La nota marca americana di abbigliamento ha intenzione di chiudere la sede di Crevalcore per spostarsi all'estero. Dopo il primo sciopero a cui i dipendenti hanno aderito in massa, i sindacati hanno annunciato battaglia: "Non sappiamo nulla del futuro. Regna l'incertezza"
Omsa, Benetton, Bialetti, Fiat. E ora anche la Guess. Si allunga la lista delle aziende che decidono di lasciare l’Italia in favore dell’estero: Serbia, Polonia, Russia, Cina, Argentina. Tra coloro che se ne vanno, al prezzo di centinaia di posti di lavoro persi, si aggiunge anche la nota marca americana di abbigliamento che, giovedì 20 giugno, ai sindacati ha annunciato ufficialmente l’intenzione di “non rinnovare la licenza” per il sito produttivo di Crevalcore, in provincia di Bologna. Uno stabilimento situato in piena area ‘cratere’, nel cuore terremotato di un’Emilia che arranca, e che attualmente occupa 81 dipendenti. Donne, soprattutto, età media dai 35 ai 45 anni, lavoratrici che presto potrebbero trovarsi senza un impiego.
“La situazione è critica – spiega Nunzio Di Ruocco, delegato Filctem Cgil – nello stabilimento di Crevalcore, Focus Europe, l’80% della produzione è per Guess. Se l’azienda dovesse decidere di lasciare, le ricadute occupazionali su un territorio già duramente colpito dal terremoto dell’anno passato, sarebbero enormi e gravissime”. Oltre ai posti di lavoro persi, spiega il sindacato, a soffrire una nuova crisi sarebbero anche le aziende dell’indotto, tutte di medie e piccole dimensioni, che oggi collaborano con il marchio americano. Aziende per lo più da una decina di dipendenti, addette al lavaggio e alla stiratura dei capi confezionati a Crevalcore. “Da quel che sappiamo, la Guess ha detto che in Italia rimarrà un unico polo logistico, a Piacenza – spiega Di Ruocco – alle aziende dell’indotto è stato chiesto di organizzarsi con un corriere, così da ritirare i capi nell’unico stabilimento rimasto, lavarli, stirarli e riconsegnarli a destinazione. Un processo complicato e costoso se si pensa che già oggi, per l’indotto, il margine di guadagno è molto magro. Alcune realtà proveranno e poi valuteranno se la collaborazione è economicamente sostenibile, ma è difficile”.
A Piacenza, poi, come spiega la Filctem, non sono affatto impiegati i 10 lavoratori assunti da Guess, che prima si occupavano del magazzino di Crevalcore: “I 10 dipendenti sono in cassa integrazione, al loro posto lavorano addetti presi dalle cooperative, pagati se va bene 5 euro l’ora”. Un notevole risparmio economico. E’ per questo, si chiede la Cgil, “che la Guess vuole spostare la licenza in Svizzera?”.
“Ciò che desta ulteriore imbarazzo – spiega Di Rocco – è che noi avevamo sollecitato il management dell’azienda, visto che parliamo di uno stabilimento situato nell’area ‘cratere’, a una maggiore sensibilità in termini di responsabilità sociale, invece la risposta impietosa che riceviamo è questa”.
Per questo motivo i dipendenti Guess hanno partecipato in massa allo sciopero indetto per il 24 giugno contro la chiusura dello stabilimento: 98% delle adesioni. I sindacati hanno già chiesto due incontri, uno il 2 e l’altro il 10 luglio. Perché, attualmente, ciò che regna sovrana nel comune in provincia di Bologna, è l’incertezza: “Non sappiamo ancora quanti saranno gli esuberi, che ne sarà dello stabilimento, quale futuro si prospetta per chi oggi lavora a Crevalcore. Il punto di domanda (‘?’) sul logo della casa di moda è dovuto alla parola stessa ‘guess’, che letteralmente significa ‘indovina?’. Ebbene è questo l’esercizio cui l’azienda sta sottoponendo il sindacato e i propri collaboratori, già da inizio anno, circa il numero di esuberi che la forte/drastica riduzione delle attività, decisa dalla casa madre, produrrà entro la fine del 2013”.
L’ipotesi, “perché di certo non si sa nulla”, è che a Crevalcore Guess decida di lasciare solo una attività pubblicitaria o contabile, azzerando la produzione. Così, però, tre quarti dell’organico potrebbe risultare in esubero.