Un articolo scientifico apparso la settimana scorsa sulla rivista Surgical Neurology International a firma del Prof. Canavero di Torino fa il punto sul progetto HEAVEN che ha come obiettivo il trapianto di cervello nell’uomo. Come l’autore sottolinea, sarebbe in questo caso più opportuno parlare di trapianto di corpo: l’obiettivo è infatti di trapiantare l’intera testa di un individuo sofferente di una malattia somatica estesa a molti organi o con una tetraplegia da lesione spinale sul corpo di un donatore morto per una lesione cerebrale. L’operazione può apparire grottesca, e presenta complessità tecniche di grado estremo, nonché problematiche etiche e psicologiche rilevanti.
Avevo sempre ritenuto che il trapianto di cervello (o di corpo) fosse tecnicamente impossibile: infatti in qualunque altro trapianto, il chirurgo sostituisce l’organo del paziente con quello del donatore, ma ne lascia inalterata la struttura microscopica, a livello cellulare. Nel caso del trapianto di cervello questo non è possibile: il cervello si congiunge al midollo spinale e le singole cellule cerebrali inviano un prolungamento chiamato assone nel midollo.
Consegue che a livello del collo deve avvenire una giunzione tra donatore e ricevente che non si limita all’unione meccanica di organi, ma richiede il ristabilirsi di una continuità tra monconi di assoni del donatore e del ricevente. Secondo l’autore dell’articolo esistono oggi strumenti farmacologici, da utilizzare localmente, che favoriscono la fusione dei monconi cellulari e quindi rendono almeno teoricamente possibile il processo.
L’efficienza però rimane dubbia: infatti non basta che le singole fibre nervose del donatore si saldino a quelle del ricevente, ma occorre che siano rispettate il più possibile le destinazioni di ciascuna: se la fibra che controlla la contrazione di un lacerto del bicipite si fonde con una fibra che termina ad un lacerto del tricipite il controllo della motilità volontaria non sarà molto valido. Se si considera che il midollo spinale nel punto della giunzione contiene molti milioni di fibre nervose in una superficie di poco superiore ad un centimetro quadrato ci si rende conto della potenziale aleatorietà dell’impresa.Un esempio banale è questo: effettuare un trapianto d’organo è come sostituire un pezzo rotto del motore dell’automobile con uno sano; un trapianto di cervello (o di corpo) è come segare a metà il motore della propria automobile e ricongiungerlo con l’altra metà di un altro motore simile, sperando che funzioni.
I problemi etici di un trapianto di cervello sono quasi altrettanto complessi di quelli tecnici. Infatti, se da un certo punto di vista un trapianto di questo tipo assomiglia ad un trapianto multiplo di organi, è evidente che mette in discussione l’identità profonda della persona, ed infatti al momento attuale è vietato dalla legge.
Inoltre rendere disponibile una tecnica di questo genere significa prevedere di sostenere costi elevatissimi per ottenere risultati funzionali probabilmente limitati: i problemi tecnici visti sopra fanno infatti presumere che il recupero controllo motorio e sensoriale non possa essere realmente soddisfacente. Poiché la sanità non dispone di risorse infinite, un trapianto di questo genere implicherà di divertire risorse che potrebbero forse essere meglio impiegate in altri interventi: ad esempio trapiantando i diversi organi del donatore in diversi pazienti.
In fondo il problema etico-sociale si risolve in una affermazione alquanto semplice: il mondo è ingiusto e alcuni nascono e vivono una vita sana e produttiva, mentre altri, meno fortunati, nascono con (o acquisiscono in seguito) malattie invalidanti. Lo scopo della medicina, dal punto di vista dell’etica sociale, è mitigare con le cure le disparità che la natura ci impone. Per fare questo la medicina dovrebbe essere accessibile a tutti coloro che ne hanno bisogno ed è chiaro che interventi come il trapianto di cervello non saranno mai accessibili a tutti i bisognosi, sia per i costi elevati, sia per la disponibilità dei donatori (e per fortuna: dovrebbero morire molti giovani sani per rendere disponibili i corpi necessari). Inoltre anche i risultati dell’intervento sono prevedibilmente incompleti.
Per fare un buono scienziato è necessaria una strana miscela di caratteristiche psicologiche apparentemente contrastanti: lo scienziato deve essere un grande visionario, capace di sognare l’impossibile; se non lo fosse non scoprirebbe mai nulla. Al tempo stesso, deve essere fortemente autocritico e sottoporre a un vaglio severo le sue idee migliori: se non fa questo rischia di scadere nella fantascienza e nella creduloneria.
Per il momento non è chiaro se il trapianto di cervello appartenga alla scienza o alla fantascienza; e forse i problemi etico-sociali connessi sono troppo grandi per consentire alla ricerca di arrivare a dimostrare la fattibilità dell’impresa.