Già stasera il boss della ‘ndrangheta Roberto Pannunzi arriverà all’aeroporto di Fiumicino. Lo ha annunciato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, per il quale il “Pablo Escobar italiano” era il ricercato principale tra i trafficanti internazionali di droga, anche per via della sua capacità a evadere dal sistema giudiziario italiano. Per due volte in 11 anni, infatti, è riuscito a prendersi beffa di chi avrebbe dovuto garantire alla giustizia il broker della Locride capace di organizzare un carico anche di 3 tonnellate di cocaina dalla Colombia all’Europa.
Nel 1993 il Tribunale di Locri lo aveva condannato a 22 anni di carcere, poi confermate sostanzialmente dalla Corte d’Appello di Reggio. Nel 1994 è stato arrestato a Medellin, in Colombia, e dopo un anno è stato estradato in Italia. La sua detenzione dura poco. Giusto il tempo, nel 1998, di ottenere una certificazione medica secondo la quale il boss della droga era affetto da una patologia cardiaca, disturbi di tipo anginoso (senza infarti però) che si possono procurare facilmente in maniera artificiale e che spingono il Tribunale di Sorveglianza di Roma a concedere a Pannunzi una vita più tranquilla, priva di stress psico-fisici. Per un esame strumentale che si sarebbe potuto eseguire in mezza giornata, i giudici sospendono la sua pena per sei mesi: il giorno dopo il “Pablo Escobar italiano” è già in Sudamerica a organizzare la prossima spedizione di cocaina per conto delle cosche di Platì e Gioiosa Jonica.
Il nome di Pannunzi spunta in tutte le grandi operazioni antimafia condotte dalla Dda di Reggio: da “Igres” a “Marcos”, dall’inchiesta “Zappa” a “Stupor Mundi”. Conosciuto con il soprannome di “Bé-bé” ha organizzato, tra i tanti traffici, un maxi trasporto fino al Pireo in Grecia. Nel giro della droga ha coinvolto anche il figlio Alessandro arrestato con lui in Spagna, nel 2004, mentre la figlia Simona si è sposata con Francesco Bumbaca, alias “Joe Pesci”, che col tempo è diventato il suo uomo di fiducia e un elemento chiave dell’organizzazione criminale calabrese.
Le porte del carcere italiano, per il “Bé-bé”, rimasero chiuse appena sei anni: il 15 marzo 2010, infatti, sempre a causa dei paventati problemi cardiaci, Roberto Pannunzi ha ottenuto (questa volta dal Tribunale di sorveglianza di Bologna) gli arresti domiciliari in una clinica di Roma, “Villa Sandra”, dove era stato ricoverato per eseguire alcuni accertamenti per “cardiopatia ischemica post infarto”. Pochi giorni e al controllo della guardia di finanza, Pannunzi non si fa trovare: sparito, volatilizzato. Fino a ieri quando è stato arrestato a Bogotà dove era in possesso di una carta d’identità venezuelana a nome Silvano Martino. Stasera rientrerà in Italia dove, si spera, possa curare i suoi problemi cardiaci oltre a scontare lunghi anni in una cella di massima sicurezza.