Tra gli obiettivi del Governo Letta compare anche la necessità di garantire affitti e mutui agevolati per le giovani coppie. Non è la prima volta che Stato e Regioni pensano a politiche di questo tipo. E dunque l’esperienza delle misure già adottate può indicare gli errori da non ripetere.
di Raffaele Lungarella* (lavoce.info)
Il fondo statale di garanzia
Tra gli obiettivi che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha assegnato al suo Governo, nel chiedere la fiducia al Parlamento, vi è anche una “politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia, che includa incentivi per ristrutturazioni ecologiche e affitti e mutui agevolati per giovani coppie”.
Sulla “questione” della casa per i giovani sono già state sperimentate alcune politiche, promosse dallo Stato e dalle Regioni. (1) I loro aspetti positivi e le loro criticità possono costituire un punto di riferimento per le eventuali politiche che il Governo volesse intraprendere.
Nel 2008 (comma 3bis articolo 13 legge 133/2008) è stato istituito un fondo di garanzia per il rilascio di fideiussioni a favore delle giovani coppie che accendono un mutuo per l’acquisto della prima casa non di lusso e di superficie massima di 95 metri quadri. Il capitale mutuato non può eccedere i 200mila euro, ma la fideiussione del fondo copre solo fino a un massimo di 75mila, cioè poco più di un terzo del debito in linea capitale che la giovane coppia contrae. Ai mutui concessi, le banche devono applicare uno spread di 150 punti base (nel caso di ammortamento ultraventennale) e 120 (per mutui di durata inferiore) all’Euribor e all’Irs per mutui a tassi rispettivamente variabili e fissi. Condizioni che non incentivano le banche a concedere i mutui quando i tassi di interesse di mercato sono più elevati e i giovani a richiedere la garanzia del fondo quando quei tassi sono più bassi.
Ma l’operatività del programma incontra l’ostacolo principale nella debolezza dell’incentivo sul quale è costruito. Per la giovane coppia l’ammissione al fondo di garanzia non ha alcuna rilevanza sulla sostenibilità finanziaria del mutuo: la sua onerosità non è attenuata né da un contributo al pagamento degli interessi, né da agevolazioni finanziarie di altro tipo.
Con i 50 milioni di euro di dotazione del fondo è possibile garantire mutui per 500 milioni di euro. I dati che è stato possibile reperire, evidenziano che sono solo poco più di cento le richieste di mutui ammesse alla fideiussione, per un importo complessivo di circa 10 milioni di euro: un cinquantesimo delle potenzialità; quelle ammesse a garanzia sono 45 per 5 milioni di euro. Un risultato molto al di sotto delle attese.
Le politiche regionali per la proprietà
Anche le Regioni che hanno promosso politiche per la casa ai giovani hanno incentivato principalmente l’acquisto, con la concessione di un contributo monetario all’abbattimento del prezzo delle abitazioni (in qualche caso l’ammontare del contributo è stato determinato attualizzando i contributi al pagamento degli interessi di un mutuo). Il suo importo unitario varia di molto da una Regione all’altra: in Umbria e in Veneto è (o è stato), rispettivamente di 30mila e 25mila euro; oscilla tra i 10 e i 15mila euro in Abruzzo, Piemonte e Emilia-Romagna (in quest’ultima Regione dopo il terremoto del maggio 2012 è stato raddoppiato), mentre in Lombardia si attesta sui 7mila/8mila euro. In alcuni casi, gli obiettivi non sono stati centrati anche per errori relativi all’individuazione dei requisiti richiesti ai giovani per accedere alle agevolazioni. (2)
Le politiche di questo tipo vanno ritenute efficaci se, all’aiuto economico che danno, può essere attribuito il merito di aver permesso a chi ne ha beneficiato di acquistare un’abitazione che altrimenti non avrebbe potuto acquistare. Rapportati ai prezzi delle abitazioni, gli importi unitari dei contributi fanno dubitare che possano essere classificati come un incentivo e non invece, nella gran parte dei casi, come una forma di assistenzialismo e di spreco, a beneficio di soggetti in grado di acquistare un’abitazione anche senza l’aiuto pubblico.
Se ne ha conferma nei casi in cui oltre all’importo unitario del contributo si conoscono anche i prezzi – effettivi o massimi da non superare – delle abitazioni. In Lombardia la quota del prezzo dell’abitazione coperta dal finanziamento pubblico oscilla tra il 2,1 e il 5 per cento; in Emilia-Romagna, con il nuovo bando post sisma, il contributo base di 20mila euro incide per meno del 5 per cento sui prezzi degli alloggi più costosi offerti in vendita.
Il contributo per l’affitto
La Toscana è la sola Regione ad avere promosso una politica per favorire l’autonomia abitativa dei giovani attraverso la concessione di un contributo per il pagamento del canone di affitto. Per tre anni, giovani coppie e singoli – in possesso dei requisiti soggettivi richiesti – che affittano un’abitazione possono richiedere un contributo che oscilla tra 1.800 e 4.200 euro annui (tra 150 e 300 euro al mese). L’importo è inversamente commisurato alla fascia di reddito di appartenenza del beneficiario, mentre cresce con il numero di figli del nucleo familiare. Soprattutto per le famiglie più bisognose, l’aiuto può contribuire ad abbattere in misura non trascurabile l’onere del canone.
Dei primi due bandi emanati, hanno beneficiato 2.103 nuclei di giovani, con un contributo medio annuo di 2.850 euro circa. Con questo importo medio, i 45 milioni di euro attribuiti al programma, permetteranno a circa 5.250 giovani di ricevere un contributo per tre anni.
Fabbisogno finanziario ed equità
Nel caso di una eventuale politica statale a favore dei giovani, la scelta tra sostegno all’affitto e sostegno alla proprietà non può rispondere a opzioni ideologiche, ma deve ispirarsi a valutazioni di efficacia e considerare lo specifico contesto di finanza pubblica.
Un programma il cui obiettivo fosse quello di aiutare i giovani nell’acquisto di un alloggio è condizionato alla disponibilità di un ammontare di risorse sufficienti per concedere un contributo unitario effettivamente incentivante, oscillante cioè tra il 20 e il 30 per cento del prezzo dell’abitazione. Con un prezzo medio della abitazioni di 200mila euro (importo da considerare per difetto nelle città medie e grandi), per aiutare 100mila giovani occorrono tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Cifre difficili da trovare nel bilancio dello Stato.
L’ammontare di risorse necessarie è più contenuto nel caso dell’erogazione di un contributo per il pagamento dell’affitto. Con un importo medio dell’aiuto di 2mila euro, per ogni 100mila contratti d’affitto occorrono 200 milioni di euro all’anno: un “accompagnamento” all’autonomia abitativa per cinque anni costerebbe 1 miliardo di euro.
Nella scelta del titolo di godimento da incentivare, oltre al fabbisogno finanziario, non dovrebbe essere trascurata la componente legata all’equità: una politica di sostegno al canone aiuta soprattutto i giovani economicamente meno forti appartenenti a famiglie non in grado di contribuire al pagamento del prezzo delle abitazioni o delle rate dei mutui.
Nel contesto economico di questo nostro momento, non andrebbe, forse, trascurata neanche un’altra considerazione: i contribuiti per l’affitto è molto probabile alimentino i consumi, mentre i giovani che acquistano una casa devono avere un’elevata propensione al risparmio.
(1) Questo articolo aggiorna le analisi svolte in Lungarella R., “Le politiche statali e regionali per l’autonomia abitativa dei giovani”, in G. Cordella , S.E. Masi., Condizioni giovanili e nuovi rischi. Quali politiche?, Carocci editore, Roma, 2012.
(2) Per ragioni di spazio, questo elemento non viene qui indagato: si prende in considerazione il solo aspetto relativo all’efficacia dell’incentivazione economica.
Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.
Lavoce.info
Watchdog della politica economica italiana
Economia & Lobby - 2 Luglio 2013
Una casa per i giovani. Con l’aiuto dello Stato
Tra gli obiettivi del Governo Letta compare anche la necessità di garantire affitti e mutui agevolati per le giovani coppie. Non è la prima volta che Stato e Regioni pensano a politiche di questo tipo. E dunque l’esperienza delle misure già adottate può indicare gli errori da non ripetere.
di Raffaele Lungarella* (lavoce.info)
Il fondo statale di garanzia
Tra gli obiettivi che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha assegnato al suo Governo, nel chiedere la fiducia al Parlamento, vi è anche una “politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia, che includa incentivi per ristrutturazioni ecologiche e affitti e mutui agevolati per giovani coppie”.
Sulla “questione” della casa per i giovani sono già state sperimentate alcune politiche, promosse dallo Stato e dalle Regioni. (1) I loro aspetti positivi e le loro criticità possono costituire un punto di riferimento per le eventuali politiche che il Governo volesse intraprendere.
Nel 2008 (comma 3bis articolo 13 legge 133/2008) è stato istituito un fondo di garanzia per il rilascio di fideiussioni a favore delle giovani coppie che accendono un mutuo per l’acquisto della prima casa non di lusso e di superficie massima di 95 metri quadri. Il capitale mutuato non può eccedere i 200mila euro, ma la fideiussione del fondo copre solo fino a un massimo di 75mila, cioè poco più di un terzo del debito in linea capitale che la giovane coppia contrae. Ai mutui concessi, le banche devono applicare uno spread di 150 punti base (nel caso di ammortamento ultraventennale) e 120 (per mutui di durata inferiore) all’Euribor e all’Irs per mutui a tassi rispettivamente variabili e fissi. Condizioni che non incentivano le banche a concedere i mutui quando i tassi di interesse di mercato sono più elevati e i giovani a richiedere la garanzia del fondo quando quei tassi sono più bassi.
Ma l’operatività del programma incontra l’ostacolo principale nella debolezza dell’incentivo sul quale è costruito. Per la giovane coppia l’ammissione al fondo di garanzia non ha alcuna rilevanza sulla sostenibilità finanziaria del mutuo: la sua onerosità non è attenuata né da un contributo al pagamento degli interessi, né da agevolazioni finanziarie di altro tipo.
Con i 50 milioni di euro di dotazione del fondo è possibile garantire mutui per 500 milioni di euro. I dati che è stato possibile reperire, evidenziano che sono solo poco più di cento le richieste di mutui ammesse alla fideiussione, per un importo complessivo di circa 10 milioni di euro: un cinquantesimo delle potenzialità; quelle ammesse a garanzia sono 45 per 5 milioni di euro. Un risultato molto al di sotto delle attese.
Le politiche regionali per la proprietà
Anche le Regioni che hanno promosso politiche per la casa ai giovani hanno incentivato principalmente l’acquisto, con la concessione di un contributo monetario all’abbattimento del prezzo delle abitazioni (in qualche caso l’ammontare del contributo è stato determinato attualizzando i contributi al pagamento degli interessi di un mutuo). Il suo importo unitario varia di molto da una Regione all’altra: in Umbria e in Veneto è (o è stato), rispettivamente di 30mila e 25mila euro; oscilla tra i 10 e i 15mila euro in Abruzzo, Piemonte e Emilia-Romagna (in quest’ultima Regione dopo il terremoto del maggio 2012 è stato raddoppiato), mentre in Lombardia si attesta sui 7mila/8mila euro. In alcuni casi, gli obiettivi non sono stati centrati anche per errori relativi all’individuazione dei requisiti richiesti ai giovani per accedere alle agevolazioni. (2)
Le politiche di questo tipo vanno ritenute efficaci se, all’aiuto economico che danno, può essere attribuito il merito di aver permesso a chi ne ha beneficiato di acquistare un’abitazione che altrimenti non avrebbe potuto acquistare. Rapportati ai prezzi delle abitazioni, gli importi unitari dei contributi fanno dubitare che possano essere classificati come un incentivo e non invece, nella gran parte dei casi, come una forma di assistenzialismo e di spreco, a beneficio di soggetti in grado di acquistare un’abitazione anche senza l’aiuto pubblico.
Se ne ha conferma nei casi in cui oltre all’importo unitario del contributo si conoscono anche i prezzi – effettivi o massimi da non superare – delle abitazioni. In Lombardia la quota del prezzo dell’abitazione coperta dal finanziamento pubblico oscilla tra il 2,1 e il 5 per cento; in Emilia-Romagna, con il nuovo bando post sisma, il contributo base di 20mila euro incide per meno del 5 per cento sui prezzi degli alloggi più costosi offerti in vendita.
Il contributo per l’affitto
La Toscana è la sola Regione ad avere promosso una politica per favorire l’autonomia abitativa dei giovani attraverso la concessione di un contributo per il pagamento del canone di affitto. Per tre anni, giovani coppie e singoli – in possesso dei requisiti soggettivi richiesti – che affittano un’abitazione possono richiedere un contributo che oscilla tra 1.800 e 4.200 euro annui (tra 150 e 300 euro al mese). L’importo è inversamente commisurato alla fascia di reddito di appartenenza del beneficiario, mentre cresce con il numero di figli del nucleo familiare. Soprattutto per le famiglie più bisognose, l’aiuto può contribuire ad abbattere in misura non trascurabile l’onere del canone.
Dei primi due bandi emanati, hanno beneficiato 2.103 nuclei di giovani, con un contributo medio annuo di 2.850 euro circa. Con questo importo medio, i 45 milioni di euro attribuiti al programma, permetteranno a circa 5.250 giovani di ricevere un contributo per tre anni.
Fabbisogno finanziario ed equità
Nel caso di una eventuale politica statale a favore dei giovani, la scelta tra sostegno all’affitto e sostegno alla proprietà non può rispondere a opzioni ideologiche, ma deve ispirarsi a valutazioni di efficacia e considerare lo specifico contesto di finanza pubblica.
Un programma il cui obiettivo fosse quello di aiutare i giovani nell’acquisto di un alloggio è condizionato alla disponibilità di un ammontare di risorse sufficienti per concedere un contributo unitario effettivamente incentivante, oscillante cioè tra il 20 e il 30 per cento del prezzo dell’abitazione. Con un prezzo medio della abitazioni di 200mila euro (importo da considerare per difetto nelle città medie e grandi), per aiutare 100mila giovani occorrono tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Cifre difficili da trovare nel bilancio dello Stato.
L’ammontare di risorse necessarie è più contenuto nel caso dell’erogazione di un contributo per il pagamento dell’affitto. Con un importo medio dell’aiuto di 2mila euro, per ogni 100mila contratti d’affitto occorrono 200 milioni di euro all’anno: un “accompagnamento” all’autonomia abitativa per cinque anni costerebbe 1 miliardo di euro.
Nella scelta del titolo di godimento da incentivare, oltre al fabbisogno finanziario, non dovrebbe essere trascurata la componente legata all’equità: una politica di sostegno al canone aiuta soprattutto i giovani economicamente meno forti appartenenti a famiglie non in grado di contribuire al pagamento del prezzo delle abitazioni o delle rate dei mutui.
Nel contesto economico di questo nostro momento, non andrebbe, forse, trascurata neanche un’altra considerazione: i contribuiti per l’affitto è molto probabile alimentino i consumi, mentre i giovani che acquistano una casa devono avere un’elevata propensione al risparmio.
(1) Questo articolo aggiorna le analisi svolte in Lungarella R., “Le politiche statali e regionali per l’autonomia abitativa dei giovani”, in G. Cordella , S.E. Masi., Condizioni giovanili e nuovi rischi. Quali politiche?, Carocci editore, Roma, 2012.
(2) Per ragioni di spazio, questo elemento non viene qui indagato: si prende in considerazione il solo aspetto relativo all’efficacia dell’incentivazione economica.
Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".