Da 'ruota di scorta' del partito dei Fratelli Musulmani per la corsa alla presidenza a nuovo rais ormai avviato alla destituzione, sotto la pressione della piazza, dai militari. E’ la breve parabola di Mohamed Morsi, 62 anni, master e insegnamenti universitari di ingegneria negli Usa e nel suo Paese
Da ‘ruota di scorta’ del partito dei Fratelli Musulmani per la corsa alla presidenza a nuovo ‘faraone’ ormai avviato alla destituzione, sotto la pressione della piazza, dai militari. E’ la breve parabola di Mohamed Morsi, 62 anni, master e insegnamenti universitari di ingegneria negli Usa e nel suo Paese.
Nato nel 1951 a Sharqiya nel Delta del Nilo, Morsi era la ‘seconda scelta’ del suo partito per la candidatura, perché meno carismatico di Khairat El Shater, uomo d’affari e vice Guida suprema della Fratellanza escluso dalla commissione elettorale. Accreditato come un “simbolo della rivoluzione” durante la campagna elettorale, Morsi era stato parlamentare indipendente tra il 2000 ed il 2005, e nel 2006 era finito in carcere dopo avere denunciato brogli elettorali. Da parlamentare aveva combattuto contro la corruzione ma anche dato prova di conservatorismo sociale: di lui si ricordano le critiche alle riviste con copertine di nudi, alle scene ‘immorali’ in tv, ai concorsi di Miss Egitto contrari alle “norme sociali, alla Sharia e alla costituzione”. Ma nel suo programma per le presidenziali Morsi fece poi entrare anche l’impegno contro ogni discriminazione ai danni delle donne nella società egiziana.
Rimasto in gara al secondo turno contro l’ultimo premier del periodo Mubarak, Ahmad Shafiq, fu proclamato vincitore con quasi il 52% dei voti, molti dei quali giunti anche dai giovani della rivoluzione e del fronte laico e liberale, che si “turarono il naso” pur di non vedere tornare al potere un uomo del passato. Ma dal giorno del suo insediamento in carica, il 30 giugno 2012, la sua strada è stata piena di ostacoli e tensioni. Dal muro contro muro con la magistratura, cominciato con la sua decisione di riconvocare quell’Assemblea del popolo a maggioranza islamista che la Corte costituzionale aveva sciolto un mese prima, e proseguito con la dichiarazione costituzionale del 22 novembre, in cui sottraeva i suoi decreti ad eventuali annullamenti da parte dei giudici e rimuoveva il procuratore generale (reintegrato proprio ieri). Fino al confronto-scontro con la piazza, che si intensificava a fine 2012 con le manifestazioni davanti al palazzo presidenziale e proseguiva nel nuovo anno, con puntuali, pesanti bilanci di morti e feriti.
Nel Paese è salito intanto il malcontento per la crisi economica, i black out energetici, il calo del turismo e la disoccupazione; è cresciuta la rabbia degli oppositori che hanno iniziato a considerare Morsi un dittatore, e a temere per una costituzione giudicata troppo aperta a interpretazioni islamiste; è aumentato il disagio per quella che è stata percepita come incompetenza della Fratellanza a governare, associata alla volontà di concentrare cariche e poteri. Ad alzare la tensione il ripetersi di scontri interconfessionali tra cristiani e musulmani con esiti spesso sanguinosi, ma anche l’aggravarsi della situazione di insicurezza nel Sinai, ‘terra di nessuno’ e regno di milizie armate, o l’aprirsi del nuovo fronte con l’Etiopia sull’uso delle acque sul Nilo.