In mani poco esperte però il rapporto è divenuto “
esplosivo” e fonte di alcune insinuazioni pesanti: la prima è che il Tesoro “
speculerebbe” con derivati rischiosi a spese degli italiani, la seconda è che l’
Italia è entrata nell’euro grazie a truffe contabili usando i derivati e l’ultima che, dietro alcune
rinegoziazioni dei contratti con le banche, ci siano vere e proprie “commissioni occulte”.
Ieri ho confutato tutte le tesi del pezzo di Greco che, a dire il vero, oggi ridimensiona assai su Repubblica l’entità dello scoop. Anche perché se uno spara un titolo come ha fatto Repubblica può succedere che
1) Un magistrato apra un indagine per “vederci chiaro” parlando, di fatto, di notizie di reato.
E 2) che il Tesoro risponda con una nota per evitare equivoci. In realtà poteva andare peggio perché i funzionari del Dipartimento, in particolare la dott.ssa Cannata che lo gestisce, avrebbero gli estremi per una querela per diffamazione.
Greco infatti oggi si limita a concludere che la replica del Tesoro non “risponde alle puntuali accuse – per esempio – riguardo alla rinegoziazione di una swaption 2016-2036 con una più breve”. Non lo fa perché quella obiezione non ha alcun senso, e per rispondere bisognerebbe spiegare all’articolista cosa fa veramente il Dipartimento che gestisce le aste del debito pubblico e la sua esposizione ai rischi di mercato. Tra l’altro, nello specifico, se è vero che un funzionario del tesoro, negli anni ’90, mentre l’Italia pagava l’8% sui propri titoli decennali, ha stipulato un contratto grazie al quale avrebbe potuto, nel 2016, prendere soldi a prestito per 20 anni al 4,6%, questo funzionario meriterebbe una sostanziale gratifica piuttosto. Anche perché è assai dubbio che negli anni ’90 qualcuno potesse prevedere i tassi a zero che ci sono oggi (e nonostante i quali l’Italia paga ancora il 4,6% sul debito a 10 anni).
Assai più equilibrata la posizione de il Fatto Quotidiano che in un pezzo di Stefano Feltri, oltre a chiarire che il “mark-to-market” di alcuni derivati isolati dal resto del portafogli è una operazione senza senso, coglie in chiusura anche il lato “politico” della questione: attaccare oggi la “credibilità” della gestione finanziaria italiana, mentre lottiamo con l’Europa per superare la maledetta “austerity”, mentre il Governatore Draghi (ovvero il signore che ha salvato l’euro nel 2011) è sotto l’attacco dei falchi tedeschi, sulla base di dati così pasticciati e malinterpretati è davvero… un peccato.
Al “disguido” di Repubblica si è aggiunto invece uno sproloquio senza senso, denso di insinuazioni diffamatorie, posture ideologiche e analfabetismo finanziario scritto da Guido Viale, sul Manifesto. Viale è un ecologista millenarista, privo di formazione finanziaria e utilizza una tecnica nota dagli anni ’50.
“Dentro questa cartellina, c’è la lista con centinaia di americani comunisti che complottano contro il nostro Paese”. All’incirca furono queste le parole del senatore Usa Mac Carthy all’inizio della sua “caccia alle streghe” negli anni ’50. Nella cartellina non c’era nulla ovviamente, ma la sua “lista” fece tremare più di un intellettuale, o anche semplice simpatizzante di sinistra.
“Chi ha autorizzato il nostro governo a giocare al casinò dei derivati con il denaro degli italiani?”. Il tenore dell’articolo di Viale (ma la rete presto pullulerà di testi simili) è tutto nell’attacco. Ovviamente il Tesoro non gioca al casinò dei derivati (che non sono un casinò). Il Tesoro usa i derivati per assicurare allo Stato i soldi per funzionare. E sebbene questo oggi sulla stampa voglia dire sprechi, corruzione, province inutili, Batman & co. in realtà parliamo anche di scuole, ospedali, sicurezza, infrastrutture ecc.
Ma che derivati usa il Tesoro e perché? Se Siete arrivati fino in fondo a questo lungo post siete tenaci e quindi vi meritate un esempio “tecnico”.
Il Tesoro prende i soldi in prestito sul mercato emettendo titoli. Questi possono essere a tasso fisso (i BTP) che pagano una cedola uguale ogni 6 mesi per la durata del prestito. Per esempio il fittizio BTP 5% 7/2023 vi pagherà una cedola del 2,5% a gennaio e a luglio di ogni anno fino a luglio del 2023 quando oltre alla cedola vi restituirà anche il capitale. E poi emette titoli a tasso variabile (i CCT per esempio), la cui cedola cioè “varia” in proporzione a un parametro scelto (l’euribor, i bot, l’inflazione ecc).
Facciamo il caso che il Tesoro abbia appena emesso 5 mld di un CCT a 7 anni. Per i prossimi 7 anni i funzionari sanno che hanno una “incognita”, cioè pagheranno una cedola che varia a seconda delle condizioni dell’economia internazionale, dei mercati ecc. Questa incognita è un rischio. E se domani il governo cade? E se l’inflazione esplode e i tassi ufficiali salgono molto? Si chiama “rischio tasso”, assomiglia a quello che hanno i cittadini con un mutuo variabile: la loro rata può variare, e considerevolmente (ricordate dove andarono le rate dei mutui a tasso variabile nel 2007/2008 e i picchi del post Lehman quando i tassi euribor schizzarono verso l’alto? L’euribor superò il 5% e superò anche i tassi dei Btp decennali). Potrebbero fregarsene i funzionari del Tesoro. Ma non lo fanno. Può succedere, per esempio che decidano di “assicurarsi” almeno per la metà di quel rischio, di ridurlo. È una scelta sbagliata? Qui entriamo in un altro tema (le politiche di gestione del debito). Diciamo che l’orientamento prevalente è che la precedenza è nel rifornire lo Stato, al tasso minore, con i rischi minori che questi domani non sia in grado di farlo. Per “assicurarsi” il tesoro chiama una banca (di solito più d’una, vengono messe in concorrenza) e gli chiede di fare un derivato, uno swap. Il derivato permette di “scambiare” un flusso variabile con uno fisso (e viceversa). Grazie allo swap il Tesoro “fissa” il costo di metà della sua cedola. Ovviamente può succedere che negli anni seguire tutto vada bene, anzi che i tassi scendano. In quel caso il derivato ha un valore negativo per il Tesoro (come un’assicurazione inutile) nel senso che si paga un fisso più alto di un variabile più basso.
Ovviamente la casistica è assai più complessa e gli strumenti usati pure. Ma il punto è tutto qui. Se il portafogli derivati è di 160 miliardi su un debito di 2mila miliardi vuol dire che i funzionari “coprono” i rischi in meno del 10% dei casi. Anche perché probabilmente usano il mix di titoli piuttosto.
Concludendo quindi: il Tesoro italiano usa pochi derivati, per ridurre il rischio che lo Stato italiano resti a secco o paghi troppi interessi sull’enorme debito. E i derivati tossici? E Roma come Atene? E i nani della finanza che ci rapinano? Beh per quelli… chiedete ai complottisti.
Prima puntata: Il Tesoro come Lehman Brothers? Una bufala
Luca Bonaccorsi
Economista, Ecologista, giornalista
Economia & Lobby - 27 Giugno 2013
Derivati, ‘scandalo al Tesoro’ seconda puntata
Ieri Repubblica e, usando la stessa fonte, il Financial Times, hanno lanciato l’allarme derivati nel Tesoro italiano. La “fonte” è un rapporto periodico che il Tesoro manda alla Corte dei Conti e che qualcuno ha fatto “filtrare”. In quel rapporto non c’era nulla di più che il resoconto della normale attività di copertura che il Dipartimento che si occupa del debito pubblico fa regolarmente. Un rapporto tecnico, su un tema piuttosto complesso.
Ieri ho confutato tutte le tesi del pezzo di Greco che, a dire il vero, oggi ridimensiona assai su Repubblica l’entità dello scoop. Anche perché se uno spara un titolo come ha fatto Repubblica può succedere che
1) Un magistrato apra un indagine per “vederci chiaro” parlando, di fatto, di notizie di reato.
E 2) che il Tesoro risponda con una nota per evitare equivoci. In realtà poteva andare peggio perché i funzionari del Dipartimento, in particolare la dott.ssa Cannata che lo gestisce, avrebbero gli estremi per una querela per diffamazione.
Greco infatti oggi si limita a concludere che la replica del Tesoro non “risponde alle puntuali accuse – per esempio – riguardo alla rinegoziazione di una swaption 2016-2036 con una più breve”. Non lo fa perché quella obiezione non ha alcun senso, e per rispondere bisognerebbe spiegare all’articolista cosa fa veramente il Dipartimento che gestisce le aste del debito pubblico e la sua esposizione ai rischi di mercato. Tra l’altro, nello specifico, se è vero che un funzionario del tesoro, negli anni ’90, mentre l’Italia pagava l’8% sui propri titoli decennali, ha stipulato un contratto grazie al quale avrebbe potuto, nel 2016, prendere soldi a prestito per 20 anni al 4,6%, questo funzionario meriterebbe una sostanziale gratifica piuttosto. Anche perché è assai dubbio che negli anni ’90 qualcuno potesse prevedere i tassi a zero che ci sono oggi (e nonostante i quali l’Italia paga ancora il 4,6% sul debito a 10 anni).
Assai più equilibrata la posizione de il Fatto Quotidiano che in un pezzo di Stefano Feltri, oltre a chiarire che il “mark-to-market” di alcuni derivati isolati dal resto del portafogli è una operazione senza senso, coglie in chiusura anche il lato “politico” della questione: attaccare oggi la “credibilità” della gestione finanziaria italiana, mentre lottiamo con l’Europa per superare la maledetta “austerity”, mentre il Governatore Draghi (ovvero il signore che ha salvato l’euro nel 2011) è sotto l’attacco dei falchi tedeschi, sulla base di dati così pasticciati e malinterpretati è davvero… un peccato.
Al “disguido” di Repubblica si è aggiunto invece uno sproloquio senza senso, denso di insinuazioni diffamatorie, posture ideologiche e analfabetismo finanziario scritto da Guido Viale, sul Manifesto. Viale è un ecologista millenarista, privo di formazione finanziaria e utilizza una tecnica nota dagli anni ’50.
“Dentro questa cartellina, c’è la lista con centinaia di americani comunisti che complottano contro il nostro Paese”. All’incirca furono queste le parole del senatore Usa Mac Carthy all’inizio della sua “caccia alle streghe” negli anni ’50. Nella cartellina non c’era nulla ovviamente, ma la sua “lista” fece tremare più di un intellettuale, o anche semplice simpatizzante di sinistra.
“Chi ha autorizzato il nostro governo a giocare al casinò dei derivati con il denaro degli italiani?”. Il tenore dell’articolo di Viale (ma la rete presto pullulerà di testi simili) è tutto nell’attacco. Ovviamente il Tesoro non gioca al casinò dei derivati (che non sono un casinò). Il Tesoro usa i derivati per assicurare allo Stato i soldi per funzionare. E sebbene questo oggi sulla stampa voglia dire sprechi, corruzione, province inutili, Batman & co. in realtà parliamo anche di scuole, ospedali, sicurezza, infrastrutture ecc.
Ma che derivati usa il Tesoro e perché? Se Siete arrivati fino in fondo a questo lungo post siete tenaci e quindi vi meritate un esempio “tecnico”.
Il Tesoro prende i soldi in prestito sul mercato emettendo titoli. Questi possono essere a tasso fisso (i BTP) che pagano una cedola uguale ogni 6 mesi per la durata del prestito. Per esempio il fittizio BTP 5% 7/2023 vi pagherà una cedola del 2,5% a gennaio e a luglio di ogni anno fino a luglio del 2023 quando oltre alla cedola vi restituirà anche il capitale. E poi emette titoli a tasso variabile (i CCT per esempio), la cui cedola cioè “varia” in proporzione a un parametro scelto (l’euribor, i bot, l’inflazione ecc).
Facciamo il caso che il Tesoro abbia appena emesso 5 mld di un CCT a 7 anni. Per i prossimi 7 anni i funzionari sanno che hanno una “incognita”, cioè pagheranno una cedola che varia a seconda delle condizioni dell’economia internazionale, dei mercati ecc. Questa incognita è un rischio. E se domani il governo cade? E se l’inflazione esplode e i tassi ufficiali salgono molto? Si chiama “rischio tasso”, assomiglia a quello che hanno i cittadini con un mutuo variabile: la loro rata può variare, e considerevolmente (ricordate dove andarono le rate dei mutui a tasso variabile nel 2007/2008 e i picchi del post Lehman quando i tassi euribor schizzarono verso l’alto? L’euribor superò il 5% e superò anche i tassi dei Btp decennali). Potrebbero fregarsene i funzionari del Tesoro. Ma non lo fanno. Può succedere, per esempio che decidano di “assicurarsi” almeno per la metà di quel rischio, di ridurlo. È una scelta sbagliata? Qui entriamo in un altro tema (le politiche di gestione del debito). Diciamo che l’orientamento prevalente è che la precedenza è nel rifornire lo Stato, al tasso minore, con i rischi minori che questi domani non sia in grado di farlo. Per “assicurarsi” il tesoro chiama una banca (di solito più d’una, vengono messe in concorrenza) e gli chiede di fare un derivato, uno swap. Il derivato permette di “scambiare” un flusso variabile con uno fisso (e viceversa). Grazie allo swap il Tesoro “fissa” il costo di metà della sua cedola. Ovviamente può succedere che negli anni seguire tutto vada bene, anzi che i tassi scendano. In quel caso il derivato ha un valore negativo per il Tesoro (come un’assicurazione inutile) nel senso che si paga un fisso più alto di un variabile più basso.
Ovviamente la casistica è assai più complessa e gli strumenti usati pure. Ma il punto è tutto qui. Se il portafogli derivati è di 160 miliardi su un debito di 2mila miliardi vuol dire che i funzionari “coprono” i rischi in meno del 10% dei casi. Anche perché probabilmente usano il mix di titoli piuttosto.
Concludendo quindi: il Tesoro italiano usa pochi derivati, per ridurre il rischio che lo Stato italiano resti a secco o paghi troppi interessi sull’enorme debito. E i derivati tossici? E Roma come Atene? E i nani della finanza che ci rapinano? Beh per quelli… chiedete ai complottisti.
Prima puntata: Il Tesoro come Lehman Brothers? Una bufala
La Repubblica tradita
di Giovanni Valentini 12€ AcquistaArticolo Precedente
Lvmh continua lo shopping in Italia, il Cova di Milano parlerà francese
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Il fallimento dei tecnicismi
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".