Il delirio di Berlusconi e i suoi non può certo stupire, anzi: lui addirittura un poco si contiene (almeno su questo versante) e lascia sbraitare i cortigiani, come sempre più realisti del re. È il solito carosello degli orrori: ruffiani definitivamente smutandati (“ma vivi”), elefantini imburrati col rossetto, valchirie al botulino ‒ tutti a celebrare Trimalcione e le sue notorie “cene eleganti” (sic).
Le affinità si sprecano: quando l’anfitrione del Satyricon cafoneggia in versi, nessuno si diverte ma tutti ridono, all’unisono, come coi lazzi ‒ e frizzi ‒ del Cavaliere arciliftato. Petronio aveva previsto proprio tutto: dal self-made man che bestemmia “come un facchino” (e che rammenta l’uscita sull’orchidea-Bindi?), alla tomba commissionata ad Abinna, che profetizza clamorosamente il mausoleo arcoriano di Cascella.
C’è poi altra scena ch’è perfetta allegoria del ventennio berlusconiano (soprattutto per lenoni e valletti): “[…] Trimalcione fece schioccare le dita, ed a quel segnale l’eunuco gli mise un orinale sotto il sedere. Svuotata così la vescica, Trimalcione chiese dell’acqua per le mani, e dopo aver bagnato la punta delle dita, se le asciugò nella zazzera di uno schiavo”, manco fosse la barba di Ferrara. Ma suvvia, è il partito dell’amòre: “Chi ama, ama, chi non ama, non ama. Lui, Trimalcione, ha terre quanto ci volano i nibbi, e soldi che partoriscono soldi”: viene in mente niente? In ogni caso, B. dà da vivere a molti (e soprattutto a molte): chi ci mangia non intende smettere e non si contano quelli che smaniano dalla voglia d’incominciare. Cercasi servitù volontaria. Gradita esperienza di portaorinale. “Non so se il riso o la pietà prevale” ‒ chioserebbe Leopardi.
Eppure c’è oscenità peggiore ‒ stupefacente e non meno colpevole perché legittima appunto tutto questo: la connivenza del Pd. Quelli che: Mediaset è “una grande risorsa del Paese” (D’Alema); quelli che: meglio non criticare “il principale esponente dello schieramento a noi avverso” (Veltroni); quelli che (il Berluschino colla gorgia): studiano da primo ministro, con ordine, prima direttamente ad Arcore, poi da Maria De Filippi e ‒ dulcis in fundo ‒ pure da Briatore; quelli che: come un mantra, sanno ripetere soltanto “non commentiamo le sentenze della magistratura” (per loro ormai è un tic, un automatismo. Se gli chiedi “cos’hai mangiato ieri?” ti rispondono comunque: “scusa, ma non commento le sentenze della magistratura”).
Insomma: quelli che, maculati come giaguari, con Berlusconi ci governano. E non avvertono nemmeno più il bisogno di smacchiarsi. Continuano anzi a mercanteggiare con l’“utilizzatore finale” ‒ che regolarmente infatti li ‘utilizza’ perché mica è scemo, lui ‒ come se niente fosse, come se l’Impresentabile fosse presentabile: Letta (per interposto zio) lo riceve dopo una condanna per concussione e prostituzione minorile e ne esce persino un colloquio “cordiale e positivo”, poi tocca a Napolitano il quale ‒ ha ragione Grillo ‒ “è come se avesse invitato Al Capone” in persona.
Ecco, non appena si guarda a ‘sinistra’, “la pietà vince sul riso”. Ma una qualche ragione ci dovrà pur essere: perché mai ci è capitato il peggior partito di sinistra d’Europa? Perché tanto masochismo politico? Qualcuno nel PD ha forse un’irrefrenabile propensione all’estinzione? Di questo passo ‒ e c’è da augurarselo ‒ alla prossima tornata elettorale non li voteranno più nemmeno i loro parenti.
In ogni caso, la catastrofe della sinistra italiana ha forse un connotato psicoanalitico. Quale moderno Trimalcione, B. incarna l’apoteosi del gaudente: un connubio, pressoché miracoloso, di denaro, potere e ‒ per chi ci crede ‒ epiche performance sessuali (“era instancabile, un toro”, D’Addario dixit).
Poiché è innegabile che l’agenda del PDmenoL sia sostanzialmente dettata da B. ‒ da Veltroni il Maggioritario a Renzi il Marchionnate (Fiat dux) fanno di tutto pur di assomigliarli ‒; poiché cioè a sinistra vorrebbero a tutti i costi essere finalmente come lui ‒ e di questo passo va finire che prima o poi ci riusciranno ‒, è evidente che il Trimalcione di Arcore, in qualità di Gran Gaudente, si è lentamente trasformato in una sorta di Super-Io perverso del Pd.
È il Padre osceno (per dirla con Lacan) che comanda incessantemente di godere e anziché vincolare al rispetto della legge costringe incessantemente a violarla (non senza suscitare un discreto senso di colpa per il fatto stesso di averla violata).
Questo spiegherebbe l’eterna finzione in cui galleggia la ‘lungimirante’ dirigenza piddina: vogliono illuderci (e soprattutto illudersi) di star combattendo Berlusconi, ma in realtà non riescono a non obbedirgli perché, inconsciamente, lui è il loro modello: è l’oscuro soggetto del godimento, il prototipo da imitare (non senza una certa ‒ autopunitiva ‒ afflizione).
Berlusconi, quindi, non è che il rispecchiamento, liberato, della loro cattiva coscienza: agisce nel modo in cui anch’essi vorrebbero agire. Fa ciò che, per il divieto intrinseco ad ogni perversione, i dirigenti del PD si proibiscono incessantemente di fare pur desiderando fervidamente di poterlo fare.
Difficile prospettare una via d’uscita. Mi permetto però un consiglio amicale, visto che il Congresso piddino si avvicina. Forse è il caso di ripristinare la vecchia scuola di Frattocchie, dove il fu PCI formava la propria classe dirigente. Sarebbe il luogo ideale per una terapia di gruppo. Se ci si affida a uno bravo, magari c’è il rischio di guarire.