Con l’amico di Sousse in macchina raggiungiamo il Cie, il centro di identificazione e di espulsione di via Gela. Attraversiamo il quartiere residenziale, si succedono ville a schiera, casette a due piani, giardini con orribili statue di gesso lungo il viale e strade sterrate; qui si eleva un mausoleo di grate, ballatoi, stanze umide e interrati con sulle porte targhette un po’ sbilenche che tanto non indicano nulla. I profughi dello sbarco sono tutti lì.
W Somalia, leggo sulla parete del mausoleo, accanto con la vernice rossa scrivono: “la via della vergogna”.
L’amico di Sousse è un mediatore, mi riferisce di alterchi in quella zona, di piccole rivolte domestiche, levate di scudi nel nome di un senso civico così severo, così brutale persino. Fanno pipì fuori, ecco per dirla con un certo decoro, ma quello è, e allora? L’amico di Sousse ne vede di italiani “far pipì” fuori la sera, in Ortigia, nei vicoli del centro storico, dopo i pub, dopo le sbronze, e allora?
Entriamo al Cie, ci sono i celerini, i blindati posteggiati di sbieco nel cortile infuocato, pashmine volano al primo piano, sembrano farfalle, una camicia logora è messa ad asciugare sopra un filo arrangiato. L’amico di Sousse traduce per i funzionari della Polizia, ci sono i siriani di Daraa, chiusi in una stanza al piano terra, minacciano azioni estreme, non vogliono lasciare le loro impronte, vogliono partire per il nord Europa. Sono pieni di soldi, mi spiega l’amico di Sousse, li infilano ovunque, anche lì, ci siamo capiti, dice.
Hanno la faccia della guerra, ripete, ho quasi paura, non so cosa voglia dire. “Sono cecchini – dice – hanno gli occhi fissi”, una specie di smorfia dentro il volto scavato, abituato a non dormire, a vegliare, abituato al terrore. Fanno puzza di sangue, ripete l’amico di Sousse e riferisce ai funzionari. Lo sbarco è pieno di egiziani, ci sono molti neonati e donne, due prossime al parto.
L’amico di Sousse dice che oramai è una questione di coscienza sociale, anche abbastanza maliziosa, sai quanti islamisti, dice, hanno votato Morsi, è pur sempre democrazia, sono 50 milioni di elettori? Prepariamoci a 50 milioni di richiedenti asilo, è una buona scusa, come la primavera araba, dice, 22 mila richiedenti, profughi richiedenti.
Azzardo: i poveri del mondo ci sono caduti in braccio. Dai, l’amico scuote la testa. A me le pashmine sembrano davvero farfalle.