Con i primi caldi, anche Libero, giornale già accaldato di solito, rinuncia agli ultimi pudori e titola a nove colonne ‘Il Pd vieta la gnocca‘, sottotitolo ‘Invece di pensare alla crisi‘. Sotto al titolo, la foto di una modella in biancheria intima e, accanto a questa, le foto di quattro senatrici del Pd, presentatrici di una proposta di legge per vietare l’uso del corpo femminile nella pubblicità. Normalmente si direbbe che tutto ciò – proposta di legge compresa – si commenta da sé. Ma non viviamo tempi normali, e poi ho deciso – come Oscar Wilde: o era Aldo Busi? – che l’unico modo di reagire alle provocazioni è raccoglierle. Dunque, tutto si commenterà da sé, ma intanto vorrei provare a commentarlo io.
Premetto che sono femminista e pure filo-gay, lesbo, trans ecc. ecc. Che non sono un lettore abituale di Libero, anzi, che ho dovuto comprare il giornale nottetempo e mascherato da Oscar Giannino; peggio ancora, che nessuno mi ha creduto perché persino travestito da lui sembravo sempre troppo sobrio. Che il Pd, specie dal governo dei larghi inciuci in avanti, ma anche prima, diciamo sin dalla fondazione, ma forse ancor prima, sin dal Congresso di Livorno, insomma da Adamo ed Eva, ammesso fossero comunisti, si merita questo e altro. Nondimeno, vorrei sforzarmi di essere obiettivo e di trattare la questione filosoficamente, sine ira et studio: come direbbe Lapo Elkann credendo che sia inglese.
Capisco le ragioni delle senatrici del Pd; anch’io la penserei allo stesso modo, se mi cadesse in testa un traliccio dell’alta tensione. Le torme di ragazzine che girano seminude praticamente da maggio, nonostante la primavera più piovosa del millennio, imbarazzano pure me: dopotutto ho ormai anch’io un’età da senatore. Però ci sono dei limiti che un paese occidentale, nonostante una tradizione clericale ben esemplificata dallo stesso Pd, non dovrebbe mai superare. Devo dirlo io che non si legifera sul corpo delle donne, neppure con la scusa di proteggerlo? E che, se è per questo, non si legifera neanche sul corpo degli uomini, dei gay, delle lesbiche, dei trans ecc. ecc.?
Se poi si vuole proprio arginare la pubblicità di cattivo gusto – ma non bastano e avanzano le ordinanze dei sindaci, che almeno sono successive, e non preventive? – non ci si mette a progettare censure preventive, bollini di conformità, pecette da applicare sui manifesti indecenti, e simili. Basta fare una bella pubblicità-progresso con Belen eccezionalmente vestita di tutto punto, la quale, rivolgendosi alle sue emule più giovani, insinui in tono ammiccante e, cosa ancor più trasgressiva, usando il congiuntivo: «Ma siete proprio sicure che per essere sexy occorra denudarsi»?