Grecia. A bordo di Mediterranea le notizie, le voci, s’inseguono. E non sono buone, somigliano ai cori funebri, ai rosari intorno al capezzale.
Nell’arcipelago greco delle Ioniche, 2.662 ettari dell’isola di Meganisi, mezza isola, sono stati venduti a uno dei maggiori banchieri americani. Sul suo profilo incontaminato è immediatamente apparsa una ruga profonda, una strada scavata nella roccia a suon di ruspe e dinamite. Poco tempo fa ho navigato qui, e quella strada non c’era. Servirà a trasportare cemento per costruire ville, 14 in tutto, da rivendere a 27 milioni l’una ad attori e magnati, circolano già i loro nomi. Dunque l’isola forse più bella dell’arcipelago delle ioniche, dove ieri sera abbiamo dormito soli, in una piccola rada, senza elettricità, rumori…ben presto non esisterà più.
Pare che anche l’emiro del Qatar Hamad Bin Khalifa Al Thani, proprietario del Paris Saint-Germain, abbia acquistato sei isole tra Itaca e la terreferma, nell’arcipelago delle Echinadi, tra cui Oxia, verde e incontaminata, dove eravamo qualche settimana fa, ignari e carichi di meraviglia. I veneziani le chiamavano Isole Curzolari, e furono tra i teatri della battaglia di Lepanto. Sembra che l’emiro voglia costruirci case faraoniche, con bagni da 250 metri quadrati. Le ha pagate otto milioni di euro, come fossero gratis.
Anche Skorpio è stata venduta. Roba tra miliardari: la nipote di Onassis l’ha ceduta per 100 milioni (per 90’anni) al magnate russo Dmitrij Rybolovlev, l’ex re dei fertilizzanti padrone del Monaco Futbolclub, che l’ha acquistata e regalata alla figlia. Chissà cosa ne farà. Il grande armatore Onassis però era stato sobrio, aveva costruìto solo tre case, piantato oltre 200 tipi di alberi, portato l’acqua dalla vicina Lefkada. L’isola che abbiamo osservato pochi giorni fa infatti è verde, ordinata, quasi incontaminata. Chissà per quanto lo rimarrà.
E poi i cinesi, che non mancano mai. Stanno acquistando isole qua e là, quel che rimane. Non si sa ancora quali, né per farci cosa, anche se la gente qui dice di sapere: petrolio. Soprattutto tra Itaca e Lefkada. Petrolio da estrarre, in grado di rendere tanto denaro, capace di distruggere l’intero ecosistema. Che fine farà la dolce foca monaca che ti sorride tra i baffi sul lungomare del porticciolo di Argostoli?
Sono gli effetti della crisi finanziaria, il segno dei tempi. Un arcipelago meraviglioso, che dovrebbe essere protetto come un tesoro inestimabile dalla comunità internazionale, o dal suo Paese, è in vendita. Come altri patrimoni naturali è visibile su un catalogo, rigorosamente online: www.privateislandsonline.com. Tutto molto semplice, come distruggere il Mediterraneo.
Ieri e nei giorni scorsi abbiamo raccolto queste voci dalla gente, i greci che vivono qui, e visto i primi segni, le ferite già inferte sui crinali. Non solo voci di piazza, non solo articoli sui giornali. Ho cerato di capirci qualcosa di più, ho raccolto riscontri, gli articoli di Dragosei sul Corriere, gli articoli su il Fatto Quotidiano e sul Cambiamento. La sera, a bordo di Mediterranea, l’equipaggio aveva facce lunghe, una grande tristezza ci aveva reso muti. Siamo per mare da quasi 70 giorni, sempre qui, a fare la differenziata, alimentati solo dal pannello solare, spinti dal vento non appena sale, meravigliati di tanta bellezza. Poi però guardiamo la strada che ferisce Meganisi, le frane di detriti fatte precipitare a mare. Capiamo che è tutto vero, che queste isole presto non saranno più le stesse. Il nostro sorriso scolora, scompare. Ci viene quasi da piangere.