“Scarsa collaborazione con il tribunale di Milano“. Con questa motivazione la Corte costituzionale ha spiegato perché, il 19 giugno scorso, ha rifiutato di riconoscere il legittimo impedimento chiesto dai legali di Silvio Berlusconi in occasione di una delle udienze del processo Mediaset nel quale l’ex premier è stato condannato in appello a quattro anni per frode fiscale. La Consulta nello spiegare le motivazioni della sentenza rileva che “l’autorità giudiziaria nel periodo in cui l’imputato era presidente del consiglio dei ministri, ha tenuto conto del suo dovere ‘di assolvere le funzioni pubbliche assegnategli’ riducendo al minimo possibile ‘l’incidenza indiretta’ della funzione giurisdizionale ‘sull’attività del titolare della carica governativa”.
“NON SI E’ ATTIVATO PER NUOVO CALENDARIO” – Analoga osservanza, prosegue la Consulta “non è stata mostrata dal presidente del consiglio con riguardo all’udienza del 1° marzo 2010. In questa circostanza, l’imputato, dopo aver egli stesso comunicato al tribunale tale data, ha dedotto l’impedimento e, diversamente da quanto aveva fatto nelle precedenti occasioni, non si è attivato per la definizione di un nuovo calendario; né egli ha fornito alcuna indicazione circa la necessità di presiedere la riunione del consiglio dei ministri senza ricorrere alla supplenza del vice presidente del Consiglio o del ministro più anziano.
“NESSUNA LESIONE DELLE PREROGATIVE COSTITUZIONALI DEL GOVERNO” – L’autorità giudiziaria ha esercitato il suo potere “senza ledere prerogative costituzionali dell’organo di governo, che restano tutelate in ordine sia all’attività sia all’organizzazione”, spiega ancora la Consulta. ”Pur costituendo la riunione del consiglio dei ministri una delle più rilevanti modalità di esercizio delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute all’organo esecutivo, non può da ciò automaticamente desumersi – si legge nelle motivazioni – la necessaria concomitanza della riunione stessa con un giorno di udienza precedentemente concordato”. A parere della Consulta “bisognava permettere all’autorità giudiziaria sia si operare un bilanciamento tra i diversi interessi costituzionalmente rilevanti (tra cui quello della sollecita celebrazione del processo), fornendo allegazioni circa la ‘sovrapposizione’ dei due impegni, sia di valutare il carattere assoluto dell’impedimento rappresentato dalla partecipazione dell’imputato alla riunione del consiglio dei ministri”.
“BERLUSCONI POTEVA DELEGARE AL VICE” – Presiedere una riunione del consiglio dei ministri può in astratto costituire un legittimo impedimento, ma il Cdm è convocato dallo stesso premier e ciò “segna una netta differenza rispetto ai casi in cui la possibilità di rinviare l’impegno sfugga interamente alla programmazione dell’imputato (come avviene, per i componenti delle assemblee elettive)”, scrive ancora la Corte Costituzionale. Inoltre, prosegue la Corte, il regolamento del Consiglio dei ministri “prevede espressamente l’ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del presidente del Consiglio dei ministri”, attribuendo le relative funzioni al vicepresidente del Consiglio o, in mancanza, ministro più anziano. Un’ipotesi, osserva la Consulta, “che, nella XVI legislatura, si è verificata in oltre il dieci per cento delle riunioni”.
“IN TRE MESI E MEZZO RICONOSCIUTO IMPEDIMENTO DUE VOLTE” – In tre mesi e mezzo, il Tribunale ha riconosciuto “il carattere assoluto dell’impedimento dedotto dall’imputato” per due volte. Sia per l’udienza del 16 novembre 2009 sia per l’udienza del primo febbraio 2010, il giudice – si legge nelle motivazioni – “ha accolto le richieste formulate dall’imputato titolare di carica governativa e ridefinito il calendario delle udienze, rinviando il processo alle date indicate dall’imputato medesimo (rispettivamente il 18 gennaio e il primo marzo 2010)”. Di fronte alla terza richiesta di rinvio “presentata dall’imputato in prossimità dell’udienza del primo marzo 2010 e, in questo caso, senza ‘allegazioni’ circa la non rinviabilità e la necessaria concomitanza dell’impegno e senza aver fornito una data alternativa”, il Tribunale – si spiega – “non ha riconosciuto il carattere assoluto dell’impedimento dedotto che, a differenza delle precedenti occasioni, risultava determinato da un atto dello stesso imputato”. In occasione dell’udienza del 16 novembre Berlusconi era impegnato alla Fao nel vertice mondiale sulla sicurezza alimentare per l’intera giornata mentre l’udienza del primo febbraio coincideva con una visita ufficiale presso lo Stato di Israele.