Ma, nel fondo, la strategia di “ascolto” è sempre quella. Attraverso un’impressionante rete di satelliti spia, basi d’intercettazione terrestri e mega-cervelloni, vengono filtrati miliardi di comunicazioni di ogni tipo, che circolano via satellite, lungo i cavi sottomarini a fibre ottiche o rimbalzano sulle frequenze delle antenne a microonde: conversazioni telefoniche, sms, messaggi email, fax e così via.
Il problema è come smaltire questa mole sconfinata di informazioni. Sono i centri d’ascolto, attraverso i loro database, a leggere in tempo reale le comunicazioni, centrando l’attenzione solo su quelle che contengono le keywords, le parole-chiave inserite in precedenza nel cervellone.
Gli analisti si occupano poi di catalogare il materiale in base a una suddivisione ragionata per argomenti, nomi di persone, paesi, organizzazioni che compaiono nella lista delle parole chiave. Ovviamente, le keywords sono in continua evoluzione: con cadenza regolare, c’è chi suppone che più o meno settimanale, alcune vengono rimosse dai computer e sostituite con altre più attuali. Inutile dire che non scompariranno mai termini tipo terrorismo, bomba, esplosivo, droga, guerriglia o Jihad. Ma anche gli armamenti più svariati, dal classico Ak-47 (il fucile kalashnikov) al missile antiaereo Stinger.
Però, se un tempo parlare di Saddam, Gheddafi o Castro poteva far scattare il campanello d’allarme degli spioni globali, in epoche più recenti hanno preso quota – ad esempio – Ahmadinejad o Bashar al Assad. Tutto dipende dall’attualità politica e dalle emergenze internazionali. Anche dire “sei una bomba” o parlare di una “bionda esplosiva”, ci fa entrare di pieno diritto nella lista dei sospetti.
Il Fatto Quotidiano, 5 Luglio 2013