Lele Mora scarica o almeno sembrava scaricare Silvio Berlusconi. Solo due giorni fa al Fatto Quotidiano aveva detto che il Cavaliere, suo storico e generoso amico, era più buono di papa Wojtyla. Oggi, al processo Ruby bis, l’ex agente dei vip – per cui l’accusa ha chiesto 7 anni come per gli altri due imputati Emilio Fede e Nicole Minetti – prima ha dichiarato che quello che è successo attorno alle serate ad Arcore è stato un caso di “dismisura, abuso di potere, degrado, tre parole che ho letto sui giornali. E’ vero, così è stato”. Poi fuori dall’aula ai cronisti ha ribadito che ad Arcore “non succedeva nulla di male”.
Il mea culpa di Mora: “L’ignoranza della legge non perdona”. Il mea culpa di Mora è arrivato dopo la condanna del leader del Pdl a 7 anni per concussione e prostituzione minorile anche per quelle serate ad alto tasso erotico: “Io ne sono stato passivo concorrente, ma oggi non voglio più mangiare cibo avariato e lascio il compito di chiarire ai miei difensori” ha detto in aula, ma all’uscita ha sostenuto di aver saltato un “non” davanti alle parole “passivo concorrente”. Certo è che ha ammesso di aver portato alcune ragazze ad Arcore, anche se sottolineando di non averle mai costrette, Mora ha aggiunto: “E’ vero, ho ricevuto un prestito da Berlusconi tramite Fede con cui potevo salvare la mia società”. Per i fatti di bancarotta, ha concluso, “mi sono assunto le mie responsabilità, per quelli di questo giudizio valuterete voi giudici”.
”E’ vero ho partecipato alle feste di Silvio Berlusconi ad Arcore, è vero ho accompagnato alle cene alcune ragazze, ma non ho mai voluto condizionarle, non ho mai giudicato i loro comportamenti e non ho mai orientato le loro condotte con costrizione”. Mora ha anche voluto sottolineare che rispetta e non contesta “l’attività di indagine della procura”. Parlando delle giovani donne che ha ammesso di aver portato ad Arcore, Mora ha poi sottolineato che “l’ignoranza della legge penale non perdona” ma che “forse qui sbagliando” non ha mai “inquadrato la loro condotta come prostituzione“.
“Il carcere ti impone una pausa, chiedo scusa ai giornalisti”. All’inizio dell’udienza, prima che prendessero la parola per l’arringa i suoi difensori, gli avvocati Gianluca Maris e Nicola Avanzi, Mora ha letto una breve dichiarazione spontanea. Ha esordito dicendo di voler pronunciare solo “poche parole per non violare il silenzio che mi sono imposto e che per me è l’unica condotta dignitosa”. Ha spiegato più volte che nel periodo trascorso in carcere, per l’accusa di bancarotta, “ho avuto modo di pensare a lungo, perché il carcere ti impone una pausa, anche in questo mio nuovo stato, vorrei continuare questa iniziata riflessione, sperando di trovare la retta via”. L’ex talent scout ha anche detto di aver pensato alle tante polemiche aggressive del passato e ha chiesto scusa in particolare ai giornalisti e al conduttore di ‘Piazza Pulita’ Corrado Formigli. “Mi vergogno – ha spiegato – di tante polemiche che ho fatto in passato contro i giornalisti e i comunisti e voglio chiedere scusa senza se e senza ma”. L’ex manager dei vip ha detto di voler “uscire da questa bufera infernale che mi ha tolto la luce”.
La marcia indietro fuori dall’aula: “Silvio è un amico”. Non più davanti ai giudici Mora ha fatto marcia indietro: “Ad Arcore non c’è stato niente di male, quando in aula ho parlato di ‘degrado’ ho detto quello che ha riportato un giornale … La prostituzione ad Arcore non c’è mai stata”, ha spiegato ai giornalisti l’ex talent scout. Con i cronisti fuori dall’aula Mora ha spiegato di aver detto ai giudici la “verità” e che nelle serate di Arcore non c’è stato “nulla di male”. L’ex manager dei vip di Berlusconi ha poi detto “è amico, non è un assassino, non è uno che fa prostituire la gente e nemmeno io”. Ai cronisti che lo incalzavano su quel riferimento fatto in aula al degrado, Mora ha risposto: “Io forse ho sbagliato a non essere più attento ma non c’è mai stata prostituzione, ho detto quello che ha riportato un giornale”.
La difesa chiede l’assoluzione: “Il fatto non costituisce reato”. Un’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato e per l’assenza dell’elemento psicologico della consapevolezza” ha poi chiesto ai giudici il legale di Lele Mora, Gianluca Maris. “In un contesto di venalità, arrivismo e ambizione, che sono evidenti a tutti, non è – ha precisato il legale – altrettanto evidente per il mio assisitito quello che potrebbe succedere o quello che le sue clienti potrebbero fare per ottenere dei benefici”. Secondo la tesi portata avanti dai legali, dunque, Mora non era necessariamente consapevole di quello che sarebbe potuto accadere alle feste di Arcore, di cui lui, tra l’altro era “sporadico frequentatore”. Il fatto che Lele Mora partecipasse alle cene e poi se ne andasse “è una condotta che può non essere percepita come tale perché ci sono delle lenti, dei pregiudizi. Mora – ha aggiunto – è un agente dello spettacolo, spregiudicato, al centro del gossip. Quelle immagini dobbiamo rimuoverle. Sono lenti che distorcono la realtà: Videocracy è drammaticamente vero ma non è la chiave di lettura del processo”.
L’avvocato di Mora: “Era Berlusconi a raccomandare a lui le ragazze”. “Quasi tutte queste ragazze conoscevano già Berlusconi e Fede, anzi era Berlusconi che le raccomandava a Mora dicendogli ‘falle lavorare, dagli un’opportunità, una chance’” ha spiegato Maris. La condotta di Mora rispetto alle serate a Villa San Martino, ha chiarito il legale, è stata “sporadica” e “marginale” e non “si possono creare dei pregiudizi, solo perché0 lui era un agente di spettacolo spregiudicato e al centro di molti scandali”. Mora, secondo la difesa, “parlava alle ragazze come nell’alta società un parrucchiere parlava con le sue clienti, le consigliava e cercava di favorirle”. Tuttavia, quello che è certo, secondo la difesa, è che “non l’ha indotte nelle loro relazioni con Berlusconi”. Non è Mora che le “ha sollecitate ad andare alle feste”, le ha “accompagnate sì” in certi casi, le portava “sul palcoscenico” di Arcore – così l’ha definito il legale – ma non era consapevole delle “relazioni che si potevano creare dopo quell’evento”. Non “induceva né favoriva”, in sostanza, la prostituzione. E nei pochi casi in cui c’è stato un “incontro propiziatorio” in cui Mora ha avuto un ruolo, quell’incontro “aveva la finalità lecita” del talent scout, non si può ridurre “all’invio di donne per la prostituzione”.
Secondo la difesa Mora deve essere assolto dalle accuse, ma qualora i giudici lo dovessero condannare il reato di induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile “deve essere derubricato in favoreggiamento personale per aver in concreto aiutato l’onorevole Berlusconi, dopo la commissione del reato in esame, ad eludere le investigazioni delle autorità”. Il riferimento è alla richiesta di affidamento per Ruby portata avanti dall’ex talent scout “nell’interesse di Berlusconi”, per il quale aveva un “obbligo di riconoscenza”.