Cultura

Film, oltre il guado: il ritorno all’horror dello scomodo Bianchini

Across The River - Lorenzo BianchiniChiunque si muova nel panorama dell’horror indipendente dovrebbe seriamente temere Lorenzo Bianchini. Uno fastidioso, scomodo, capace di fornire un’idea nettissima di quanto l’indulgenza che spesso accordiamo alla visione di prodotti low budget possa essere ingiustificata: i suoi film girati in video possono anche non piacere, ma funzionano perfettamente, senza goffaggini e insicurezze. Con budget perfino minori rispetto a quelli di altri colleghi, in poco più di dieci anni, questo friulano, classe 1968, ha saputo costruire un pugno di storie di insolito rigore formale in cui la realtà si piega lentamente verso lo squilibrio, la paranoia e l’orrore metafisico.
 
Invece di giocare alla simulazione, a quella finta grandezza che una piccola o piccolissima produzione non può certo sostentare, Bianchini ha sempre scelto la formula inversa, immergendo le sue finzioni in set naturali o famigliari, in una scuola, in una biblioteca, in una villa prestata chissà da chi oppure in una zona boschiva del Friuli orientale; agli attori non professionisti – ottima pensata – mette in bocca il loro stesso dialetto evitando così incertezze di dizione, verbi smozzicati e frasi che suonerebbero incredibili. All’ultimo Taormina Film Fest, bell’approdo per un appassionato che si tiene stretto il proprio lavoro facendo il regista soltanto per passione, è passato il suo ultimo lungometraggio, Oltre il guado, un horror raffinato in cui la schiettezza di Lidrîs cuadrade di trê e Custodes Bestiae si mescola alla maturità del troppo sommerso Occhi, rarefatto incubo psicologico ottimamente interpretato da Giovanni Visentin.

Giunto con il camper in un bosco friulano, ai confini con la Slovenia, per censire e studiare il comportamento degli animali della zona, l’etologo Marco Contrada attraversa un guado oltre il quale sorge un villaggio abbandonato in cui scopre un’insolita attività predatoria. Con l’eccezione di due anziani che abitano nei pressi della foresta e di pochissimi altri personaggi visibili in brevi frammenti, la vicenda si coagula tutta intorno ad un naturalista diviso tra il proprio ordinario lavoro e uno sempre più straordinario. E una volta tanto, quelle “riprese notturne rubate” da nuovo canone dell’orrore – alla The Blair Witch Project insomma – trovano coerenza e giustificazione nell’attività stessa dello studioso, che ha installato una videocamera su una volpe per poterne monitorare il comportamento a distanza: è proprio visionando quelle imprevedibili registrazioni che Marco sarà attirato dalla zona interdetta. La stessa logica coesione che ha portato alla scelta di non incorrere nella smania del “filmato ritrovato” sostiene la narrazione anche nella sua deviazione fantastica, funzionando per piccoli dettagli e figure retoriche visive (il bicchiere d’acqua, il fiume che si ingrossa…), impaginate dalla bella fotografia di Daniele Trani e dall’accorto montaggio dello stesso regista.

Più smaliziato dei precedenti esperimenti e quindi maggiormente accessibile al pubblico, Oltre il guado segna una svolta nel percorso di questo singolare artigiano, perché intercetta alcune mode e soluzioni dell’horror contemporaneo senza dimenticare gli omaggi alla gloriosa tradizione del cinema italiano di genere. Un film piccolo e riuscito, da cercare nei festival, da sostenere in attesa di una distribuzione nelle sale. Produce Gianluigi Perrone per Collective Pictures.