Sono concordi nello spiegare la loro partecipazione: come durante la guerra partigiana, anche oggi “è importante esserci perché occorre ancora resistere”. Per questo Bebo Storti e Ivano Marescotti parteciperanno alla 12esima edizione del “Festival di Resistenza. Teatro per la memoria. Premio Museo Cervi”, la manifestazione organizzata dall’Istituto Alcide Cervi a Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, che parte il 3 luglio e che si estende per oltre 3 settimane, fino al 25 luglio, anniversario – il numero 70 – della caduta del fascismo e dell’inizio della lotta di Liberazione. E data che ricorda anche la serata del 1943 quando la famiglia antifascista dei Cervi offrì una pastasciutta per festeggiare la fine di vent’anni di dittatura.

Se quest’anno quel gesto sarà rievocato a Gattatico ma anche in un’altra dozzina di località (tra queste Milano, Vicenza, Verona, Busto Arsizio e Sasso Marconi mentre altre sono in corso di individuazione), sono loro, l’attore di origine toscana e lombardo d’azione e il suo collega di Villanova di Bagnacavallo, i testimonial di questa non stop estiva che fa del teatro la proprio base e che per partire ha visto molte collaborazioni, come quelle dell’Istituto regionale per i beni culturali, del Comune e della Provincia di Reggio Emilia e dell’amministrazione di Parma.

Per Storti, che sarà protagonista della serata conclusiva, “vale la pena partecipare perché così possiamo testimoniare che ci siamo e che vogliamo resistere. Penso sia importante indipendentemente dai proprio convincimenti politici e per rendersene conto basta guardarsi intorno. Non si può non convincersi che, come l’Italia di 70 anni fa andava liberata dai nazifascisti, adesso va liberata da uomini da nulla che non sarebbero nessuno se non avessero nelle loro mani potentati mediatici ed economici”.

Dal canto suo Ivano Marescotti, figlio di partigiani e cresciuto nella cultura dell’antifascismo, “la Resistenza non è mai finita. Oggi fa male pensare che gli ultimi testimoni di quell’epoca se ne stiano andando. E’ importante partecipare a un festival come quello di Gattatico. Ma è altrettanto importante leggere, informarsi, iscriversi all’Anpi. Si pensi a quello che scriveva Primo Levi in ‘Se questo è un uomo’: ciò che è accaduto, può accadere di nuovo. Lo si vede dal razzismo ancora presente e altrettanto presente è il fascismo, inventato da noi italiani, anche se oggi talvolta è più difficile da individuare. Queste sono solo alcune delle buone ragioni per cui essere presenti”.

Da questo punto di vista le attività dell’Istituto Alcide Cervi, presieduto da Rossella Cantoni, rappresentano dunque una “boccata d’ossigeno” nel panorama nazionale. Creato nel 1972 in memoria del padre dei 7 fratelli Cervi, gli antifascisti fatti prigionieri e fucilati nel poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre 1943, il centro ha dato vita nel corso del tempo a un museo di storia contemporanea, alla biblioteca e archivio Emilio Sereni, che fu uno studioso del mondo contadino, a un parco agro-ambientale sul patrimonio naturale della media pianura padana, e a iniziative didattiche e pubblicistiche che hanno contribuito a tenere viva la memoria della Resistenza.

Poi il festival. “È una rassegna che indubbiamente è diventata un appuntamento consolidato”, spiega Rossella Cantoni. “Siamo riusciti a introdurre in un museo tanti linguaggi diversi e usare quello del teatro è stata una scelta di campo che traduce in contenuto il vero valore di un luogo di memoria attraverso la rilettura della Resistenza del passato e del presente”. La rassegna, che nelle precedenti edizioni ha registrato una media di 150 presenze a serata fino a punte di 2500 in quella conclusiva, quest’anno apre il 3 luglio con la presentazione della rassegna e con “Lo schermo sul leggio”, evento durante il quale Ivano Marescotti commenta “I sette fratelli Cervi”, film del 1968 girato da Gianni Puccini con l’aiuto di un allora giovanissimo Gianni Amelio, già ai tempi alla terza collaborazione con il regista piemontese. Dopodiché gli appuntamenti successivi saranno incentrati sul teatro. Si prosegue infatti il 7 luglio con “Luigichesempretipenza – Piccole cronache di un emigrante (in sette movimenti)” di e con Gigi Borruso e Serena Rispoli mentre tre giorni più tardi gli eventi in programma sono due.

Si parte alle 19.00 con “Scrivere per il Teatro. nuovi scrittori per nuove scritture”, dibattito a cui partecipano Remo Melloni della scuola d’arte drammatica di Milano Paolo Grassi, ed Emanuele Aldrovandi del centro teatrale MaMiMò di Reggio Emilia che quest’anno è stato il vincitore della 19esima edizione del premio nazionale Luigi Pirandello. Si prosegue poi alle 21.30 con la rappresentazione “Scalpiccii sotto i platani – L’estate del ’44 a Sant’Anna di Stazzema” di e con Elisabetta Salvatori che sarà accompagna dal violinista Matteo Ceramelli.

Doppio appuntamento anche domenica 14 luglio con la conversazione “Il Teatro all’incontrario. Il Teatro Sociale di Gualtieri e il Teatro Sociale di Luzzara come esempio di (nuova) lettura del teatro contemporaneo” (ne parleranno di nuovo Melloni questa volta con Riccardo Paterlini e Simone Terzi) e lo spettacolo “L’Italia è il Paese che amo” di e con Veronica Capozzoli, Antonio Lombardi, Luca Serafini e Emanuele Tumolo. Il calendario di martedì 16 luglio propone il dibattito iniziale “Un teatro per il territorio” seguito da “Pane e rose – Storie di pace e di libertà. Una rivolta guidata dalle donne”, scritto, diretto e interpretato da Monica Morini e Bernardino Bonzani.

Si prosegue sulla stessa scia nelle giornate successive, il 18 e il 23 luglio, con “This is the only level” di Lorenzo Maragoni e “La madre” di Bertolt Brecht nella rivisitazione di Carlo Cerciello. Infine, il 25 luglio, la cerimonia di premiazione dei due vincitori tra gli spettacoli presentati nelle serate precedenti è al centro della serata conclusiva. Novità di quest’anno, infine, sono l’introduzione di un terzo classificato, a cui verrà assegnato il premio del pubblico, e il bando di nuova drammaturgia per “rilanciare la ricerca di nuovi modi di raccontare uno snodo e un periodo fondamentali della nostra storia ma anche un topos dell’immaginario collettivo”.

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