Giunto con il camper in un bosco friulano, ai confini con la Slovenia, per censire e studiare il comportamento degli animali della zona, l’etologo Marco Contrada attraversa un guado oltre il quale sorge un villaggio abbandonato in cui scopre un’insolita attività predatoria. Con l’eccezione di due anziani che abitano nei pressi della foresta e di pochissimi altri personaggi visibili in brevi frammenti, la vicenda si coagula tutta intorno ad un naturalista diviso tra il proprio ordinario lavoro e uno sempre più straordinario. E una volta tanto, quelle “riprese notturne rubate” da nuovo canone dell’orrore – alla The Blair Witch Project insomma – trovano coerenza e giustificazione nell’attività stessa dello studioso, che ha installato una videocamera su una volpe per poterne monitorare il comportamento a distanza: è proprio visionando quelle imprevedibili registrazioni che Marco sarà attirato dalla zona interdetta. La stessa logica coesione che ha portato alla scelta di non incorrere nella smania del “filmato ritrovato” sostiene la narrazione anche nella sua deviazione fantastica, funzionando per piccoli dettagli e figure retoriche visive (il bicchiere d’acqua, il fiume che si ingrossa…), impaginate dalla bella fotografia di Daniele Trani e dall’accorto montaggio dello stesso regista.
Più smaliziato dei precedenti esperimenti e quindi maggiormente accessibile al pubblico, Oltre il guado segna una svolta nel percorso di questo singolare artigiano, perché intercetta alcune mode e soluzioni dell’horror contemporaneo senza dimenticare gli omaggi alla gloriosa tradizione del cinema italiano di genere. Un film piccolo e riuscito, da cercare nei festival, da sostenere in attesa di una distribuzione nelle sale. Produce Gianluigi Perrone per Collective Pictures.