Stavo alle Murate di Firenze, un carcere trasformato in biblioteca, quando è arrivata la notizia della condanna per Berlusconi. Qualcuno ha pure applaudito.
C’è una parte di questo nostro paese che vorrebbe vederlo in galera. Io no.
Ho incontrato Mario in un carcere diretto da una signora intelligente che sta cercando di fare qualcosa di buono per i detenuti. Mario ha avuto la possibilità di seguire un corso di cucina nel carcere. Il cuoco che l’ha tenuto ha chiesto che Mario uscisse ogni giorno per andare a lavorare nella sua pizzeria. Quando i Carabinieri hanno saputo che in quell’esercizio commerciale lavorava un carcerato hanno incominciato a frequentarlo giornalmente per fare accertamenti cosicché, giorno dopo giorno, i clienti hanno incominciato a disertare la pizzeria. Il pizzettaio s’è scusato con Mario, ma ha dovuto licenziarlo rimandandolo 24 ore su 24 in cella.
Mario non è nessuno. In realtà non è neanche Mario, non si chiama così, ma non è il caso di fare il suo nome per complicargli ulteriormente la vita.
Se verranno accertate le sue colpe diamogli la possibilità di godere di un beneficio previsto dalla nostra legge. Benefici negati ai poveri cristi come Mario.