Una strada provinciale bloccata, i cancelli dell’azienda presidiati dall’alba per impedire qualsiasi ingresso. I lavoratori della Cft Rossi e Catelli di Parma continuano la protesta per impedire il licenziamento di 64 operai.
Un centinaio di persone, tra dipendenti e delegati sindacali del settore, hanno manifestato di fronte all’ingresso dell’azienda che si occupa di impiantistica alimentare, sorvegliati a vista dalle “bodyguard” che da qualche settimana, su ordine dei vertici della Cft, vigilano sul perimetro della proprietà per impedire blocchi e manifestazioni. “Pensavamo che l’azienda facesse un passo indietro – spiega la segretaria provinciale Fiom Cgil Antonella Stasi – invece le transenne e le guardie sono ancora qui ed è vergognoso, questo non è un comportamento responsabile”.
Nonostante gli incontri e i tentativi di trattativa con i rappresentanti dei lavoratori, la proprietà non ha fatto passi indietro sul piano industriale che prevede la riduzione di un terzo dell’organico dello stabilimento di Parma, così come sulla decisione di piazzare davanti all’ingresso della ditta transenne e vigilantes di un’agenzia di sicurezza. Neanche le guardie private però hanno fermato i lavoratori, che dall’alba di martedì hanno scioperato per quattro ore, presidiando l’entrata dello stabilimento. Attimi di tensione si sono verificati quando qualcuno ha cercato di entrare con l’auto all’interno dell’azienda, subito bloccato fisicamente dai lavoratori, che lo hanno costretto a indietreggiare. I manifestanti poi si sono diretti sulla strada provinciale Asolana, dove si affaccia la Cft, e hanno bloccato il traffico per tutta la mattina, distribuendo volantini per far conoscere ai passanti lo stato di crisi delle aziende di Parma.
Un elenco che somiglia più a un bollettino di guerra, in cui la Cft è solo una delle tante ditte in cui si prospetta il licenziamento di massa. Nella provincia di Parma ci sono Eurosteel, Pellacini, Cavatorta, e ancora Cometal, Sb, Palitalia e Sidel, ognuna con una storia a sé, ma tutte accomunate dalla minaccia di tagli o esternalizzazioni che ricadono sui lavoratori. Per questo i delegati Fiom si sono stretti intorno alla vicenda Cft, che rappresenta uno dei casi più gravi. “Una desertificazione industriale del territorio” l’ha definita il segretario generale della Cgil Parma Massimo Bussandri, che ha chiesto alle istituzioni un piano di coesione sociale per rilanciare il lavoro e la produttività. “Il settore è in crisi ed è giusto far uscire dai palazzi quello che stanno vivendo i lavoratori – ha aggiunto Stasi – Non possiamo perdere posti di lavoro, perché oggi non c’è più possibilità di ritrovarne uno”.
I sindacati puntano ai contratti di solidarietà, la Cft invece ha proposto in extremis un periodo di cassa integrazione prima della mobilità e il possibile ricollocamento di pochi lavoratori nello stabilimento di Montecchio e nelle ditte in cui sarà esternalizzato il ramo produttivo. Una proposta ritenuta inaccettabile dai sindacati Fiom, Fim e Uilm a fronte dei 64 licenziamenti e soprattutto dopo altri due piani di messa in mobilità che dal 2011 hanno già ridotto l’organico di quasi altrettante unità. “Questa è un’operazione per destrutturare l’azienda, perché le possibilità di ricollocamento sono risibili e non c’è un vero progetto per il futuro dell’impresa” hanno continuato i delegati Fiom della Cft Giuseppe Massari e Renzo Fanzini, che puntano il dito anche sul provvedimento delle transenne e dei vigilantes: “è un atto per mostrare i muscoli e intimidire i manifestanti, ma intanto l’azienda da giorni paga un’agenzia giorno e notte, mentre lascia a casa i suoi dipendenti”. A schierarsi contro la misura “antisciopero” sono stati anche Pcl e M5S, e interventi sulla questione Cft erano stati fatti dal gruppo Pd in consiglio comunale. “Noi come M5S siamo dalla parte dei lavoratori – ha concluso il consigliere Luca Rizzelli (M5S) che ha partecipato al presidio come delegato Fiom – e non approviamo la scelta di mettere delle guardie fuori dall’azienda, dopo che dall’oggi al domani è stato comunicato che saranno tagliate 64 persone. Per questioni di bilancio, alla fine a farne le spese saranno i lavoratori”.