Quello sopra è un documentario shock sulla “garde à vue” (letteralmente “guardato a vista”, come il film di Claude Miller), l’equivalente del fermo di polizia e ha fatto tanto parlare di sé oltralpe negli ultimi anni in seguito in considerazione delle abnormi proporzioni prese dal fenomeno che hanno fatto schizzare a 900mila il numero di persone fermate nel 2009 in Francia.
Secondo il codice di procedura penale francese basta essere sospettati di un qualsiasi reato per essere fermati per una durata che va fino alle 48 ore per i reati “comuni” e può estendersi in caso di reati più gravi come terrorismo (il caso del ragazzo denunciato dal documentario, fermato per un sms, è emblematico e inquietante allo stesso tempo) ma anche per altre infrazioni (si veda il caso di Bernard Tapie, in garde à vue [di seguito GAV] la scorsa settimana per quattro giorni per “frode organizzata” )
Ciò che ha più fatto discutere oltralpe negli ultimi anni è stata la condizione in cui venivano tenuti i fermati (questo almeno fino al 2011 anno in cui la GAV è stata riformata) e la violazione dei loro diritti fondamentali.
Senza effetti personali, in una cella di pochi metri, il più delle volte lugubre e fatiscente comprensiva di buco a terra per le “esigenze personali”, senza luce esterna, quindi impossibilitati ad orientarsi nel tempo.
Ai fermati non veniva fatto presente il loro diritto a restare in silenzio, l’avvocato non poteva essere presente durante gli interrogatori e non aveva neanche accesso al fascicolo, restando totalmente all’oscuro circa le contestazioni fatte al proprio assistito. Di conseguenza, essendo impossibilitato a difenderlo e/o informarlo e lasciando così il sospettato in balia dei poliziotti che riuscivano quasi sempre ad estorcere confessioni (spesso false) molto facilmente soprattutto negoziando la libertà in quelle particolari condizioni di pressione psicologica caratterizzati dalla GAV.
Nonostante la palese violazione dei diritti fondamentali enunciati dall’Articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) per anni né la destra né la sinistra hanno mai osato riformarla.
A smuovere le acque ci ha pensato infatti la magistratura transalpina. Nel 2010 prima la Corte Costituzionale francese e poi la Cassazione hanno stabilito, la prima che la GAV francese fosse incostituzionale e, la seconda che questa non era conforme al diritto europeo in particolare proprio l’Art. 6 (diritto ad un processo equo) della Convenzione europea dei diritti umani con particolar riferimento alla mancata notifica alla persona posta in stato di fermo del diritto di rimanere in silenzio e all’assenza di un avvocato durante tutta la durata del fermo per poter organizzare la difesa ed essere presente durante l’interrogatorio.
Queste dopo che la stessa Corte Europea dei Diritti Umani aveva più volte sanzionato il regime di “GAV” perché contrario alla convenzione.
La Cassazione francese ha inoltre ribadito questa linea nel maggio 2011 annullando delle vecchie GAV (precedenti all’Aprile 2011) deliberando che «le GAV di persone sospette in Francia senza avvocato possono essere dichiarate irregolari senza limite temporale»
E in Italia? Il fermo di polizia nostrano, molto meno “in voga” rispetto ai nostri cugini d’oltralpe, è coperto dalle garanzie previste dal nostro ordinamento.
Oltre la CEDU di cui anche l’Italia è firmataria, la GAV alla francese sarebbe in Italia in palese violazione degli articoli 63, 64 e 350 del codice di procedura penale oltre che incostituzionale ai sensi degli Art. 24 e 111 della nostra Carta Fondamentale.
Per una volta non abbiamo nulla da invidiare ai nostri vicini!