Oggi mia nipote Serena ha affrontato la prima prova del suo esame di maturità. Con lei Manuele, Annapaola, Renata e tanti, tanti altri di cui non conosco il nome ma di cui mi sembra di percepire i volti, le ansie, le mani sudate, il cuore che fa un tonfo e quelle penne che sembrano incespicare sul foglio, mentre lo sguardo, di tanto in tanto, va oltre quella finestra, verso il proprio futuro.

Sono stata fortunata a portarmi dentro per tutti questi anni, assolutamente intatti, i sentimenti che accompagnarono la mia notte prima degli esami e i giorni delle prove e quella passeggiata a piedi che decisi, improvvisamente, di fare per raggiungere la scuola, l’Istituto Antonio Genovesi di Salerno. Camminavo con le mie paure ma anche con quella certezza che in quel momento la mia vita stava cambiando e io volevo respirarlo fino in fondo quel momento. Quel passaggio fra una me e un’altra me. Un’altra nascita. Un altro doloroso venire al mondo: alla gioia. Ricordo quei “maledetti” versi manzoniani “sparse le trecce morbide sull’affannoso petto” che mi crearono blackout. Quella brillante esposizione in matematica dove sono sempre stata una schiappa mondiale. La lingua svelta nell’esporre la mia tesina su Eduardo e Pirandello. Nota di merito al tema. Ho sempre amato scrivere. Ricordo che la paura piano piano passò e restò un senso di fierezza. Di soddisfazione verso e stessa per aver dato tutto ciò che potevo. Non ad una commissione di insegnanti che non avrei mai più rivisto. Ma a me stessa. 

Ricordo la stessa paura e fierezza alla laurea. La stessa paura e fierezza quando ho fatto le valigie e sono venuta qui a New York. Paura per l’incerto e per i suoi tranelli. Fierezza perché li affrontavo.

Cari Serena, Renata, Annapaola, Manuele, e tutti voi, intorno vi abbiamo creato un mondo difficile e disabitato dalla speranza, dall’ottimismo, dalla passione. Voi, però, infischiatevene dei nostri fallimenti e siate fieri. Siate fieri di voi e dei vostri sogni belli. Non permettete a nessuno di dirvi che non possono realizzarsi. Voi siete il vostro sogno e vostra è la capacità di rimboccarvi le maniche e guadagnarvi la bellezza del vivere. Vostra è la forza di lasciarci indietro con il nostro dolente commiserarci. Vostra è la passione per continuare ad esercitare la gioia del vivere.

Siate sordi ai consigli dei “grandi” che vi parlano di “fortuna” e di “realtà “. Non c’e’ nulla di più patetico della nostra realtà e nulla di più meraviglioso di quella vostra che saprete creare. La fortuna e la sfortuna non esistono. Esistete voi e le opportunità che vi passeranno davanti e che dovrete afferrare al volo. Con paura, ma fierezza. Non pensate a dove vi porteranno. Seguitele. Seguite ciò che le vostre budella vi dicono di seguire. Né il cuore né la testa: le budella. E azzittite con un grosso, fragoroso pernacchio tutti coloro che proveranno a svilirvi e rendervi come loro, degli sconfitti.

In bocca al lupo ragazzi. 

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