Due telefonate notturne da un numero anonimo. “Ti ammazziamo, ti diamo fuoco, ti facciamo finire noi”. Le prime minacce di morte per Gianluca Calì arrivano pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo che su ilfattoquotidiano.it ha raccontato la sua complessa vicenda.
“Sono rimasto particolarmente turbato: in due anni ho denunciato il racket, ho denunciato pressioni di ogni tipo, sui giornali, in tv, ma non si erano mai spinti fino a questo punto: è la prima volta che mi promettono di farmi fuori”, racconta l’imprenditore siciliano, esausto dopo una notte insonne. A rovinargli la serata due lunghe chiamate piene di insulti e minacce. “All’inizio pensavo a uno scherzo: mi chiamano da un numero anonimo ed era come se leggessero una lettera già scritta in precedenza” continua Calì, che già due anni fa aveva subito un’intimidazione dalla mafia di Bagheria: le automobili del suo autosalone distrutte dalle fiamme, perché si era rifiutato di pagare il pizzo ai boss.
“Le chiamate di stanotte però non erano uno scherzo, me ne sono accorto quando hanno iniziato a dirmi che sarei finito male, che mi avrebbero ammazzato e che non dovevo dire niente ai carabinieri perché neanche loro potevano proteggermi. A quel punto ho chiuso. Il telefono squilla però di nuovo: mi insultano, mi promettono di farmi fuori, mi intimano di non chiudere mai più la chiamata”. In totale quasi dieci minuti di improperi. Sulle minacce indagano adesso i carabinieri di Palermo, che già erano stati allertati per sorvegliare l’abitazione dove si trovava Calì a Casteldaccia, nel palermitano.
L’imprenditore siciliano era da tempo emigrato a Milano. Poi aveva deciso di aprire una concessionaria anche in Sicilia. Da lì sono cominciati i problemi. Dopo le richieste di pizzo, i danneggiamenti, l’imprenditore si è anche trovato coinvolto in una strana storia fatta di mala amministrazione e particolari inquietanti. Dopo aver comprato all’asta una villa che fu dei boss mafiosi Michelangelo Aiello e Michele Greco, se l’è vista sequestrare dalla Forestale per ben due volte. “Stato grezzo e in corso d’opera”, c’è scritto nel verbale di sequestro, come se l’immobile fosse stato stato costruito dallo stesso Calì, mentre esiste già dal 1965. A sequestrare la villa che fu di Cosa Nostra gli ispettori della Forestale di Bagheria Luigi Matranga e Giovanni Coffaro. Che poco dopo finiscono lambiti dall’inchiesta della procura di Palermo che squarcia il velo sugli “affari paralleli” di alcuni dipendenti della Forestale di Bagheria: somme di denaro estorte agli abitanti della zona, che in caso contrario avrebbero viste sequestrate le proprie abitazioni. “Era gente che si accontentava di 500 euro, ma a me non è mai arrivata alcuna richiesta estorsiva da loro” aveva raccontato Calì. Ed era balzato agli occhi come in passato la famiglia dell’imprenditore trapiantato a Milano avesse già incrociato la strada dei vertici di Cosa Nostra. Alessandro Calì, fratello di Gianluca, è l’ingegnere che dirige i lavori di ristrutturazione della villa che fu di Greco prima del sequestro. Alcuni anni fa, da presidente dell’ordine degli ingegneri, firmò il provvedimento di radiazione dall’albo di Michele Aiello, il prestanome di Bernardo Provenzano, condannato in via definitiva a 15 anni di carcere per mafia. Poco tempo fa Aiello aveva ottenuto di scontare parte della pena ai domiciliari nella sua Bagheria. Motivo? Essendo ammalato di favismo, non poteva consumare il rancio in carcere, dove evidentemente servivano solo alimenti derivati di fave e lenticchie.
twitter @pipitone87
Cronaca
Bagheria, imprenditore antimafia minacciato di morte. “Ho parlato troppo”
Dopo aver deciso di aprire un concessionario di auto in Sicilia e aver comprato all'asta una villa che fu dei boss mafiosi Michelangelo Aiello e Michele Greco, Gianluca Calì ha subito ogni tipo di intimidazione. Ora, a seguito del racconto a ilfattoquotidiano.it sono arrivate anche le telefonate minatorie: "Ti ammazziamo, ti diamo fuoco, ti facciamo finire noi"
Due telefonate notturne da un numero anonimo. “Ti ammazziamo, ti diamo fuoco, ti facciamo finire noi”. Le prime minacce di morte per Gianluca Calì arrivano pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo che su ilfattoquotidiano.it ha raccontato la sua complessa vicenda.
“Sono rimasto particolarmente turbato: in due anni ho denunciato il racket, ho denunciato pressioni di ogni tipo, sui giornali, in tv, ma non si erano mai spinti fino a questo punto: è la prima volta che mi promettono di farmi fuori”, racconta l’imprenditore siciliano, esausto dopo una notte insonne. A rovinargli la serata due lunghe chiamate piene di insulti e minacce. “All’inizio pensavo a uno scherzo: mi chiamano da un numero anonimo ed era come se leggessero una lettera già scritta in precedenza” continua Calì, che già due anni fa aveva subito un’intimidazione dalla mafia di Bagheria: le automobili del suo autosalone distrutte dalle fiamme, perché si era rifiutato di pagare il pizzo ai boss.
“Le chiamate di stanotte però non erano uno scherzo, me ne sono accorto quando hanno iniziato a dirmi che sarei finito male, che mi avrebbero ammazzato e che non dovevo dire niente ai carabinieri perché neanche loro potevano proteggermi. A quel punto ho chiuso. Il telefono squilla però di nuovo: mi insultano, mi promettono di farmi fuori, mi intimano di non chiudere mai più la chiamata”. In totale quasi dieci minuti di improperi. Sulle minacce indagano adesso i carabinieri di Palermo, che già erano stati allertati per sorvegliare l’abitazione dove si trovava Calì a Casteldaccia, nel palermitano.
L’imprenditore siciliano era da tempo emigrato a Milano. Poi aveva deciso di aprire una concessionaria anche in Sicilia. Da lì sono cominciati i problemi. Dopo le richieste di pizzo, i danneggiamenti, l’imprenditore si è anche trovato coinvolto in una strana storia fatta di mala amministrazione e particolari inquietanti. Dopo aver comprato all’asta una villa che fu dei boss mafiosi Michelangelo Aiello e Michele Greco, se l’è vista sequestrare dalla Forestale per ben due volte. “Stato grezzo e in corso d’opera”, c’è scritto nel verbale di sequestro, come se l’immobile fosse stato stato costruito dallo stesso Calì, mentre esiste già dal 1965. A sequestrare la villa che fu di Cosa Nostra gli ispettori della Forestale di Bagheria Luigi Matranga e Giovanni Coffaro. Che poco dopo finiscono lambiti dall’inchiesta della procura di Palermo che squarcia il velo sugli “affari paralleli” di alcuni dipendenti della Forestale di Bagheria: somme di denaro estorte agli abitanti della zona, che in caso contrario avrebbero viste sequestrate le proprie abitazioni. “Era gente che si accontentava di 500 euro, ma a me non è mai arrivata alcuna richiesta estorsiva da loro” aveva raccontato Calì. Ed era balzato agli occhi come in passato la famiglia dell’imprenditore trapiantato a Milano avesse già incrociato la strada dei vertici di Cosa Nostra. Alessandro Calì, fratello di Gianluca, è l’ingegnere che dirige i lavori di ristrutturazione della villa che fu di Greco prima del sequestro. Alcuni anni fa, da presidente dell’ordine degli ingegneri, firmò il provvedimento di radiazione dall’albo di Michele Aiello, il prestanome di Bernardo Provenzano, condannato in via definitiva a 15 anni di carcere per mafia. Poco tempo fa Aiello aveva ottenuto di scontare parte della pena ai domiciliari nella sua Bagheria. Motivo? Essendo ammalato di favismo, non poteva consumare il rancio in carcere, dove evidentemente servivano solo alimenti derivati di fave e lenticchie.
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Il Cairo, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - Il ministero degli Esteri egiziano ha condannato gli attacchi aerei notturni condotti da Israele sulla Striscia di Gaza, definendoli una "flagrante violazione" del cessate il fuoco entrato in vigore il 19 gennaio.
Gli attacchi costituiscono una "pericolosa escalation che rischia di avere gravi conseguenze per la stabilità della regione", si legge nella dichiarazione dell'Egitto, che ha mediato il cessate il fuoco a Gaza insieme al Qatar e agli Stati Uniti.
Varsavia, 18 mar. (Adnkronos) - Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania vogliono ritirarsi dall'accordo internazionale che mette al bando le mine antiuomo, noto anche come Trattato di Ottawa. "Le minacce militari agli Stati membri della Nato che confinano con Russia e Bielorussia sono aumentate in modo significativo - si legge in una dichiarazione rilasciata dai ministri della Difesa di quattro Paesi - Riteniamo che nell'attuale contesto di sicurezza sia fondamentale garantire alle nostre forze di difesa flessibilità e libertà di scelta per utilizzare potenzialmente nuovi sistemi e soluzioni d'arma per rafforzare la difesa del vulnerabile fianco orientale dell'Alleanza".
Il Trattato di Ottawa del 1997 è sottoposto a crescenti pressioni a causa della guerra di Mosca contro l'Ucraina, mentre gli Stati in prima linea stanno rafforzando i loro confini con la Russia. All'inizio del mese, il primo ministro polacco Donald Tusk ha detto che la Polonia avrebbe iniziato a prendere misure per uscire dal trattato. I quattro Paesi avevano a lungo meditato un ritiro e volevano prendere una decisione regionale congiunta. Si tratta di un segnale politico per Mosca, più che del riflesso di un'immediata necessità militare, sottolinea Politico.
"Le decisioni riguardanti la Convenzione di Ottawa dovrebbero essere prese in solidarietà e coordinamento all'interno della regione. Allo stesso tempo, al momento non abbiamo piani per sviluppare, immagazzinare o utilizzare mine antiuomo precedentemente vietate", ha affermato il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur. All'inizio del mese, il capo di stato maggiore della difesa lettone, il maggiore generale Kaspars Pudāns, ha dichiarato a Politico che le priorità del Paese restano le mine anticarro e i proiettili di artiglieria. Il ministro della Difesa finlandese Antti Hakkanen ha affermato che anche Helsinki sta valutando la possibilità di abbandonare il Trattato, ma non è tra i firmatari della dichiarazione odierna.
Washington, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - Israele "deve immediatamente e completamente" cessare la colonizzazione nella Cisgiordania occupata ed "evacuare tutti i coloni". Lo ha dichiarato l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk in un a nota, aggiungendo che "il trasferimento di Israele di parti della popolazione civile nel territorio che occupa costituisce un crimine di guerra".
Ankara, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - La Turchia ha definito l'ondata di nuovi attacchi di Israele a Gaza come "una nuova fase" della sua "politica di genocidio", affermando che il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha sfidato l'umanità violando il diritto internazionale.
"Il massacro di centinaia di palestinesi negli attacchi israeliani a Gaza... dimostra che la politica di genocidio del governo Netanyahu è entrata in una nuova fase", ha affermato il ministero degli Esteri turco in una nota.
Washington, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk si è detto "inorridito" dalla ripresa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, che hanno provocato molte vittime, e ha chiesto che "l'incubo finisca immediatamente".
"L'unica via da seguire è una soluzione politica, coerente con il diritto internazionale. L'uso di una forza militare ancora maggiore da parte di Israele non farà altro che accumulare ulteriore miseria su una popolazione palestinese che già soffre di condizioni catastrofiche", ha scritto Turk in una nota.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Il governo italiano - che per bocca di Crosetto evita accuratamente di attribuire la rottura della tregua al rifiuto di Israele di passare alla seconda fase dell'accordo che prevedeva il ritiro delle sue truppe e alla violazione della tregua con il blocco umanitario e continue attacchi - abbia il coraggio di condannare l'ormai evidente piano di sterminio di Netanyahu, chiedendo all'Unione europea di imporrare sanzioni economiche e diplomatiche a Israele, interrompendo ogni rapporto commerciale e finanziario, ogni consegna di fornitura militare e richiamando tutti gli ambasciatori europei come strumento di pressione diplomatica sul governo Netanyahu". Lo dicono i capigruppo M5s delle commissioni Esteri di Camera e Senato Francesco Silvestri e Bruno Marton.
"L'Europa che aspira a una sua autonomia strategica abbia il coraggio di smarcarsi dalla posizione degli Stati Uniti apertamente schierati con gli estremisti criminali che guidano Israele", aggiungono.
Milano, 18 mar. (Adnkronos) - "Vengo spesso interpellato dai media, in questi giorni, sulla nuova vicenda Sempio sulla quale non posso parlare perché la Procura non mi ha ancora abilitato al deposito della nomina al contrario, almeno da quanto leggo dalla Cassazione, sembra aver interloquito con la difesa Stasi". Lo precisa all'Adnkronos Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Si tratta di un atto necessario affinché l'avvocato della famiglia della vittima possa costituirsi parte offesa nel procedimento che riguarda Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, indagato per omicidio. La Procura di Pavia, dopo una prima archiviazione, ha riaperto le indagini sul trentasettenne per un delitto che ha già portato alla condanna in via definitiva a 16 anni di carcere per l'allora fidanzato Alberto Stasi. Ora, senza quella nomina, la parte offesa - cioè i consulenti della famiglia Poggi - non potranno partecipare alla rilettura delle analisi sul Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi o sul dispenser portasapone del bagno dove, per le sentenze, si lava l'assassino.