra, non dobbiamo pagare noi gli errori di chi è al vertice” attacca Renzo Fanzini, Rsu di Fiom Cgil. Di fronte a lui oltre settanta persone tra operai e dipendenti della Cft. Il presidio è pacifico è si svolge nel parcheggio esterno all’azienda, proprio di fianco all’entrata presidiata dai vigilantes privati ingaggiati giorno e notte per controllare l’accesso e l’uscita dei dipendenti e dei camion dei fornitori, ed evitare che ci siano azioni di blocco o di protesta nel perimetro dell’area privata dell’impresa. Molti sono usciti prima dall’ufficio per l’ora di sciopero con assemblea anche se non sono nella lista dei licenziati, soltanto per solidarietà ai colleghi destinati alla mobilità. Pochi però sono disposti a parlare e quasi tutti si trincerano nel “no comment”, alcuni chiedono anche di non essere ripresi: si sussurra che la direzione abbia tenuto fotografie delle passate proteste e tutti temono eventuali ritorsioni. Soprattutto dopo che, dopo l’ultima assemblea sindacale, davanti all’azienda sono spuntate le transenne e gli addetti alla sicurezza.
“Ci sentiamo umiliati, calpestati nella nostra dignità” dice per tutti Fanzini, e alla sua voce si unisce quella dell’altro delegato Fiom Giuseppe Massari: “Di fronte al licenziamento di 64 lavoratori, mettere delle transenne è un atteggiamento meschino che non ha eguali nel territorio. Ma la cosa più grave è che lo fa non una multinazionale straniera, ma una proprietà locale storica per il territorio di Parma”. L’azienda ha spiegato che si tratta di una misura di prevenzione per “evitare ripercussioni alla produzione dell’impresa”: nel 2010, di fronte a un piano di messa in mobilità, gli operai avevano bloccato i camion con i macchinari pronti alla consegna, fino a quando non era stato firmato un accordo. Da allora, confermano i sindacati, non è stata più fatta un’ora di sciopero e “tutti hanno sempre lavorato per portare risultati all’azienda, ma non è servito a nulla”.
Il timore è che dopo quest’operazione di riduzione dell’organico, ne arrivino altre. Nella vicina divisione Packaging di Montecchio, dopo la diffusione del nuovo piano industriale i vertici hanno portato rassicurazioni ai lavoratori, ma secondo i sindacati sono del tutto infondate. “Tagliano i lavoratori – continua Massari – ma il problema di questa azienda sono la cattiva organizzazione, gli sprechi, l’inefficienza”. Su tutti, i costi del management: nel 2010 si contavano 18 dirigenti su 280 dipendenti, oggi ce ne sono 12 su 191. I sindacati lo denunciano, così come stigmatizzano il comportamento dei vertici, che hanno messo nero su bianco i tagli senza possibilità di contrattazione, pianificando perfino la misura delle transenne per garantire la continuità del lavoro.
La direzione generale si era detta disponibile a togliere le guardie private dall’entrata e a dare quei soldi come incentivi per la messa in mobilità, a patto che i sindacati non “aizzassero gli animi”, ma la posizione della segretaria provinciale di Fiom è dura: “Lascino pure le guardie, non ci interessano gli incentivi, il punto è che l’azienda licenzia i suoi operai e spende soldi per assumere anche di notte delle guardie – aggiunge Antonella Stasi – La cosa più allarmante è il silenzio della città di fronte a questa situazione. Si toglie ai lavoratori il diritto di protestare e le istituzioni non dicono niente, l’Unione industriali è assente”. La paura poi è che transenne e “bodyguard” possano creare un precedente, visto che molte aziende in crisi sono nella stessa situazione della Cft. “Noi continueremo a lottare per dire no ai licenziamenti” annunciano i sindacati Fiom, Fim e Uilm. In programma ci sono altre azioni di protesta e per la prossima settimana uno sciopero che sarà esteso per solidarietà ai lavoratori della Cft anche a tutte le imprese del settore.
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Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, ex agente di Polizia penitenziaria, avrebbe avuto dei contatti con un uomo della Cia, che avrebbe fatto da "garante" per "i progetti" della criminalità organizzata. A rivelarlo è lo stesso Riggio, proseguendo la sua deposizione al processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l’accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
Alla domanda del Procuratore aggiunto Pacifico se ha mai conosciuto "un soggetto di nome Roger D'Onofrio?", Riggio ha risposto: "Sì. Mi è stato presentato da Giuseppe Porto", un detenuto che il collaboratore ha conosciuto in carcere. "In una occasione - racconta Riggio - andai a Benevento presso lo studio dell'ingegnere Antonio D'Onofrio. Roger D'Onofrio era anziano, ultrasettantenne. Porto disse che era il nostro 'garante' per tutte le operazioni che dovevamo fare. Era un appartenente ai servizi segreti americani in Italia, era della Cia. Mi fu detto da Porto".
E poi Pietro Riggio aggiunge: "Stavamo progettando la realizzazione di un pastificio per dare una parvenza legale e giustificare i movimenti di Porto e altri soggetti in territorio di Caltanissetta". A quel punto, il pm Pacifico ha chiesto il riconoscimento fotografico di D'Onofrio a Riggio. E gli mostra un album fotografico. "Sì, D'Onofio è al numero 10", dice Riggio.
Roger d'Onofrio era un agente della Cia. Italiano di origini, nel 1983 D'Onofrio era stato coinvolto in un traffico d’armi verso il Medio Oriente. Lo 'spione' degli americani il 2 dicembre 1995 venne arrestato. L’ipotesi era che avesse svolto un ruolo nel commercio di armi dalla Croazia, fatte arrivare in Italia via Albania.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La risoluzione del Pd, frutto di un lavoro condiviso positivo, contiene un messaggio chiaro, l'invito a rafforzare il percorso di costruzione dell'autonomia strategica dell'Europa". Lo ha detto Piero De Luca, deputato e capogruppo del Pd in commissione politiche europee, a margine della riunione dei gruppi congiunti dem sulla risoluzione Ue.
"Ribadiamo la linea chiara sulla politica estera con il pieno sostegno all'Ucraina e il rilancio di un'azione diplomatica di pace che veda protagonista l'Europa. Condanniamo la guerra commerciale dei dazi invitando ad evitare illusorie scorciatoie bilaterali, ed chiediamo al governo di avviare il percorso per raddoppiare le risorse del prossimo bilancio pluriennale europeo, così come di lavorare a nuovi investimenti con debito comune, sulla scia del Next Generation per rilanciare la competitività e difendere il nostro modello sociale di welfare".
"Abbiamo poi rivolto al Governo l'invito a promuovere investimenti congiunti necessari per realizzare l’autonomia strategica nella sicurezza comune, a coordinare le capacità industriali, a rafforzare l'interoperabilità dei sistemi difesa, verso un esercito comune. In tal senso, è importante lavorare nel corso del negoziato sul Libro bianco per cambiare gli elementi di criticità del Piano di riarmo, per condizionare tutte le spese, gli strumenti e gli investimenti alla pianificazione, allo sviluppo, all’acquisizione e alla gestione di capacità comuni per evitare riarmi nazionali privi di coordinamento, ma ponendo invece le basi per la costruzione di una vera e propria difesa europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali". Occorre quindi un approccio a 360 gradi, perché "senza difesa non c'è sicurezza, senza sicurezza non c'è libertà". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "L'invio di truppe italiane in Ucraina non è mai stato all'ordine del giorno così come riteniamo che l'invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito sia un'opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Poste Italiane amplia la diffusione del servizio di richiesta e rinnovo del passaporto negli uffici postali, che da oggi è attivo anche in 12 uffici di Milano, 12 di Napoli, 3 di Bergamo e in 4 comuni della provincia di Firenze. Milano, Napoli e Bergamo si aggiungono quindi a Roma, Bologna, Verona, Cagliari, Aosta, Catanzaro, Perugia, Venezia, Matera, Modena, Monza e Brianza, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Sassari, Treviso e Vicenza dove il servizio è disponibile già da alcuni mesi. Il servizio, si legge in una nota, è stato esteso inoltre in 88 uffici postali nei Comuni della provincia di Milano, in 42 della provincia di Napoli e in 121 della provincia di Bergamo: tutti inclusi nel progetto Polis di Poste Italiane, l’iniziativa rivolta ai 6.933 Comuni al di sotto di 15 mila abitanti che permette ai cittadini l’accesso digitale ai servizi della pubblica amministrazione direttamente dagli uffici postali. In totale, sono circa 14 mila le richieste di passaporto presentate nei 388 uffici postali abilitati delle grandi città in cui è disponibile il servizio. Ad esse si aggiungono le circa 25 mila richieste presentate nei 2.052 uffici postali dei Comuni inclusi nel progetto Polis
Ottenere il rilascio o il rinnovo del passaporto è un’operazione estremamente semplice. Grazie alla Convenzione firmata tra Poste italiane, Ministero dell’Interno e Ministero delle imprese e del made in Italy, infatti, agli interessati basterà consegnare all’operatore del più vicino ufficio postale del proprio Comune un documento di identità valido, il codice fiscale, due fotografie, pagare in ufficio il bollettino per il passaporto ordinario della somma di 42,50 euro e una marca da bollo da 73,50 euro. In caso di rinnovo bisognerà consegnare anche il vecchio passaporto o la copia della denuncia di smarrimento o furto del vecchio documento. Grazie alla piattaforma tecnologica in dotazione agli uffici postali abilitati, sarà lo stesso operatore a raccogliere le informazioni e i dati biometrici del cittadino (impronte digitali e foto) inviando poi la documentazione all’ufficio di Polizia di riferimento.
Per richiedere il rilascio del passaporto negli uffici postali delle grandi città è necessaria la prenotazione che si può fare registrandosi al sito di Poste Italiane. Il nuovo passaporto potrà essere consegnato da Poste Italiane direttamente a domicilio. Negli uffici postali Polis è possibile ritirare certificati anagrafici e di stato civile, certificati previdenziali, certificati per le pratiche di volontaria giurisdizione. Ad oggi sono stati erogati già 55 mila documenti. I nuovi servizi sono forniti dagli uffici postali allo sportello, nelle sale dedicate o tramite totem digitali che permetteranno al cittadino di eseguire le richieste in modalità self.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Sulla questione immigrazione "non dimentico il nostro impegno sulle soluzione innovative, come tra tutte, in prima battuta, il protocollo Italia-Albania che il Governo è determinato a portare avanti, anche alla luce dell'interesse e del sostegno mostrato da sempre più nazioni europee. Penso sia chiaro a tutti che se nella nuova proposta di Regolamento si propone di creare centri per i rimpatrii in Paesi terzi è grazie al coraggio dell'Italia, che anche su questo ha fatto da apripista". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La mediazione trovata nel Pd dimostra che non occorre alcun congresso: se i democratici discutono e si confrontano tra loro, si trova la sintesi migliore". Così la deputata Paola De Micheli a margine del dibattito nell’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari Pd sul Rearm e il conseguente voto a Senato e Camera.
"Questa posizione unitaria del Pd ci rimette dentro la discussione in corso in Europa sulla difesa e sull’integrazione europea, dibattito in cui il Partito democratico deve stare e ha il compito storico di indirizzarlo, in quanto delegazione più numerosa del Partito socialista europeo. E il Pd ha anche il compito di tenere la barra dritta sulla necessità di un’Europa unita e forte e di una difesa comune europea perché, come sottolineato oggi dalla segretaria Schlein, le destre assecondano le spinte nazionaliste che sempre hanno portato verso i conflitti e non verso la pace. In questo momento il governo Meloni è senza direzione, diviso sull’Europa e incapace di essere credibile nel cuore della politica continentale”.