Ci sono sistemi che non funzioneranno mai, per quante risorse si impieghino. Uno di questi è il processo civile; un altro è quello penale. Adesso il governo ha varato un decreto per far funzionare la giustizia civile. Quella penale meglio lasciar stare, tra carceri che scoppiano e classe dirigente che sarebbe decimata. Le previsioni sono infauste. Ecco perché.
Caio deve a Tizio 50.000 euro. Ma non glieli dà: sa che, se anche Tizio lo cita in giudizio, prima di 8 anni il processo non finirà. Tanto vale aspettare: a pagare e morire. Tizio però si stufa e va da un avvocato che prepara un atto di citazione in cui spiega quali sono le ragioni di Tizio (leggetevene uno a caso: sembra scritto da un marziano, una persona normale non ci capisce niente); poi, diciamo il 10 gennaio dell’anno 1, lo notifica a Caio e gli dice che lo aspetta davanti al giudice tra 90 giorni (termine minimo, prima non si può), all’udienza del 20 aprile (deve tener conto di eventuali ritardi nella notifica). Caio va anche lui da un avvocato e si fa preparare una “comparsa di costituzione e risposta” in cui si dice che le pretese di Tizio sono infondate e che anzi è Caio che deve avere dei soldi (“domanda riconvenzionale”); poi la notifica a Tizio. Il 20 aprile, in tribunale, gli avvocati spiegano al giudice quello che hanno già raccontato nella citazione e nella comparsa di risposta.
Il giudice, ovviamente, deve studiarsi gli atti; quindi si “riserva”: ci rivediamo fra 30 giorni. Però l’udienza sarà fissata a 60 o più: la sua agenda è già pienissima per via degli altri 500 (minimo) processi che gli sono affidati. Così tutti si rivedono il 30 giugno.
Finalmente cominciamo? Nemmeno per idea. Gli avvocati chiedono termine per depositare una memoria in cui riscrivono tutto quello che hanno già scritto e contestano quello che ha detto la controparte: 30 giorni. Arriviamo al 30 luglio? No, perché il 20 i tribunali chiudono: si chiama sospensione dei termini, lo prevede la legge; giudici e avvocati vanno in ferie. Si ricomincia il 15 settembre. Venti giorni (al 20 luglio) sono già passati, ne restano 10 quindi il termine scade il 25 settembre. Finito? Quando mai. Altri 30 giorni per replicare alle argomentazioni avversarie. E siamo al 25 ottobre. Finito? Certo che no. Altri 20 giorni per ulteriore replica alla seconda memoria. E siamo al 15 novembre. Il giudice si deve leggere tutte queste memorie perché deve decidere quali prove ammettere e quali no: 30 giorni.
Siamo al 25 dicembre e non è ancora successo niente dopo 11 mesi e 15 giorni e si deve ancora cominciare. Il giudice si studia il malloppo, decide cosa si deve fare e redige il calendario delle udienze; ne servono 3/4, supponiamo: per sentire 3 testimoni di Tizio (udienza 1), 3 testimoni di Caio (udienza 2), nominare un perito (udienza 3), una in più perché non si sa mai.
Naturalmente, siccome tutto questo succede anche negli altri 500 processi, l’agenda è pienissima: e quindi l’udienza 1 sarà fissata al 15 marzo dell’anno 2, l’udienza 2 al 15 giugno, l’udienza 3 al 20 settembre (perché al 20 luglio scatta la sospensione dei termini), l’udienza 4 al 20 dicembre. A questo punto serve un’altra udienza, quella detta “precisazione delle conclusioni”, che si terrà, speriamo (dipende sempre da quanto è piena l’agenda del giudice), il 20 marzo dell’anno 3. Qui gli avvocati depositano le “comparse conclusionali”, dove hanno riscritto in bella copia tutto quello che avevano scritto nelle memorie e istanze precedenti.
Finito? Macché: altri 20 giorni per memorie in replica alle comparse conclusionali (siamo al 10 aprile) e, finalmente si va a sentenza che, per legge, deve essere scritta e depositata entro 30 giorni. Così siamo al 10 maggio. Dell’anno 3. Tutto questo quando va bene; quando va male (forse la causa è complessa e i testimoni sono 10 o 20) si va al-l’anno 4 o all’anno 5 e l’Europa e la Cedu si arrabbiano. E c’è ancora da fare Appello e Cassazione.
Capito come si arriva a 8 anni per una sentenza definitiva? Non spendo una sola parola per commentare questo sistema. Certo è che pensare di abbreviare i processi con 400 giudici scelti tra professori universitari, magistrati e avvocati in pensione, pagandoli 200 euro a sentenza (ma ne faranno al massimo 100 per uno all’anno perché la paga massima prevista è 20.000 euro), è una pia illusione; altro che 40.000 sentenze in più: ci sono 500.000 processi arretrati da fare e il numero cresce ogni anno.
Poi ci saranno gli stagisti, volenterosi segretari del giudice. Sarà come con i magistrati di prima nomina, quelli che debbono fare formazione per 2 anni con un giudice che gli insegni il mestiere (ma spesso li buttano allo sbaraglio dopo 1 anno): ci va – ovviamente – più tempo a correggergli le sentenze che a scriversele da soli.
Ministro Cancellieri, non è questione di operai alla catena di montaggio: come diceva Bartali, l’è tutto da rifare.
il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2013