In Italia tutto tace. Come se il Datagate denunciato da Edward Snowden, la “talpa” dello scandalo intercettazioni legate al programma di sorveglianza Prism, fosse una storia solo americana. Ma così non è. Anzi, riguarda da vicino anche l’Italia, dove i servizi segreti possono controllare carte di credito e mail, ad esempio, senza nessuna autorizzazione della magistratura. Si tratta di uno degli ultimi lasciti del governo Monti, che il 24 gennaio 2013 ha approvato il decreto del presidente del Consiglio dei ministri dal titolo “Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 marzo scorso. Un testo che, negli ultimi paragrafi, introduce una novità assoluta nel nostro ordinamento. E cioè che “gli operatori privati, ma anche le concessionarie pubbliche, dovranno spalancare le porte ai servizi di sicurezza sulle proprie banche dati, contenenti i nominativi dei cittadini italiani, e, si presume anche alle azioni compiute da questi ultimi, al di fuori di un intervento della magistratura“.
A denunciare il “Prism alla carbonara” è l’avvocato Fulvio Sarzana. Un sistema dove, precisa, tutto avviene “in via amministrativa e senza il necessario controllo, quantomeno dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali”. In concreto significa che l’articolo 11 del decreto, “previa apposita convenzione”, “obbliga gli operatori di telecomunicazioni e gli internet service provider, ma non solo, anche ad esempio a chi gestisce gli aeroporti, le dighe, i servizi energetici, i trasporti, a dare accesso ai servizi di sicurezza alle proprie banche dati, per finalità non meglio specificate ‘di sicurezza‘”. Un decreto che per la celebre rivista online Mashable dimostra l’opacità delle tecniche di sorveglianza dei cittadini in Italia, meno democratiche di quelle denunciate da Snowden negli Stati Uniti. Infatti, non sono state votate del Parlamento. Su Prism, al contrario, ha dato il via libera il Congresso. Il risultato è che nel nostro caso, prosegue Mashable, “la direttiva dà alle agenzie governative quello che i francesi chiamano ‘carta bianca’ per effettuare un blitz nelle banche dati private in nome della “sicurezza su internet”.
Considerazioni gravi a cui la nostra classe politica rimane impenetrabile. Nel silenzio di Palazzo Chigi, Camera e Senato, qualche giorno fa si è levata solitaria la voce di Mirella Liuzzi del Movimento 5 Stelle, che con un’interrogazione parlamentare sollecita il governo a prendere una posizione. Una necessità di chiarezza richiamata anche da AlleanzaXInternet, iniziativa per la cultura digitale promossa dall’ex garante per la protezione dei dati personali Francesco Pizzetti che in una lettera invita le autorità europee a tutelare la privacy dei cittadini. E in un tweet l’ex numero uno dell’Authority critica anche la (finora) mancata risposta di Letta all’interrogazione: “Passi l’inazione – scrive sul sito di microblogging – ma non rispondere nemmeno, no”.
Non sceglie la via dell’immobilismo la Germania, dove Angela Merkel, in occasione della visita del presidente statunitense Barack Obama a Berlino, ha chiesto spiegazioni al governo Usa. “Abbiamo bisogno di trasparenza su quel che accade con i dati dei cittadini”, ha spiegato la cancelliera dicendosi “in certa misura sorpresa” dalla presunta ampiezza del programma di sorveglianza. “Vogliamo lottare contro il terrorismo – ha aggiunto -, ma occorre misura e il rispetto delle leggi”. E la portavoce della commissaria Ue alla giustizia Viviane Reding, dopo i retroscena rivelati dal Financial Times secondo cui Bruxelles avrebbe piegato la testa a Washington e annacquato la protezione dei dati personali, ha assicurato che la Commissione Ue non ha ceduto alle pressioni degli Usa per proporre una legislazione “accomodante”.
Sul fronte italiano, oltre a un timido accenno del garante della privacy Antonello Soro alla vigilia della relazione annuale davanti al Parlamento, ha insistito su una netta presa di posizione il primo presidente dell’authority per la protezione dei dati personali, Stefano Rodotà. ”Faccio questo invito a un’esplicita presa di posizione – ha precisato a L’Espresso – : un governo che prende nettamente posizione mette in evidenza che il suo paese non ha collaborato con gli Usa nelle forme che so benissimo molti sostengono ci siano state, come la cessione di tabulati telefonici. Serve molta chiarezza da parte dei governi. Il governo italiano sembra avere ignorato la questione”. Come responsabile dell’Autorità nazionale e come presidente dei garanti europei ha inoltre sottolineato “il Datagate è un momento di svolta. Dimostra come la minaccia di un controllo globale indiscriminato sia diventata evidente. E non bisogna credere che riguardi solo i cittadini statunitensi: siamo tutti coinvolti”. Anche la Cina è preoccupata e la stampa governativa continua ad accusare gli Usa di “ipocrisia” e “arroganza”. In Italia, invece, prevale il silenzio anche sulla “carta bianca” regalata dal governo Monti all’intelligence. Una carta da riempire coi nostri dati.