L’atmosfera è quella di sempre. C’è l’elettricità degli anni ‘90, quando Vasco Rossi riempiva gli stadi come solo le grandi band blasonate del panorama internazionale sapevano fare. C’è la magia di Rock sotto l’assedio, di quel 15 giugno 1996 al San Siro di Milano, del Rewind Tour, sold out in tutte le date. Eppure quando il Kom sale sul palco dello stadio Dall’Ara di Bologna, la sera del 22 giugno, la prima delle tre date sotto le due Torri, dopo due anni passati a combattere quella dura malattia che lo costrinse a entrare e uscire dall’ospedale, osteomielite e endocardite, l’esplosione di grida ed energia è, in qualche modo, unica. Si sente, nel calore dei suoi fan, “i soliti”, tutto il sollievo di poter riascoltare dal vivo una delle voci simbolo del panorama musicale italiano. Si vede, guardando il rocker urlare il suo saluto, “ciao a tutti, ben arrivati, ben trovati, allora tutto bene? Tutto bene quel che finisce bene”, tutta la soddisfazione di avercela fatta. E quell’amore per la musica che mai, anche quando i ricoveri d’urgenza lo isolavano dal resto del mondo, l’ha lasciato solo.

Il concerto lo apre la voce del direttore di palco, Diego Spagnoli, che recita quella che sembra tanto una formula magica: “Per riallacciare un discorso, per continuare un percorso e riportare un po’ di gioia”. Ma quando la pedana si alza e il Kom leva la mano per salutare i suoi fan, per un attimo non si sente più nemmeno la musica. Le grida, un boato che fa tremare lo stadio, sono così forti da sovrastare persino l’interludio dell’Uomo più semplice. Perché è “ancora qua”, Vasco, sul palco e non in quello “stupido hotel” dove fu costretto a trascorrere lunghi mesi di convalescenza, in “una stanza senza cielo”.

“Ciò che non ci uccide ci rende più forti” scriveva su Facebook solo qualche giorno fa. E ora, con il Live Kom ‘013’, rigorosamente sold out da mesi, il rocker di Zocca riprende il racconto da dove l’aveva interrotto. Chiude e si lascia alle spalle 24 mesi bui, costellati da qualche soddisfazione, certo, come il successo di L’altra metà del Cielo, sia Alla Scala di Milano, sia nelle classifiche internazionali, come il matrimonio con la compagna di sempre Laura Schmidt, come quell’intensa serata a Castellaneta Marina, in Puglia, accanto ai suoi fan più fedeli per cantare, con solo una chitarra in mano, una scaletta da greatest hits. Ma anche difficili, “di confusione, paura, angoscia e grande sofferenza”, quando “in certi momenti avrei voluto morire” senza però lasciarsi andare. Senza lasciarsi sconfiggere.

C’é tutto questo e molto altro nel Vasco Rossi sul palco del Dall’Ara, che apre il concerto con il suo ultimo singolo, L’uomo più semplice, e che a 35mila persone grida “facciamo bene a stare insieme stasera, facciamo bene perché siamo vivi, domani chi lo sa, te la prendi te la responsabilità”. La scaletta è di quelle da manuale: Domenica lunatica, Come stai, Siamo soli, Ogni volta, “una canzone – racconta il Kom – che ho scritto proprio a 500 metri da qua”, C’è chi dice no. E poi ancora, tra le tante, Gli spari sopra, Stupendo, Non l’hai mica capito, “che ho scritto quando avevo 15 anni, oppure ho ancora 15 anni e l’ho scritta ieri”, Vivere non è facile, I soliti, Siamo solo noi.

Ogni brano un successo, e ogni canzone un applauso sempre più forte che carica, che trasmette energia, forza, passione. Vasco danza sul palco e incita i suoi fan, e vestito di nero, con l’immancabile cappellino in testa, è una rockstar senza tempo, senza età, senza il peso di una vita in cui “ne ho fatte di tutti i colori, ho vissuto tutte le esperienze possibili che mi sono capitate a tiro o mi venivano in mente, senza pensare molto alle conseguenze”. E’ semplicemente il Blasco, l’irriverente, il provocautore, il Re Mida della musica italiana. L’icona musicale che ha traghettato nel tempo intere generazioni, oggi tutte qui, senza distinzione d’età, riunite dall’affetto per un personaggio, il Kom, amato o odiato, ma che attorno a se vanta milioni di fan in tutto il mondo. Non sorprende, quindi, che per qualcuno il concerto sia iniziato ben prima della sera del 22 giugno, quando le luci del Dall’Ara si sono accese e il prato verde si è trasformato, per qualche ora, nel tempio della musica nostrana.

C’è chi, per essere in prima fila, a Bologna è arrivato mercoledì, 78 ore prima dello show, con una tenda sulle spalle, un sacco a pelo e un sorriso in tasca. C’è chi ha perso qualche giorno di scuola, “perché diciamocelo, Vasco ogni volta è un’emozione unica”, e chi alla sola idea di assistere a un concerto che molti credevano non ci sarebbe più stato, non dopo quella malattia, si commuove. Ed è sulle note di Un Senso, Vita Spericolata e, ovviamente, Albachiara che il concerto si chiude. Il cerchio è completo, l’incantesimo è riuscito, e ora non resta che il futuro davanti a sé a cui rivolgere lo sguardo. Ma c’è da essere ottimisti, come sempre quando si parla di Vasco Rossi. Perché si sa, a lui le sorprese sono sempre piaciute ed è possibile, quindi, che nei prossimi mesi lo si vedrà alle prese con qualche nuovo progetto. Probabilmente lo annuncerà da Facebook Jack le Fou, il suo occhialuto alter ego dalla risata irriverente, probabilmente ne parlerà attraverso un clippino, che in pochi secondi raccoglierà decine di migliaia di consensi. Perché “eh già”, lui, il Kom, di cui si era detto di tutto, che stava bene, male, che era pronto a salire sul palco o che, invece, a cantare negli stadi non sarebbe più tornato, “è ancora qua”. E la corona non è disposta a cederla a nessuno.

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