Sgomberati dall’albergo in cui sono stati ospitati per due anni, ora 73 profughi accolti a Piacenza finiranno nella sede di Rifondazione Comunista. A deciderlo è stato il consigliere comunale Carlo Pallavicini: “E’ una questione umanitaria, un’emergenza e il Comune non può voltarsi dall’altra parte come ha fatto finora”. Oltre che un gesto di solidarietà si può leggere anche come un gesto di rottura con la maggioranza di cui fa parte, anche perché il caso approderà in consiglio comunale: nello stesso momento è in programma una manifestazione davanti a Palazzo Mercanti, sede del Comune. Il caso è scoppiato intorno alle 10 con lo sgombero da parte delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e polizia municipale) dei 30 profughi rimasti al Ferrhotel che li aveva ospitati vicino alla stazione ferroviaria. Si tratta di migranti sbarcati in Italia dopo le guerre in Nord Africa e in particolare in Libia e in Tunisia.
A Piacenza erano un centinaio: di questi 73 alloggiavano al Ferrhotel. Dopo due anni “e nessuna formazione né indirizzo – lamentano i migranti – ci hanno buttato in mezzo a una strada. Gli stranieri, che avevano ricevuto i 500 euro previsti dal governo per trovare un altro alloggio e un lavoro, sono rimasti una trentina ma, a causa della mancata istruzione – spiegano – non hanno trovato altra soluzione che occupare il Ferrhotel. “Il Comune e il gestore della struttura hanno preso i soldi per mantenerci qui ma ci hanno solo dato due pasti al giorno e nient’altro – ha spiegato uno dei profughi – però noi avevamo bisogno di imparare la lingua ed essere indirizzati al lavoro. Così non è stato”. Quattro mesi dopo che avevano occupato la struttura, è arrivato lo sgombero. Un’operazione necessaria perché era stata bloccata l’erogazione del gas e della luce su decisione del comitato per l’ordine e la sicurezza, in prefettura, originata dai controlli di Asl e vigili del fuoco che avevano dichiarato inagibile la struttura.
Durante l’azione di sgombero si sono vissuti anche alcuni momenti di tensione con gli stranieri, una trentina di “irriducibili”, senza soldi né lavoro, che vogliono rimanere a Piacenza: “Amiamo l’Italia e questa città che ci ha ospitato. Però ora, dopo mesi e mesi, non siamo riusciti a trovare nulla, abbiamo paura a finire in mezzo a una strada” ha detto uno di loro. Gli ha fatto eco un altro, ricordando le leggi che regolano lo spostamento delle persone che chiedono asilo politico: “Non si può fare finta di niente. Noi abbiamo i documenti, siamo regolari e domiciliati a Piacenza. L’Italia in questo modo viola le leggi internazionali che si è impegnata a rispettare. Siamo pronti a gesti eclatanti – ha annunciato – perché non siamo animali”. Altri sono stati anche più duri: “Ci sbattono fuori, senza soldi, né lavoro, né un posto dove andare: stanotte dormiremo qui, per strada, e se ci cacceranno andremo sotto il Comune. Da mesi chiediamo aiuto e nessuno ce lo ha mai dato. Ferrhotel insicuro? Sempre meglio lì che in mezzo alla strada”.
I profughi godono ancora di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ma sono state trovate anche altre persone che nulla c’entravano con l’emergenza umanitaria: si tratta di immigrati regolari, non è chiaro se saranno denunciati per l’occupazione abusiva. La porta è stata blindata per rendere impossibile nuovi accessi. All’interno delle stanze ormai abbandonate si è trovato di tutto: biciclette smontate, due camere piene di scarpe, poi televisori, caschi da moto, abbigliamento e altri oggetti. Forse il guardaroba comune da cui tutti gli ospiti attingevano.
Così ecco la sponda del consigliere di Rifondazione, che è anche rappresentante del Nap (Network Antagonista Piacenza): “Se in queste ore non sarà trovata una soluzione li ospiteremo qui – assicura Pallavicini al fattoquotidiano.it – Ci siamo ritrovati in una situazione di emergenza ed è un tema delicato, facciamo appello all’associazionismo e vogliamo incalzare l’amministrazione comunale perché è impensabile sbattere trenta persone in mezzo alla strada”. L’ultimo appello è al sindaco Paolo Dosi: “A meno che non voglia dire ai cittadini: vi creo un problema lasciando queste persone in giro senza nulla, così da creare un problema in più di sicurezza pubblica dovrà fare qualcosa”.