I lavoratori della logistica venuti da tutta Italia hanno manifestato davanti ai cancelli della centrale del latte e con i loro corpi hanno impedito il transito dei camion. Chiedono il reintegro dei 41 licenziati da Sgb e protestano contro il taglio del 35% alla loro busta paga
Si sono seduti a terra davanti ai cancelli della centrale del latte di Bologna e con i loro corpi hanno impedito il transito dei camion. Immobili, anche quando la polizia e i carabinieri, in tenuta antisommossa, hanno tentato di portarli via di peso. E in quattrocento, tra lavoratori della logistica venuti da tutta Italia e giovani dei collettivi cittadini, hanno chiesto a gran voce il reintegro dei 41 facchini licenziati da Sgb “per aver scioperato contro un taglio del 35% alla loro busta paga”.
“Oggi – spiegano i manifestanti, che da tutta Italia si sono radunati a Bologna per presidiare accanto agli ex dipendenti Sgb – siamo qui perché, assieme ai nostri compagni, mandati via per aver osato protestare quando hanno visto calpestati i propri diritti, vogliamo dire basta allo sfruttamento che tutti i lavoratori della logistica sono costretti a subire: lavoriamo dodici ore al giorno e siamo pagati una miseria. Per di più, quando cerchiamo di far valere i nostri diritti, ci cacciano come fossimo animali. Basta, non possiamo più accettarlo”.
Il presidio, l’ennesimo da quando Sgb, la cooperativa che gestisce i magazzini della Granarolo, ha deciso di licenziare i 41 facchini che avevano protestato in seguito alla riduzione “per crisi” della loro busta paga è iniziato ancor prima del sorgere del sole. Alle 3 del mattino facchini e studenti provenienti da tutta la penisola, da Milano a Napoli, da Piacenza a Reggio Emilia, a Padova, a Verona, si sono radunati davanti ai cancelli della centrale del latte e dopo aver scritto, con vernice bianca, “Granarolo ladri” sull’asfalto antistante lo stabilimento, hanno bloccato i cancelli, impedendo ai camion di spostare la merce.
Perché la “tregua”, iniziata quando il prefetto Angelo Tranfaglia ha convocato un tavolo per trovare una soluzione riguardo al futuro dei facchini licenziati, è già finita. L’accordo, stilato da Cgil, Cisl e Uil assieme ai dirigenti di Granarolo e Sgb, non comprendeva l’unica clausola che gli operai della logistica volevano sottoscrivere: il reintegro nel loro posto di lavoro. “Per questo Si Cobas non ha firmato” spiegano i facchini. Per questo i presidi sono ricominciati, “e proseguiranno a oltranza”.
“L’accordo, che peraltro ci è stato presentato già scritto nero su bianco, senza che ci fosse data la possibilità di trattare – spiega Simone Carpigiani, delegato Si Cobas – è inaccettabile. Non solo i lavoratori vengono criminalizzati sulla base di un parere, quello della commissione di garanzia, che dice che gli operatori della logistica non possono scioperare perché i prodotti Granarolo sono essenziali per la collettività. Ma non c’è alcuna garanzia che dopo la cassa integrazione proposta vengano riassunti”.
Così, saltata la trattativa, i picchetti sono ricominciati. E proseguiranno, promette il sindacato, “finchè Sgb non ritornerà sui propri passi”. Lunedì 1 luglio Cgil, Cisl e Uil si riuniranno nuovamente in prefettura per stilare un nuovo accordo, ma Si Cobas, il sindacato dei facchini licenziati, non è stato invitato. “Nessun problema” rispondono i lavoratori della logistica, “noi continueremo a venire qui, davanti alla centrale del latte per manifestare”. “Nessuno può impedire agli altri di costruirsi un futuro e una vita dignitosa – spiega Hachmi, uno dei 41 ex dipendenti Sgb – nessuno può chiederci di spaccarci la schiena per poi pagarci una miseria, più o meno 500 euro al mese. La legge, oltre a essere scritta, dovrebbe anche essere applicata. I diritti dove sono? Sotto le scarpe di chi non ha scrupoli?”.
“L’accordo che i confederali hanno accettato è irregolare – sottolinea Aldo Milani, segretario di Si Cobas – potevamo anche accettare la cassa integrazione, sebbene ingiusta, ma sulla base delle condizioni espresse da Sgb è ovvio che sia solo un mezzo per liberarsi dei lavoratori. Noi rivendichiamo solo due diritti: quello di un salario equo, e la dignità. La sinistra bolognese ne parla spesso, eppure le cooperative emiliano romagnole sono tra le peggiori, in termini di diritti”.
Modificato dalla redazione web alle 20.05 di Lunedì 1 luglio 2013