Nel 2006 la famiglia Cottarelli - padre, madre e figlio 17enne - fu sterminata in una villetta di Urago Mella. Secondo l'accusa, Angelo Cottarelli forniva fatture false agli esponenti del clan mafioso trapanese per una maxitruffa allo Stato basata su aziende vinicole inesistenti
La Corte di Assise di Appello di Milano ha condannato all’ergastolo due cugini trapanesi, Vito e Salvatore Marino, 47 e 53 anni, originari di Paceco (Trapani). Il 28 agosto del 2006 fecero strage a Urago Mella (Brescia) di una intera famiglia. Secondo l’accusa, sgozzarono Angelo Cottarelli, la moglie Marzenne Topor di 41 anni e il loro figlio, Luca di 17. Tre delitti al culmine di una diatriba per soldi tra Vito Marino e Angelo Cottarelli, una discussione dove fece da scenario una maxi truffa che era stata ordita da Marino assieme con altri imprenditori trapanesi, ai danni dello Stato e della Regione. Una truffa che inghiottì quasi 40 milioni di euro.
A Vito Marino, Cottarelli aveva garantito, pur stando lontano dalla Sicilia, delle fatture false, ma a un certo punto a Marino venne a mancare un milione di euro, e andò a chiederli indietro a Angelo Cottarelli, svegliando lui e la sua famiglia di buon mattino nella loro villetta a Urago Mella, facendosi spalleggiare da suo cugino Salvatore, al quale secondo la ricostruzione dei pm toccò il compito di sgozzare le tre vittime. I due furono arrestati poco dopo i fatti perché a Trapani gli investigatori della Squadra Mobile si stavano occupando già della truffa e con i colleghi di Brescia ricostruirono i motivi della strage. A casa Cottarelli fu addirittura trovato quel denaro che Vito Marino rivoleva a tutti i costi.
Assolti in primo grado, condannati all’ergastolo in appello, l’anno scorso i due cugini erano tornati liberi per l’annullamento deciso dalla Cassazione. Vito Marino è stato arrestato dalla Polizia in aula dopo la lettura della sentenza. A Trapani i poliziotti della Mobile hanno arrestato suo cugino Salvatore. Spietatezza e brutalità in questa storia. Ma non solo. Vito e Salvatore Marino sono figlio e nipote di un boss ucciso da Matteo Messina Denaro nel 1985 e i vini commerciati da Vito Marino avevano eloquenti etichette, come “Baciamo le mani” con tanto di uomo in coppola e lupara.
A Trapani l’inchiesta sulla megatruffa ha portato Polizia e Guardia di Finanza al sequestro di aziende che erano scatole vuote. Tutte avevano sede in un’anonima frazione di campagna, Guarrato, 900 abitanti e destinataria di un fiume di denaro, milioni di euro, soldi serviti anche a foraggiare in modo illecito, con le mazzette, la politica tra Palermo e Roma. Addirittura soldi che a Vito Marino stavano ancora per arrivare quando era già in carcere, tanto i meccanismi erano “oliati”. Vito Marino avrebbe avuto gli appoggi giusti come quello di un architetto, Vito Augugliaro, poi deceduto, cognato dell’attuale deputato del Mir Paolo Ruggirello, e sopratutto il sostegno di S. C., un consulente del Governatore Cuffaro. Soldi, si scoprirà anche, che dalle casse statali sono finiti al banco Lotto. Vito Marino giocò a più riprese addirittura 800 mila euro, inseguendo un numero ritardatario. Non vinse mai.