Salabayeva e Alua, moglie e figlia dell’oppositore kazako Mukhtar Ablyazov, sono ora nelle mani del dittatore Nursultan Nazarbayev. Dopo che lo scorso 29 maggio il ministro degli Interni e segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha mandato una cinquantina di uomini armati della Digos a prendere le due donne, che sono state poi espulse dall’Italia, accusate di avere passaporti falsi. Un’accusa che è stata poi smentita dal tribunale di Roma, secondo cui l’espulsione non andava autorizzata perché i documenti erano in regola.

Adesso la parola spetta a Nazarbayev: un vecchio amico dell’Italia e di Silvio Berlusconi. Il 1 ottobre 2010 il Cavaliere fu infatti accolto a braccia aperte dal dittatore quando raggiunse Astana, capitale del Kazakistan, per il vertice Ocse. Nulla di cui stupirsi visto che, come ha detto lo stesso Berlusconi, Nursultan è “un caro amico”. L’ex premier, ultimo dei 68 tra capi di Stato e governo ad arrivare nella capitale kazaka, fu ricevuto con un saluto molto caloroso da parte del dittatore. “Ho visto dei sondaggi realizzati da un’autorità indipendente che ti hanno assegnato il 92% di stima e di amore dal tuo popolo”, disse Berlusconi rivolgendosi al leader kazako, sottolineando che “è un consenso che non può che fondarsi sui fatti” e invitando tutti ad “andare in vacanza in Kazakistan”.

Non solo. Un anno prima, nel 2009, Nazarbayev giunse in Italia con una folta delegazione di ministri per un incontro tra le due Nazioni. Al termine del bilaterale, il Cavaliere si complimentò per l’impressionante crescita demografica del Paese. “Credo che si possa veramente sviluppare una vasta gamma di collaborazione“, disse allora Berlusconi, “con un Paese che ha grandi risorse naturali e una grande crescita demografica”. Una Nazione che, aggiunse con un sorriso davanti a Nazarbayev, “dimostra la grande vitalità di tutti i maschi kazachistani”.

Nella stessa occasione, Berlusconi non riuscì a trattenere anche la “grande invidia” per il fatto che il suo ospite fosse riuscito a costruire “in otto anni una città da un milione di abitanti”. Un modello che il Cavaliere disse di voler prendere come riferimento per ricostruire l’Aquila, ammettendo in tono scherzoso che si trattava di una “missione complicata, visti gli ostacoli burocratici che si frappongono in Italia”. E in quell’occasione il Cavaliere si spinse anche oltre, spiegando di aver visitato in Kazakistan “una diga a forma di fiore da cui mettendo una mano sul pulsante si illumina una città” e concludendo con un’altra battuta: “Ovviamente ho pensato di fare lo stesso in Sardegna“.

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