Il presidente Giampaolino sostiene che a causa della crisi economica si è arrivati al "ricorso ad una sorta di finanziamento improprio delle attività economiche attraverso il mancato pagamento di tributi". E che l'economia sommersa italiana è al secondo posto dopo la Grecia
La Corte dei Conti accende un faro sull’evasione fiscale. “Esistono divisioni su questo tema, che per sua natura dovrebbe costituire elemento di piena condivisione e concordanza”, ha avvertito il presidente Luigi Giampaolino in audizione in Parlamento, precisando che il fenomeno “continua ad essere un problema molto grave”, anche perché la pressione fiscale effettiva ”si è impennata fino al 53%“.
A causa della crisi economica, secondo Giampaolino, si è arrivati al “ricorso ad una sorta di finanziamento improprio delle attività economiche attraverso il mancato pagamento di tributi per lo più Iva e contributi: un fenomeno in crescita anche se mancano i dati”. Per quanto riguarda l’Iva, in particolare, resta elevata la “propensione a non dichiarare” con una sottrazione di imposta nel 2011 di 46 miliardi di euro. E “molto grave” resta anche l’evasione dell’Irap. Nell’insieme dei due tributi il vuoto di gettito creato dall’evasione stimato dall’Agenzia delle entrate “ammonterebbe quindi a 50 miliardi nel solo 2011″.
A fronte di un universo di quasi 5 milioni di contribuenti che svolgono attività produttive “indipendenti”, ha sottolineato Giampaolino, “il numero dei controlli approfonditi che l’Agenzia delle entrate con l’ausilio della Guardia di finanza riesce a mettere in campo annualmente difficilmente supera i 200mila: un dato che equivale a una possibilità di controllo ogni 20 anni di attività”.
Il presidente dell’organo costituzionale ha poi spiegato che le ”ampie dilazioni di pagamento” a Equitalia (fino a 74 rate portate a 120 dal decreto del fare) contengono “il rischio da un lato di un indebolimento dell’azione della società e dall’altro un potenziale elemento di distorsione della concorrenza tra operatori economici”. E ha lanciato un allarme per quanto riguarda l’economia sommersa, che “ha dimensioni rilevanti: fino al 18% del Pil e colloca il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria internazionale guidata dalla Grecia”.