Nelle grandi città italiane ci sono 700 auto ogni mille residenti e nel 2011, come si legge dal Rapporto Istat sulla Mobilità Urbana, la domanda di trasporto pubblico urbano diminuisce dello 0,2%, mentre aumenta quella relativa al trasporto privato (più 0,5%).
Diminuisce anche l’offerta del trasporto pubblico: -3,9% i posti-km per abitante erogati dall’insieme dei mezzi e -5,4% i soli autobus, che rappresentano la più diffusa e consistente modalità del trasporto pubblico locale.
Ogni centomila residenti nei capoluoghi di provincia, quasi quattro muoiono ogni anno sulle strade della città. In mezzo a questi ci sono i pedoni, il soggetto più debole tra quelli che si muovono per strada.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un taglio del 15% dei fondi per il trasporto pubblico locale, e basta chiedere ad un pendolare qual è la situazione di treni, autobus e metro in fatto di pulizia, orario, prezzi, per capire da che parte abbia scelto di andare un Paese sepolto d’auto e di asfalto.
La cosa incredibile è che non passa giorno che non ci sia un convegno, un seminario, un workshop che parli di mobilità sostenibile: sipario perfetto per le sfilate di ministri, sottosegretari e assessori regionali per raccontarci di un mondo ideale in cui la politica si mette a fare il suo mestiere, che sarebbe poi quello di realizzare progetti e iniziative a favore dei cittadini, e non di raccontare frottole.
Ora, servirebbe un Piano nazionale della mobilità sostenibile, che intervenga (e per davvero) in modo efficace per consentire ai cittadini di muoversi nella quotidianità dentro ad una filiera della mobilità in grado di favorire spostamenti a basso consumo energetico e ad alta efficienza.
Mi piacerebbe vivere in un Paese in cui non suoni come utopistico uscire di casa al mattino, recarmi con la bicicletta elettrica affittata dal comune presso la fermata dell’autobus (o del treno, o della metro…) e sapere di trovarne un’altra ad aspettarmi alla stazione in cui scendo per andare al lavoro. Solo così la gente può essere stimolata a lasciare l’auto in garage, o meglio ancora a non comprarla proprio.
Perché ciò avvenga, però, non basta fare proclami e dirsi paladini della sostenibilità. Servono azioni concrete, e immediate. Come finanziarle? Quanto costa il TAV? Quanti di quei 18 miliardi di risorse potrebbero essere spostate (e impiegate molto ma molto meglio) per finanziare l’unica vera grande opera relativa alla mobilità di cui il nostro Paese avrebbe bisogno?