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Brasile: la sinistra che sa governare e i fischi alla Presidente Dilma

Vivo in Brasile da esatti venti anni, da quando per capirsi, l’allora presidente Collor soffrì l’impeachment del Parlamento, dopo le rivolte in piazza dei giovani di “cara pintada“, che reagirono ad una convocazione del primo cittadino brasiliano, che aveva chiesto di sfilare nelle principali città tutti vestiti di bianco, mentre molti giovani e non, riempirono le piazze di tutte le città brasiliane vestiti di nero e con le facce dipinte con i colori della bandiera.

Ma per il vero cambiamento il popolo brasiliano non era ancora pronto. Nelle successive elezioni per ben due volte, misero al posto più alto della Repubblica, un socialdemocratico dalla faccia pulita, Fernando H. Cardoso, che si rivelerà un conservatore estremo sia nella politica sociale come in quella economica.

Ma finalmente il miracolo avviene, dopo aver perso 3 elezioni consecutive, Lula, il leader del Partito dei lavoratori (PT), vince al ballottaggio contro il delfino di Cardoso e si apre per il Brasile una stagione luminosa di crescita e sviluppo.

Nonostante l’opposizione ferrea di tutti i principali giornali  e tv, Lula viaggia su indici di gradimento sempre fra il 60 e il 65% della popolazione. Dopo 8 anni e due mandati, nonostante i tentativi di molti suoi sostenitori per cercare di cambiare la Costituzione e convincerlo così a rieleggersi per il terzo mandato, lascia il testimone al suo principale ministro, e attuale Presidente Dilma Roussef.

Sono passati due anni e mezzo dalla sua elezione, e Dilma ha portato avanti i principali punti del programma di governo del suo predecessore Lula. La formula semplice con cui il Brasile è riuscito a crescere alla media del 5 % all’anno, ovvero ridistribuire i redditi, dare la possibilità  a intere fasce di popolazione nullatenenti di poter comprare beni di consumo basici, come un frigorifero, una cucina, un armadio di compensato, e alle fasce con bassissimo reddito di poter  avere accesso ad un mutuo agevolatissimo per comprarsi una casa dignitosa dove far crescere i propri figli. Questo semplice tocco di genio ha fatto surriscaldare l’economia, ampliando dal giorno alla notte il mercato per le centinaia di industrie tecnologicamente avanzate che non riuscivano però a piazzare i propri prodotti a questi milioni di brasiliani fino ad allora fuori dai giochi economici.

Dilma continua su questo solco, permettendo che le famiglie al di sotto della soglia della povertà ricevano un sussidio a fondo perduto attraverso un progetto chiamato “Bolsa família“. Allo stesso tempo si progettano grandi opere che fanno restare alto il ritmo di produzione e consentano al Brasile di affermarsi come grande nazione.

Quelli che fra i miei connazionali in patria hanno assistito alla partita di apertura della Confederation’s cup, si saranno chiesti il perché dei fischi alla presidente Dilma. La risposta è semplice: chi partecipa a questi eventi  non fa certo parte di quelle classi sociali favorite dai 10 anni di governi di sinistra, anzi, sono persone abbienti che possono permettersi di pagare 100/ 200 euro per comprarsi un biglietto allo stadio. Sono quella  stessa classe sociale che ha sotto controllo la tv e i giornali, e che non perde occasione per poter manifestare il proprio dissenso per aver perso gli antichi privilegi. Sono quelli che disprezzano i più umili e meno abbienti, che esercitano non solo un razzismo di colore della pelle, ma un razzismo sociale, che però grazie ad una sinistra che sa governare, è sempre più  isolato.

Andrea Chiavacci 

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