Niente cura per riorientare le preferenze sessuali dei gay brasiliani. E’ stata ritirata a poche ore dal voto dell’aula, la contestata legge approvata a fine giugno nella commissione diritti umani del Parlamento brasiliano, che rischiava di vedere inserita nell’ordinamento del Paese sudamericano una norma, in contrasto con le indicazioni dell’Oms, e in controtendenza con la stessa linea del governo che solo alcune settimane fa ha dato il via libero ai matrimoni gay. Dopo mesi di polemiche, grazie alle proteste di piazza, alle pressioni sempre maggiori da parte di società civile e associazioni per la difesa delle pari opportunità, unite all’impegno diretto della ‘presidenta’ Dilma nel compattare la maggioranza contro il disegno di legge, ha spinto lo stesso firmatario Joao Campos, a fare un passo indietro. La legge il cui iter per l’approvazione era arrivato già molto avanti, è comunque approdata alla camera dei deputati nella serata di ieri. Con procedura di urgenza si è votato però non più sul merito della disposizione ma sul ritiro. Cambiato il quadro politico e sociale, sarebbe stato impossibile il successo di un secondo ‘blitz’ dopo quello relativo alla stessa approvazione in commissione.
Il testo era stato infatti licenziato in seno alla commissione diritti umani lo scorso 18 giugno, per volere del controverso pastore evangelico Marco Feliciano che la presiede. La polemica sui contenuti della legge e sulla figura stessa del deputato del Partito Sociale Cristiano, ritenuto omofobo e xenofobo, era già forte dal mese di marzo quando per una serie di coincidenze politiche era arrivato a sedere sulla poltrona più alta dell’importante organismo parlamentare. La questione è stata una delle più dibattute in questi mesi, e richiamata più volte anche tra i motivi delle proteste delle scorse settimane. Per questo la presidente Dilma, dopo aver incontrato i rappresentanti delle associazioni di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, aveva promesso l’appoggio del suo partito, e garantendo di far valere tutto il suo peso politico per far rigettare la proposta che avrebbe segnato un grave passo indietro nel Brasile in tema di pari opportunità. E in controtendenza, dopo che appena qualche settimana fa il parlamento ha approvato i matrimoni tra omosessuali. Alla fine non ce n’è stato bisogno.
Quella voluta da Feliciano era una legge contraria ai principi dell’Oms e alle indicazione dei paesi più evoluti, che introduceva una vera e propria terapia, attraverso trattamento psicologico mirato contro l’omosessualità, per una “reversione dell’orientamento sessuale”. Appena lo scorso sabato nel corso di una manifestazione in difesa della famiglia a San Paolo, il deputato pastore aveva dichiarato che “L’omosessualità non è una malattia, ma un comportamento. E essendo un comportamento può essere riorientato”. Aggiungendo di ritenere una “crudeltà” l’eventuale non approvazione.
Il dibattito sul caso non è destinato a esaurirsi nonostante il ritiro della legge. Le parole di Feliciano riecheggiano in tutti gli ambienti brasiliani da tempo. Posizioni per le quali era divenuto famoso già prima della sua elezione e che rischiano di costargli caro. A inizio anno, il procuratore generale della Repubblica Roberto Gurgel lo aveva denunciato, giudicando come discriminatorie alcune sue uscite pubbliche. In particolare un tweet nel quale affermava che “I putridi sentimenti degli omosessuali causano odio, crimine e rigetto”. Accuse non nuove, come pure quelle contro la comunità nera. Molte critiche gli era valsa la sua opposizione all’aborto anche in caso di stupro. Ma è stata l’indicazione poco opportuna alla presidenza della commissione diritti umani a causare le polemiche più forti. Essendo impossibile allontanarlo, ed essendo lui ben lungi dalla possibilità di dimettersi, numerose associazioni a difesa dei diritti umani hanno anche ipotizzato di ricorrere all’Onu e all’Osa per tentare di spuntare una moratoria contro Feliciano. Archiviata la pratica alla Camera Feliciano dovrà continuare a difendere le sue idee anche fuori dal palazzo.