C’è un aereo presidenziale su cui vola un presidente di una democrazia amica dell’America latina. Sta viaggiando per i fatti suoi sopra l’Europa quando scopre che non può sorvolare l’Italia, la Spagna, la Francia e il Portogallo. Dicono che non può farlo perché a bordo del suo aereo presidenziale, che in quanto tale gode di totale immunità, soprattutto se al suo interno viaggia il presidente stesso, nel caso della nostra storia Evo Morales, presidente della Bolivia, potrebbe essere nascosto un giovine accusato di un delitto in un altro Paese.
Questo aereo presidenziale diretto a casa, la Bolivia, è costretto a fare scalo (uno scalo obbligato di 14 ore) nell’aeroporto di Vienna, in Austria, unico paese che gli consente di atterrare.
Non c’è alcuna ragione per la quale quattro paesi europei, sovrani, debbano impedire a un capo di stato amico, in tempo di pace, di sorvolare il loro suolo o attraversare il loro spazio aereo. Si vocifera però che il presidente andino ospiti a bordo del suo jet un pericoloso criminale ricercato in tutto il mondo per aver svelato che il governo del suo Paese, gli Stati Uniti, ficca il naso nella privacy di mezzo mondo. Va bene, allora dicevamo non c’è nessuna ragione tranne la cessione di sovranità a un Paese terzo, in questo caso gli Stati Uniti.
È interessante osservare come governi europei, di fronte a un atto illegale, la violazione della privacy da parte di organismi statali statunitensi anche a danno di istituzioni e di cittadini europei, preferiscano mettersi al servizio del Paese che commette l’illecito piuttosto che al servizio delle vittime (in questo caso degli stessi cittadini europei).
È bizzarro osservare come si preferisca incrinare rapporti diplomatici con paesi amici e violare accordi internazionali per obbedire agli ordini di qualcun altro, che ha già dimostrato in che considerazione tenga i suddetti popoli europei.
Non ci si deve meravigliare che le spie facciano le spie, che lo squalo faccia lo squalo, che il più forte detti le regole e che il subalterno (o cane da guardia) le esegua, anche contro se stesso, nel più classico cliché del discorso dello schiavo.
Fa sorridere invece la grottesca indignazione che i membri del governo italiano mostrano nei confronti degli Stati Uniti, quell’indignazione di facciata di chi non conta nulla (e lo sa) e che ormai viene espressa addirittura contro voglia, senza nemmeno cercare di convincere l’audience. Vedere Emma Bonino, tenace ministra, una vita spesa da paladina dei diritti umani, che oggi appare sotto tono nel tentativo di difendere l’indifendibile. Battuta miseramente sul suo stesso campo.
Rimaniamo pazientemente in attesa di vedere cosa si inventeranno i rappresentanti della nostra patria e della nostra bandiera, oltre a bandire l’espressione “Italia paese di merda”, considerata da oggi vilipendio, per difendere il nostro onore, il nostro suolo patrio e i nostri sacri valori.