In attesa che la Corte Costituzionale decida se fu legittimo impedimento, possono essere elaborate solo ipotesi: rigetto dell'istanza della difesa, accoglimento con relativo rinvio alla Cassazione per stabilire se il processo dovrà essere azzerato oppure accoglimento dell'istanza ma stabilendo che quell'udienza non era fondamentale
Tre scenari, un solo verdetto. In attesa che la Corte Costituzionale decida se fu legittimo impedimento, si può parlare solo di ipotesi. Era lunedì 1° marzo 2010 quando la difesa di Silvio Berlusconi, durante l’udienza per il processo Mediaset, presentò richiesta di rinvio perché il leader del Pdl presiedeva il Consiglio dei ministri (con in programma i lavori sul ddl anticorruzione); una riunione di governo fissata dopo che il calendario era stato già deciso dai giudici di primo grado (il Cavaliere è stato condannato per frode fiscale anche in appello, ndr). I giudici rigettarono l’istanza e all’udienza successiva gli avvocati sollevarono il conflitto di attribuzione.
La tensione è così alta che nei giorni scorsi era partita la batteria di dichiarazioni contro la ‘fuga’ di notizie che darebbe la suprema Corte pronta a bocciare il ricorso di Berlusconi; ma nessuno può sapere quale strada sceglieranno. A meno che non si ipotizzi la presenza di una talpa. Dall’inchiesta P3 per esempio era emerso un tentativo di condizionamento dei giudici impegnati a decidere sul Lodo Alfano, che è storia giudiziaria si rivelò inutile.
Tre le ipotesi: anche un possibile azzeramento del processo. Nel primo caso i giudici respingono il ricorso e danno ragione al tribunale di Milano: il processo può proseguire il normale percorso verso il giudizio della Cassazione senza alcun ulteriore impatto. Nel secondo caso la Consulta può accogliere le lagnanze dell’imputato, affermare che c’era un legittimo impedimento del Presidente del Consiglio, che di conseguenza era assente perché svolgeva la sua funzione istituzionale e primaria. I giudici, così ragionando, potrebbero sottolineare che Berlusconi aveva diritto a essere presente al processo (in quell’udienza erano stati ascoltati alcuni testimoni della difesa di Frank Agrama, ndr). Il rischio che salti l’intero procedimento sarà poi una questione che dovrà risolvere la Cassazione nel caso riterrà che sia stato violato il diritto di difesa: in questo modo si potrebbe arrivare a un parziale azzeramento del giudizio e il processo potrebbe essere riportato indietro fino alla data dell’udienza in cui fu respinta la richiesta della difesa (con conseguente rischio prescrizione, ndr). Nel terzo caso i magistrati possono riconoscere l’esistenza del legittimo impedimento, ma anche dichiarare che l’assenza del Cavaliere in quell’udienza non ha influito sul diritto di difesa e, quindi, non ha avuto ripercussioni sul dibattimento.
Calato il sipario sulle decisioni di Palazzo Marescialli si alza quello di piazza Cavour. La Corte d’appello di Milano ha già depositato le motivazioni della sentenza Mediaset e tra l’altro, in questa sede, dato che c’era uno specifico motivo d’appello in merito, si è occupata di legittimo impedimento ribadendo la correttezza dell’ordinanza dei giudici di primo grado. Quindi, la questione riprenderà corpo nel ricorso per Cassazione, quando la difesa di Berlusconi (in cui è entrato l’avvocato Franco Coppi al posto di Piero Longo come già preannunciato, ndr) quasi certamente farà leva anche su questo aspetto. E se la Consulta avrà accolto il ricorso sul conflitto e le ragioni del legittimo impedimento i difensori non trascureranno di giocare anche questa carta.
La complessità del caso e l'”istruttoria” della Consulta. Il caso è complesso e per questo il 24 aprile scorso, nel pieno della formazione del governo Letta, la Corte fece slittare il verdetto. C’è stato anche un supplemento di attività istruttoria: il 22 maggio 2012 ci fu una prima udienza in Consulta e la Corte chiese al tribunale di Milano ulteriori atti, tra cui le motivazioni di rinvio del Cdm e l’istanza di legittimo impedimento. I risultati di quell’istruttoria sono stati resi noti in udienza il 23 aprile di quest’anno dal giudice costituzionale relatore, Sabino Cassese: su 37 udienze del processo tredici avevano coinvolto Berlusconi, quattro volte l’imputato non ha potuto essere presente; tre volte aveva chiesto il legittimo impedimento e in due casi gli era stato negato. La Consulta, quindi, ha svolto approfondimenti per capire come inquadrare la tesi dei giudici di Milano secondo i quali i legali dell’ex premier avrebbero dovuto indicare, nel chiedere il legittimo impedimento, la “specifica inderogabile necessità” della sovrapposizione dei due impegni: udienza e Cdm.
La domande sono diverse; una è quella che riguarda anche la facoltà dei giudici di fare una sorta di indagine per decidere se il Cdm fu spostato per evitare l’udienza del processo, l’altra è quella che riguarda quale diritto o bene prevalga: le esigenze di governo o quelle di giustizia? Quando nel 2011, relatore lo stesso Cassese, la Consulta decretò l’illegittimità parziale della legge sul legittimo impedimento, stabilì che il premier deve indicare un “preciso e puntuale impegno” ed è nel potere del giudice “valutare caso per caso”.
Il giurista Pellegrino; “Secondo me lo spazio per accogliere il ricorso è uguale a zero”. Secondo il giurista Gianluigi Pellegrino, interpellato dall’Ansa, “questo è un conflitto gonfiato a dismisura. Secondo me, lo spazio per accogliere il ricorso è uguale a zero, ma anche se la corte lo accogliesse sarebbe una specie di vittoria di Pirro. Mi sembra difficile che la Corte Costituzionale possa riconoscergli il legittimo impedimento – afferma Pellegrino -. A latere della vicenda Previti (nel 2005 la Corte diede ragione al deputato, ma la Cassazione stabilì che il processo Imi-Sir non dovesse essere rifatto e la condanna fu confermata, ndr) la Consulta – spiega – ha già definito l’istituto del legittimo impedimento, affermando che tra le esigenze degli organi politici e quelle del processo nessuna delle due prevale, ma deve esserci un ragionevole equilibrio. Nella vicenda attuale, nel pieno rispetto dei principi della Consulta, Tribunale e collegio difensivo dell’ex premier – sottolinea – avevano concordato un calendario: Consiglio dei ministri il venerdì, udienze il lunedì. E invece si è spostato un Cdm e non si è fornita una ragione per sostenere che il rinvio era indispensabile. Quindi, se il Tribunale, che in altre occasioni lo ha fatto, avesse accolto l’istanza di legittimo impedimento, avrebbe fatto prevalere la sola volontà dell’imputato. Secondo me lo spazio per accogliere il ricorso è uguale a zero”.