Quattro signore governano o si preparano a governare le democrazie che fanno la storia delle Americhe: Dilma Rousseff presidente del Brasile, Cristina Kirchner, Argentina, mentre Michelle Bachelet torna alla Moneda in Cile probabilmente al primo turno di novembre. Per non parlare di Hillary Clinton impegnata nella rincorsa alla poltrona che Obama lascerà nel 2016. Signore più o meno della stessa età, 60-70 anni, in politica da mezzo secolo: non sempre rose e fiori.

Quand’era ragazza Dilma volta le spalle alla famiglia agiata: guerrigliera contro la dittatura. Catturata, torturata, liberata in uno scambio di prigionieri si forma nell’Ava – na del Che, ma ritrova la concretezza appena la vita diventa normale. Laurea in Economia, erede politica di Lula, guida un benessere dalla crescita disuguale: ricchi sempre più ricchi anche se la sinistra al governo strappa alla povertà 30 milioni di diseredati. Sotto i riflettori di calcio e Olimpiadi adesso chiedono la fine della corruzione e la dignità negata. Dilma affida ai magistrati di tagliare le mani lunghe che umiliano il Brasile. Ministri in prigione, ma la folla non si accontenta: pretende riforme strutturali. E la presidente sta trattando. Anche Cristina Fernandez Kirchner è sfuggita ai militari P2 che avevano espugnato la Casa Rosada. Vent’anni dopo marito e moglie si riaffacciano mentre la democrazia precipita nel default. È impegnata nel braccio di ferro con le grandi famiglie del-l’informazione. Controllano giornali, radio, Tv, dall’impero Clarin al monopolio del-l’unica cartiera del paese. Cristina vorrebbe un’informazione equilibrata: Stato, privati, Ong o associazioni culturali. I privilegiati resistono. 

Da qualche mese Michelle Bachelet è tornata da New York dove dirigeva il dipartimento donne delle Nazioni Unite. Il passato è un lungo dolore. Torturata assieme alla madre, il padre non esce vivo dalle segrete di Pinochet. Espulsa dal Cile, si laurea in Medicina a Berlino Est. Simpatica, socialmente impegnata nella quotidianità, sentimentalmente disponibile ad amori che non nasconde. Nel 2005 eredita dal presidente Lagos la poltrona della Moneda; adesso ricomincia allargando il centrosinistra (sfinito da una democrazia cristiana alla deriva) al radicalismo dei movimenti studenteschi. Agitano le strade per pretendere scuole gratuite e un sistema sanitario accessibile ad ogni cittadino.   

Movimenti guidati da un bella ragazza cresciuta in una famiglia comunista: Camila Vallejo. Dogmatica e radicale, fino qualche mese fa respingeva la candidatura Bachelet e all’improvviso non solo l’abbraccia ma ne diventa la bandiera: “Cambieremo il paese”, i sondaggi volano. Più tranquille le proiezioni italiane. L’impegno di Laura Boldrini ed Emma Bonino, buonsenso della Serracchiani, ambizioni di Daniela Santanchè guida spirituale delle spreafiche berlusconiane. Non si capisce come mai la signora Garnero (“già coniugata Santanchè” ) vent’anni dopo il divorzio ancora si avvolga nel cognome dell’ex marito.    Carriera senza traumi a parte l’amicizia col faccendiere Bisignani, trascorsi politici con La Russa, precipizio nella Destra di Storace.

Affari e politica sempre a braccetto: gestione della pubblicità del Giornale di Paolo Berlusconi diretto da Sallusti, ultimo compagno. Affari notturni nel Billionaire di Briatore e la voglia della vicepresidenza della Camera. Se le grandi donne d’America chiedono alla magistratura di ripulire il Paese, la Santanchè chiede al paese di liberarsi della magistratura. Possiamo capire perché.

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