Questo è il seguito della storia di Candido, che incontrai un giorno a Luanda, perchè cosi’ volle il destino.
Ora, in Angola sono stati deposti milioni di mine anti persona. Quel giorno, un giorno come tanti altri, due bambini furono colpiti a morte da schegge di metallo infiammato, uccisi mentre stavano giocando, ma Candido sopravvisse, con la sua gamba fatta a pezzi. Non sa spiegare come, ma si ritrovò all’ospedale militare di Huambo, e i dottori, angolani, cubani, facevano quello che potevano, ma non riuscivano ad occuparsi solo di quel bambino di otto anni con una gamba in poltiglia che perdeva sangue, perché entrava sempre nuova gente « a pezzi ».
Né ricordo i dettagli di come fu che comunque, in qualche maniera, questo bambino, Candido, non morì. Non so quanti giorni passarono dal giorno del suo arrivo in ospedale, ma un giorno Candido, salvo ma senza una gamba, fu dimesso dall’ospedale e si trovò in mezzo a una strada nella città di Huambo. La sua famiglia non c’era più, doveva essere scappata con la folla dei profughi interni che sfuggivano ai combattimenti, ai bombardamenti della città di Huambo e dei dintorni, all’impossibilità di trovare acqua e cibo, e ai molti rischi di fare brutti incontri.
Candido era un bambino di otto anni e non sapeva cosa fare e dove andare, e allora scoppiò in un pianto disperato, così disperato che una signora che stava scappando verso l’aeroporto di Huambo per partire a Luanda e sottrarsi ai bombardamenti si commosse e lo raccatto’ sulla via, lo mise in un aereo militare e fu così che Candido arrivò a Luanda, a più di 500 kilometri da Huambo, senza una moneta in tasca e con una gamba sola. Ma arrivato a Luanda, nella confusione dell’aeroporto la signora che ce l’aveva portato era scomparsa. E non ricordo i dettagli, ma fu così che d’incontro in incontro e trascinandosi di strada in strada, Candido si rivolse per la sopravvivenza ad altri bambini, ed integrò uno dei tanti gruppi di bambini di strada, meninos de rua, che c’erano a quei tempi a Luanda, e purtroppo a quanto sembra, a undici anni dalla fine della guerra, ce ne sono ancora.
Il caso volle che la « base operativa » del suo gruppo si trovasse nell’Avenida dos Combatentes, in basso ad un edificio di dieci piani, sede di vari uffici privati e governativi, il quinto piano del quale era a quei tempi la sede dell’OCHA, ovvero l’Ufficio per il Coordinamento delle azioni umanitarie dell’ONU, un ufficio molto importante in un paese in guerra, con la produzione agricola distrutta, e dove tre milioni di persone dipendevano dagli aiuti umanitari per non morire di fame.
Candido ed i suoi compagni di sfortuna meninos de rua mendicavano li’ sotto, nella polvere tra le macchine. Un giorno videro sbucare Glaucia, una funzionaria brasiliana dell’Ocha, appena scesa dal quinto piano giù in strada, e le andarono incontro per chiedere qualche spicciolo « So’ pra comprar pão » (Solo per comprare pane). Glaucia si fermò a dare qualcosa, e siccome tra i bambini vocianti solo il piccolo mutilato (non so se avesse una stampella di legno) non diceva niente, Glaucia gli chiese : « E tu não queres nada ? » (E tu non vuoi niente ?), al che Candido rispose : «Eu quero uma perna». Io voglio una gamba.
Glaucia ne fu così commossa, che da quel giorno decise di aiutare Candido, e fu in questo aiutata dal suo amico Paolo, che lavorava anche lui presso un ufficio Onu in Angola, e che divenne il padre di Candido.
Gli diedero la sua gamba, ovvero una protesi, poi quando Candido crebbe cambiarono la protesi, e così via ; lo sostennero nella sua reintegrazione sociale, negli studi, nella vita, e lui potè avanzare. Candido considera Glaucia e Paolo come i suoi veri genitori, e siccome non conosce la sua data di nascita, ha scelto per il suo compleanno il primo di giugno, giorno del bambino africano.
Nel 2006, quando lo conobbi, Candido era un ragazzo in piena forma, che zoppicava sì leggermente sotto i pantaloni lunghi, ma che andava comunque senza esitazioni sulle sue due gambe, uno studente universitario brillante, simpatico, pieno di amici, che aveva persino fondato un’associazione e lanciato un giornale universitario.
Ora, come dicevo, a quel tempo mi trovavo a dirigere un progetto Onu di radio-giornalismo umanitario e per lo sviluppo nello stesso identico ufficio, allo stesso quinto piano dello stesso palazzo dove aveva lavorato la sua nuova madre Glaucia molti anni prima, ai piedi del quale Candido aveva fatto il mestiere di bambino di strada con una gamba sola e senza un futuro…
Ma Candido aveva un futuro. Lo invitai dunque a fare uno stage con noi. Se la cavò così bene che gli proponemmo un primo contratto. Il piccolo Candido aveva lasciato la polvere della strada ed era diventato un giornalista delle Nazioni Unite. Aveva scalato la vita con una gamba sola.