Nelle ultime 48 ore, i tg di tutte le reti ci hanno propinato immagini campestri di combriccole d’amici intenti a passeggiare conversando per campagne verdi o a discutere sorridendo seduti intorno a un tavolo rotondo, a dire il vero piuttosto piccolo: sempre in maniche di camicia, o al più, quando la temperatura calava, con la giacca addosso, ma senza cravatta… La compagnia era un po’ bizzarra: tanti uomini e una sola signora, che pareva quella che si divertiva di meno, la più sussiegosa e la meno sportiva; tutta gente matura, ma non vecchia –anzi, il meno giovane, 60 anni ben portati, era un fusto dallo sguardo magnetico e dai muscoli evidenziati come solo Balottelli, qui da noi, sa fare-…
Solo se si prestava orecchio al commento e si scrutavano i volti, si capiva che quelli erano i Grandi del Mondo, i leader del G8, andatisi a riunire in un posto che per trovarlo sulle cartine vi ci vuole l’ultima versione di Google Maps, stile Echelon o –visto che è di moda- Datagate: Rough Erne, verde, laghetti e tranquillità (prima che ci arrivassero loro), non lontano da Enniskillen –e dov’è?-, due ore d’auto a ovest di Belfast. Arrivati lì, i Grandi sono parsi soprattutto preoccupati di fare pervenire ai loro cittadini cartoline da vacanza: siamo qui, stiamo bene, ci rilassiamo un sacco.
Il tutto all’insegna del binomio “casual”, informale, e “smart”, intelligente. Ma chi mai l’ha detto che quel binomio vale un assioma? E, poi, mica m’è chiaro perché sette miliardi d’individui sulla Terra dovrebbero sentirsi rassicurati dal vedere i leader del G8 trascorrere insieme gradevolmente qualche ora in un posto remoto. Io, personalmente, mi sentirei più rassicurato se li vedessi lavorare sodo, magari con la fronte un po’ aggrottata da preoccupazioni che sono pure le nostre.
Ché, poi, di certe cose, la crescita, il lavoro, l’evasione fiscale, il riciclaggio, il commercio mondiale e via dicendo, o la tragedia della Siria e il futuro della Libia, a parlarne come se stessi in vacanza perdi un po’ di peso, magari pure di credibilità.
E neppure sempre ci riesci, a far vedere che sei tra amici. Quando Obama e Putin –a proposito: è lui, il 60enne palestrato- si sono presentati ai giornalisti dopo il loro bilaterale, avevano l’aria d’essere reduci da una zuffa verbale: guardarsi negli occhi, il meno possibile… Almeno, Obama non ha avuto la faccia tosta di dire, come fece Bush al primo incontro con il leader russo, di avergli letto in fondo all’anima (se pure fosse, è scritto in cirillico e Bush, che aveva già difficoltà a leggere l’inglese, se le parole erano lunghe, non ci avrebbe capito nulla).
Ma tant’è, i Vertici dei Grandi del XXI Secolo sono così: dopo la tragedia di Genova 2001, paura e prudenza hanno indotto il G8 a cambiare formula e luoghi: non più ‘riunioni jumbo’ fra leader e ministri degli esteri e delle finanze, ma solo i leader; e luoghi difficili da raggiungere, magari isolotti. Lì, si è al riparo dalle contestazioni; la privacy, invece, resta comunque esposta, perché – s’è appena scoperto – i padroni di casa si prendono la briga di spiare gli ospiti e gli altri lo fanno fra di loro.
Il nuovo corso, lo cominciarono, nel 2002, i canadesi, scegliendo come luogo del Vertice Kananaskis, fra le Montagne Rocciose –due ore e 2000 alci dal centro stampa di Calgary-. E man mano la tendenza è divenuta dominante. Di pari passo, s’è affermato il carattere informale e ‘disteso’ del meeting nuova versione: giacca senza cravatta, o addirittura maglietta… Come s’è così si decidesse meglio, come se ‘casual’ fosse sinonimo di ‘smart’…
Insomma, un ritorno alle origini, alle ‘chiacchiere intorno al caminetto’ del primo appuntamento, nel castello di Rambouillet in Francia, nel 1975, dove i leader degli allora 5 Grandi più uno, l’Italia, si riunirono per migliorare la loro intesa. Ma c’è da scommetterci, che, allora, il presidente francese Valery Giscard d’Estaing e i suoi ospiti erano in giacca e cravatta. Meno ‘casual’, certo. Ma non per questo necessariamente meno ‘smart’.