L'azienda pubblico-privata ora stima di chiudere il 2013 con una perdita tra i 300 e i 350 milioni a causa del "deterioramento della posizione commerciale" in Algeria e problemi inattesi in Messico e Canada. E' la seconda revisione dei conti peggiorativa in pochi mesi. Affondo in Piazza Affari
Mentre il governo discute su come trovare i 4 miliardi necessari per abolire l’Imu o i 4 miliardi che servono per evitare l’aumento di un punto di Iva, una società petrolifera pubblico-privata ha bruciato da gennaio oltre 7 miliardi di euro in Borsa. Si tratta di Saipem, la controllata del gruppo Eni che lunedì 17 giugno ha registrato un nuovo pesantissimo crollo a Piazza Affari (-29%) in seguito l’allarme sugli utili attesi per fine 2013 (in gergo profit warning) diffuso venerdì scorso. Le ultime stime parlano di una perdita netta compresa tra 300 e 350 milioni di euro.
Il punto è che si tratta della seconda revisione sui conti in pochi mesi. A gennaio, infatti, la società aveva dimezzato le stime sull’utile operativo e il mercato aveva reagito facendo crollare il titolo del 34,9% in un’unica seduta. Un mese e mezzo prima c’era poi stata l’apertura dell’inchiesta giudiziaria sulle tangenti algerine che aveva portato alle dimissioni dell’ex amministratore delegato Pietro Franco Tali e alla sospensione di alcuni dirigenti. A conti fatti da soli i due allarmi sugli utili hanno praticamente dimezzato il valore di Saipem che è passato da 30 a 14 euro ed è ritornato ai minimi dal marzo del 2009.
Nel settembre 2012, con il titolo che viaggiava sui 40 euro, il gruppo capitalizzava 17,6 miliardi. Oggi ne vale 6,3. Di conseguenza il valore della quota del gruppo in capo all’Eni è sceso a 2,7 miliardi, anche se l’amministratore delegato del Cane a sei zampe Paolo Scaroni, anche lui indagato per l’inchiesta algerina, prova a buttare acqua sul fuoco. “Gli effetti sono relativamente modesti per noi perchè Saipem rappresenta il 6% dei nostri attivi: certo, siamo molto dispiaciuti”, dice escludendo nuove sorprese. Salvo poi ammettere che gli ultimi avvenimenti “portano a un rallentamento delle riflessioni” sulla vendita della partecipazione.
Il nuovo taglio sulle attese per fine anno, spiega Saipem che offre servizi per il settore petrolifero, è causato dal “deterioramento della posizione commerciale” in Algeria e per “criticità inattese” in Messico e Canada, anche se è previsto “un forte recupero delle profittabilità” nel 2014 e negli anni successivi. “L’atteggiamento della compagnia petrolifera algerina verso di noi è radicalmente cambiato nelle ultime settimane”, ha spiegato l’azienda, “verosimilmente a causa della recente intensificazione e allargamento delle indagini da parte delle autorità algerine”.
Le (brutte) sorprese, però, arrivano anche da Oltreoceano. Dopo la nomina di un nuovo responsabile locale per l’esplorazione e l’estrazione “si sono concretizzate una serie di criticità operative su due contratti a terra in fase avanzata di esecuzione in Messico e Canada e si sono verificate alcune impreviste problematiche tecniche relative al segmento”, ha fatto sapere l’azienda. E ha precisato che quelli algerini e questi sono “fatti non correlati tra loro”.
Ma, al di là del linguaggio burocratico, si capisce come la tempesta sia forte. “I problemi operativi annunciati sono di fatto inaccettabili e per poterli risolvere abbiamo preso tutte le misure ritenute opportune”, ha aggiunto il neo amministratore delegato Umberto Vergine, sottolineando che “ora abbiamo una squadra delle cui capacità ho piena fiducia e una struttura operativa maggiormente responsabilizzata”.
La Consob, intanto, ha tamponato il problema in Borsa disponendo il divieto temporaneo sulle vendite allo scoperto sul titolo fino a martedì. L’Authority ha avviato da mesi un’indagine su Saipem, inviando anche i suoi ispettori nella sede di San Donato Milanese. Il lavoro degli ispettori è finito lo scorso 7 giugno, ma gli accertamenti sono tuttora in corso. L’indagine della Commissione aveva preso le mosse dal primo profit warning lanciato a inizio anno e ha seguito anche un filone inglese in collaborazione con l’autorità britannica.
Le banche d’affari, però, hanno iniziato a farsi i conti e hanno rivisto al ribasso il prezzo obiettivo di Saipem. Exane, che sul titolo era “neutrale” ora ritiene che andrà peggio del mercato, mentre Credit Suisse ritiene che non possa arrivare oltre 16 euro contro la stima precedente di 22: “Pensiamo che non si possa investire su Saipem” fino a che i principali temi dietro all’allarme utili non saranno chiariti, ha detto la banca svizzera.