Tutti a negare: “Non ci siamo riuniti contro di lui”, “Nessuna santa alleanza“, “Non è un incontro anti-Renzi“. In effetti Matteo Renzi è andato a Roma. Ma non per partecipare all’iniziativa del Pd promossa dai bersaniani che ha visto riuniti tutti i dirigenti più influenti all’interno del partito in vista del congresso: Pierluigi Bersani, Guglielmo Epifani, Dario Franceschini, Massimo D’Alema, ma anche il candidato alla segreteria Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e i ministri Flavio Zanonato e Maria Chiara Carrozza (molto vicina al presidente del Consiglio Enrico Letta). Nomi che significano correnti, correnti che portano a pacchetti di voti. Un incontro che ha fatto pensare a un “tutti contro uno”: un accerchiamento che Renzi aveva già denunciato non più tardi di due giorni fa con la metafora del “tiro al piccione”. Il sindaco di Firenze era invitato al confronto, ma a Roma si è visto solo per alcuni incontri in previsione dell’elezione del nuovo presidente dell’Anci.
Ormai è scontro aperto. Renzi reagisce, quando la riunione di via del Nazareno è terminata: “Non debbo chiedere il premesso a Massimo D’Alema per candidarmi. Il Pd piuttosto si dia una mossa e la smetta di seguire le mie mosse. Si dessero loro una mossa” dice al Tg5. Il riferimento è alle parole di alcuni giorni fa quando l’ex presidente del Consiglio aveva detto che Renzi aveva sempre detto di voler guidare la coalizione di centrosinistra: “Quindi aspetti le primarie e ci permetta di eleggere il segretario”. D’Alema aveva parlato anche in giornata: “Non nasce nessun correntone. Questa è un’idiozia, non so chi l’abbia scritta. Renzi? Credo che giochi un po’ a fare la vittima. Secondo me sbaglia, dovrebbe essere qui”. Concetto ribadito oggi sul Messaggero dal segretario del Partito Democratico Guglielmo Epifani: “La caccia non mi piace e dunque non partecipo ad alcun tiro al piccione. Non esiste alcuna Santa Alleanza contro Matteo Renzi e confermo che faremo il congresso entro l’anno”.
Ma il sindaco di Firenze replica e bisogna leggere tra le righe: “Basta con le correnti. Vedo che oggi si è riunita una corrente del Pd, cosa del tutto legittima ma sarebbe meglio invece di studiare le mosse di Renzi si dessero loro una mossa. Vedo che ormai si rinvia tutto: l’Iva, l’Imu, gli F35 e anche l’elezione della Santanchè. Spero che si sia a breve una data del congresso”. Renzi parla di una corrente sola, dando per implicito che si tratta, appunto, di un “correntone”: tutti uniti contro di lui.
L’appello all’unità di Bersani
In precedenza aveva cercato di mettere pace l’ex segretario Bersani: “Possiamo essere utili al partito e all’Italia se definiamo l’ordine del giorno del congresso. In questa fase preliminare dobbiamo confrontarci senza bandierine, tutti nessuno escluso. Nessuno può chiamarsi fuori se vuole far parte della comunità e della squadra”. Un appello all’unità perché “se il congresso sarà quello che appare ora sui giornali sarebbe un disastro e la gente ci manderebbe a sbattere”. “Il Paese – afferma Bersani – ha problemi seri e noi dobbiamo avere una narrazione su cosa sta succedendo in Italia e nel mondo perché la fase è incerta e carica di nuvole”. Per questo, prima di discutere dei candidati “dobbiamo tirarci su un po’ e far discutere la nostra gente. Al congresso dobbiamo provare a rispondere sul perché in Italia non si riescono a fare le riforme che servono e perché il governo del cambiamento rimane un orizzonte ma non è realtà”. Bersani, però, punta il dito contro un partito che si fermi solo ad ammirare il proprio leader: “Se continuiamo a fare i congressi per cercare un candidato, quando troviamo il partito? – dice l’ex segretario democratico – I candidati vanno tutti bene ma i leader sono pro tempore, espressione di una formazione politica permanente o pensiamo a un partito protesi, un partito salmeria, un partito bad company?”.
Franceschini: “Bisogna coinvolgere il sindaco”
Si mette al fianco di Renzi Dario Franceschini. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento spiega che “non c’è alcuna alleanza contro qualcuno, tantomeno Renzi. Serve un coinvolgimento di Renzi e spero che nei prossimi giorni ci sia un incontro tra lui ed Epifani perché spieghi non con interviste o retroscena che cosa lui immagina per un percorso condiviso. Dal 1996 lo sport è stato logorare il leader del momento, ma questo non va fatto con Renzi che è una risorsa, ma deve esserci una gerarchia: prima il Paese poi il partito e poi la persona”. Quanto alla divisione tra ruolo del segretario e quella di candidato premier, “può darsi – sostiene Franceschini – che il segretario diventi premier ma quando hai meno del 30% dei voti la questione più complessa è un segretario con le responsabilità che ha non è proprio avvantaggiato”. Il ministro ha messo in guardia sull’importanza del congresso del Pd perché “quello che facciamo noi condizionerà anche gli altri”. Aggiungendo che la sfida del congresso è il riformismo perché “dal 1995 siamo riusciti in tutti i tentativi anche nobili come l’Ulivo perché c’era il collante formidabile di Berlusconi. Ora o noi troviamo un collante diverso o non si sta insieme”.
All’attacco di Renzi
Se da una parte tutti si schermiscono spiegando che l’incontro di oggi non è nato in funzione di sinergia contro l’ascesa alla segreteria dell’ex rottamatore, dall’altra qualche freccia avvelenata viene comunque scoccata. A partire dal viceministro (e Giovane Turco) Stefano Fassina che in un’intervista al Manifesto spiega: “Io lavoro a costruire una proposta per un Pd adeguato ai problemi radicali che abbiamo di fronte oggi – dice – Tutti dovremmo fare così, anche chi usa il vittimismo come marketing congressuale. Scriva sul suo blog le regole che vorrebbe e la data del congresso. Noi ubbidiamo. Poi però cominciamo a parlare di lavoro e di Europa”. All’incontro, però, sembra avere toni più concilianti: “Fidiamoci tra di noi altrimenti è difficile stare insieme – afferma – Nessuno vuole fregare qualcun altro e abbiamo eletto un segretario che rappresenta tutti. Se poi ci sono proposte oscene si solleverà il problema alla commissione Congresso che rappresenta tutti ma dobbiamo parlare di più del Paese altrimenti siamo un ceto autoreferenziale incomprensibile per la gente”.
I parlamentari renziani: “Tendenza Tafazzi che sarà archiviata”
Ma la polemica non si placa facilmente. I parlamentari di fede renziana Laura Cantini e Mario Morgoni leggono nell’incontro di Roma un modo per “disfare il Pd”, parafrasando lo slogan sotto al quale è stata programmata la riunione di oggi. “Per fortuna nel Pd la tendenza ‘Tafazzi’ sta per essere archiviata – scrivono – I sondaggi ogni giorno fotografano la grande popolarità di Matteo Renzi continuare una ‘guerra’ impostata sul livore, non sarebbe solo drammatico, sarebbe ridicolo. Conosciamo bene la vita del partito e dei suoi circoli, sappiamo che c’è la voglia di guardare avanti e non indietro, di aggregare e non di dividere. La candidatura del sindaco di Firenze è ciò di cui abbiamo bisogno per tornare a sintonizzarci sulle esigenze del paese reale”. Quasi crudele il commento di altri due senatori, Stefano Collina e Isabella De Monte: “Parafrasando Pietro Nenni, si potrebbe dire ‘sala piena, urne vuote’. A chi, come Alfredo Reichlin evoca una scissione, rispondiamo che questo non è il modo migliore per iniziare un dibattito e soprattutto per parlare al Paese”. “Dibattito e documento sono ancorati al passato, e si limitano a guardare solo dentro il partito – aggiungono i due parlamentari – il problema che ha il Pd è invece quello di aprirsi e di intercettare le aspettative del Paese. La proposta di Matteo Renzi coinvolge tutto il partito ma è rivolta all’esterno, solo così possiamo tornare a vincere le elezioni”.