(Continua dalla prima parte)

“Si potrebbe vivere di turismo” è il luogo comune di chi pensa alla Sicilia (così come all’Italia) per come potrebbe essere e non già per come è. Per come è, di turismo si può tranquillamente fallire e infatti si fallisce. Ma anche qui la leva dell’incentivo economico sul potenziale di turisti e viaggiatori che potrebbero venire e che non vengono, c’è e c’è tutta, solo che vanno rimossi i disincentivi. L’investitore che volesse accollarsi la gestione del patrimonio culturale potrebbe puntare a integrare i ricavi delle biglietterie con altri tipicamente turistici: alberghi, ristorazione, trasporti (linee aeree e navi da crociera), ecc., ma anche qui con la garanzia ex ante di non impantanarsi nella malaburocrazia.

In tal modo il gestore, in regime di concessione, potrà investire in modo efficiente nella professionalità e nell’orientamento all’utente di tutto il suo personale (gli orari saranno previsti in funzione delle necessità dei visitatori e non della comodità di chi ci lavora, come si è preteso fare sinora) e soprattutto nelle tecnologie multimediali funzionali alla migliore comprensione e valorizzazione di tali beni culturali.

Immaginiamo la scena: arriviamo nella Valle dei Templi (ma il discorso varrebbe anche per Piazza Armerina, Morgantina, Selinunte, Segesta, Siracusa, ecc.) e, dopo aver pagato un adeguato biglietto, veniamo introdotti in un ambiente fresco e pulito (penso ad una struttura leggera) in cui viene proiettato un filmato (sottotitolato in altre lingue o tradotto in cuffia per gli stranieri) dove, con rigore scientifico, ma con un taglio divulgativo, viene illustrata la vita quotidiana, le tecniche di costruzione, gli eventi storici che hanno segnato quel sito e la gente che vi ha vissuto (con gli opportuni raffronti: mentre qui si costruivano teatri e templi, come si viveva a Londra, Parigi o New York?). Il percorso prosegue poi, magari con l’aiuto di un’audioguida registrata in più lingue se non di un visore di realtà virtuale, a spasso per il sito archeologico, per giungere poi all’eventuale museo e finire, con un’adeguata azione di merchandising, in un’apposita struttura di vendita (anche qui basterebbe una struttura prefabbricata) dotata di servizi igienici, puliti e funzionanti e di servizi di ristorazione con inservienti sorridenti ed educati. Sono previste anche visite personalizzate con guida competente e almeno bilingue, con un supplemento di prezzo, ovviamente! Di notte, una sapiente tecnica di illuminazione rende ancor più magici questi luoghi agli occhi dei visitatori notturni, perché no?

Quali sarebbero i vantaggi per la Regione Siciliana? Avrebbe innanzitutto la garanzia di preservare il suo patrimonio culturale sotto il controllo delle Sovrintendenze (e, attraverso queste, degli studiosi) con garanzie bancarie tali da poter disporre interventi di restauro e manutenzione addebitandoli direttamente al gestore; non avrebbe più il costo pubblico della gestione mentre introiterebbe una royalty sul fatturato del gestore e, soprattutto, favorirebbe l’ingresso di un operatore economico portatore di professionalità e tecnologie capaci di innalzare il livello della competizione economica.  

Uno dei vantaggi della globalizzazione è quello di aver creato in India, Cina, Russia, Brasile, Sud Africa, ecc. centinaia di migliaia, se non già qualche milione, di cittadini ad alto reddito che, dopo aver soddisfatto altre esigenze primarie, potrebbero cercare, come viaggiatori, stimoli culturali nel nostro Paese. Non illudiamoci però: se non siamo stati capaci di farlo prima, non possiamo improvvisarci proprio ora, dobbiamo lasciar fare a chi sa fare, traendone semmai un vantaggio: a differenza di marchi o fabbriche, i monumenti non traslocano. 

I documentari di divulgazione di maggiore qualità, facciamoci caso (vedi History Channel), sono principalmente anglosassoni, incapaci come siamo di valorizzare il nostro passato e di stimolare l’interesse delle giovani generazioni distratte da altro: servono idee un po’ fuori dagli schemi consueti. E’ noto che del patrimonio archeologico siciliano, come ben sanno i tombaroli, gran parte ancora non è tornata alla luce. Perché non riaprire campagne di scavi, sotto la guida delle autorità preposte allo studio e alla conservazione dei beni archeologici, a studenti italiani ed esteri ”gratis et amore culturae”, magari, con il finanziamento di sponsor? Si abbatterebbero i costi di scavo per quella parte del lavoro (sicuramente rilevante) che richiede un intervento solo di supervisione dell’archeologo mentre si alimenterebbe in questi ragazzi, magari per tutta la vita, la conoscenza e l’amore per il nostro patrimonio culturale. Fortunatamente, i ragazzi riescono a divertirsi e a stare bene, se motivati e in compagnia, anche in condizioni spartane.

In conclusione, con le garanzie delle Sovrintendenze per la tutela dei beni assieme a quelle bancarie prestate dal gestore, l’abbattimento dei costi contro i ricavi da royalty sui fatturati, maggiori flussi esteri di turisti veicolati dal gestore, non vedo, se non ragioni ideologiche, per difendere un indifendibile status quo.

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