È tempo di crisi anche per la poesia: sono decine e decine i Festival che si sono chiusi in questi ultimi tre anni, falcidiati dai tagli degli Enti locali e dello Stato che in Italia, al contrario che altrove, colpiscono prima di tutto cultura e ricerca.
Sopravvivono, con un meccanismo di ‘trust’, di ‘cartello’, inquietantemente simile alle dinamiche economiche, solo gli eventi più grandi, le elefantiache macchine letterarie in cui il corpaccio obeso dei best-seller e dei loro bulimici autori schiaccia e annulla ogni ricerca e sperimentazione artistica, ogni curiosità, schiavi di un meccanismo di ‘share’ che spazza via le arti più ‘deboli’, la poesia e i poeti per primi, fatti salvi quei pochi nomi, con o senza Nobel, con o senza raccolta nello Specchio Mondadori, abbastanza abili da aver costruito il proprio piccolo feudo: televisivo, accademico o lobbistico che sia.
Quelli che hanno chiuso sono soprattutto i Festival più piccoli e spesso più belli, quelli che invece resistono, con l’eccezione del Festival Internazionale di Genova – sono spesso i più scontati, quelli che si limitano a riproporre sul palco una sorta di crestomazia ad alta voce di autori che nulla hanno a che fare con lo spoken word, regno dei ‘poeti muti’, che dai libri giungono sino sul palco senza mediazione alcuna, come per caso, o, meglio, per diritto divino, balbuzie compresa.
È dunque particolarmente importante che un evento come il marchigiano La punta della lingua, ottimamente diretto da Luigi Socci, continui e resista, con la sua mai sazia curiosità di scoprire nuovi confini per la poesia e anche quest’anno con ospiti di grandissimo valore che è molto difficile incontrare in Italia.
La star è certamente Roger McGough, inglese di Liverpool: notissimo in patria, la sua strada ha incrociato quella dei Beatles (è uno degli autori di Yellow submarine), di Dylan, della grande stagione del pop e del rock internazionali, convinto assertore della poesia-performance, ironico acrobata di suoni e parole.
Insieme a lui, tra il 4 e il 9 luglio, ad Ancona e nel Parco del Conero, arriveranno tanti altri poeti italiani e internazionali, tra cui Harry Baker, campione mondiale di Poetry Slam, Stefano Raspini e Sergio Garau due ottimi autori di spoken word e il vulcanico Antonio Rezza, un altro giocoliere delle parole e del corpo che da tempo frequenta la poesia.
Non bastasse, si rinnova anche l’appuntamento con la Facebook Poetry. Dalle 10 di sera dell’8 luglio, sulla pagina Facebook del festival, decine di poeti da tutta Italia si collegheranno e competeranno tra di loro: dati il primo e l’ultimo verso e una lunghezza massima di dieci, dovranno produrre, entro il tempo limite di 40 minuti, un testo per l’occasione.
A testimonianza che la poesia è l’arte più ‘amichevole’ di tutte, sempre disponibile a mescolarsi con l’altro da sé, che sia la musica dei Beatles, l’energia travolgente dei Poetry Slam, o l’esperienza, ancora per molti versi inesplorata, dei social network.
È proprio questo che le permette di continuare ad essere se stessa, mentre tutto, attorno a lei, cambia.
(Foto: http://www.lapuntadellalingua.it/)