Il no della Consulta al riconoscimento del legittimo impedimento per il Cavaliere nel processo Mediaset ha fatto scendere in campo diversi esponenti del Pdl per difendere il Cavaliere. Brunetta: "Sentenze persecutorie". Gasparri: "Dimissioni di tutti i parlamentari Pdl". Ma l'ex ministro Galan prende le distanze: "Non mi dimetterò"
Silvio Berlusconi conferma lealtà al governissimo Letta “nonostante continui un accanimento giudiziario nei miei confronti che non ha eguali nella storia di tutti i Paesi democratici”. Il Cavaliere ha commentato così la sentenza della Consulta sui diritti tv Mediaset. L’ex premier ha assicurato che non abbasserà la guardia e continuerà a impegnarsi in prima persona per il suo Paese. E ha aggiunto: “Questo tentativo di eliminarmi dalla vita politica che dura ormai da vent’anni e che non è mai riuscito attraverso il sistema democratico perché sono sempre stato legittimato dal voto popolare non potrà in nessun modo indebolire o fiaccare il mio impegno politico per un’Italia più giusta e più libera”.
La sentenza della Consulta ha fatto scendere in campo diversi esponenti del Pdl per difendere il Cavaliere. “E’ una decisione incredibile. Siamo allibiti, amareggiati e profondamente preoccupati”, afferma una nota congiunta dei ministri Pdl Angelino Alfano, Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello, Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin, sottolineando che “la decisione stravolge ogni principio di leale collaborazione e sancisce la subalternità della politica all’ordine giudiziario”. Non si è fatta attendere la reazione dell’Associazione nazionale magistrati, che ha definito “inaccettabile” parlare di sentenza politica.
“Tutto come da copione”, ha commentato invece Mariastella Gelmini, spiegando che “la leadership di Berlusconi non soffre la sua orologeria, cresceranno consenso e simpatia anche dopo questa pronuncia annunciata”. L’ex ministro ha poi ammesso che “l’accanimento giudiziario è una potente leva di consenso per noi ed è giusto sia così perché la magistratura italiana vive e fa vivere i cittadini in una condizione di insopportabile anomalia e di inefficienza”. Ancora più severo il commento di Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera. “Distinguere politica da giustizia oggi in Italia è virtù impossibile”, ha detto. “Eppure la eserciteremo, imparando dal presidente Berlusconi la capacità di privilegiare l’interesse della nazione rispetto alla ribellione davanti a sentenze persecutorie“.
Mentre il segretario del Pd Guglielmo Epifani ha fatto sapere che “per quanto riguarda il Pd le sentenze si applicano e si rispettano quindi non ho motivo di ritenere che possa avere effetti su un governo che è di servizio per i cittadini e il Paese in una fase molto drammatica della vita nazionale e dei cittadini”. Sottolineando che si tratta di una sentenza “che era attesa da tempo e che dà ragione a una parte e torto all’altra. Non vedo quindi un rapporto tra questa sentenza e il quadro politico”.
Già prima della sentenza, Maurizio Gasparri aveva avvertito che “tutti i senatori e i deputati del Popolo della Libertà faranno un passo indietro” sull’interdizione di Berlusconi. “Sulla Corte Costituzionale incrocio le dita perché se vedessi i numeri, le appartenenze e gli orientamenti dovrei essere pessimista”, aveva detto il vicepresidente del Senato, considerando possibile, in caso di interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici, “le dimissioni di tutti i parlamentari del Pdl”. “Mi auguro – sono state le parole di Gasparri a Radio Ies – ci sia buon senso e che si prenda atto della verità: il legittimo impedimento c’era”. Poi la minaccia politica: “E’ un periodo che vede vari pronunciamenti in attesa e se ci fosse un sistematico massacro giudiziario nei confronti di Berlusconi è impensabile che il Pdl possa assistere inerte al tentativo di una sua espulsione dalla vita democratica del Paese”.
Sulla stessa lunghezza d’onda era intervenuto anche Sandro Bondi. ”Ho fiducia nella giustizia”, aveva detto il coordinatore del Pdl, “ma se dovessimo constatare un pregiudizio e un continuo accanimento politico contro chi rappresenta le ragioni del popolo dei moderati, che presuppongono anche un alto senso della giustizia e dello stato di diritto, ci imporrebbero, mi imporrebbero, di testimoniarlo in tutti i modi possibili, fra cui anche quello delle dimissioni da parlamentare, come ha suggerito l’amico Gasparri”.
Una posizione non condivisa dall’ex ministro Giancarlo Galan: ”Se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici non mi dimetterei. Credo che Gasparri non esprima il sentimento comune e non dica quello che, ad esempio, io penso e cioè che, anche se si fa fatica, le vicende giudiziarie sono qualcosa di diverso. Io che lo conosco da qualche anno prima di Gasparri credo che Berlusconi non mescolerà mai la sua vicenda giudiziaria, sulla quale confermo il mio giudizio, alle vicende e agli interessi del Paese”.