L'aumento della paga, nel rinnovo contrattuale, legato a igiene personale e sobrietà del comportamento. Ma Cgil, Cisl e Uil protestano: "Scelta assurda e incomprensibile. L’azienda creerebbe a sua totale discrezione una pagella valutativa con parametri davvero bizzarri. Lavoratori trattati come merce da scaffale"
Più puliti e gentili sul luogo di lavoro e scatterà l’aumento dello stipendio. Questa la strana proposta contenuta nel rinnovo di contratto proposto da Coop Estense alle migliaia di lavoratori dei suoi supermercati e ipermercati dislocati in decine di punti vendita tra le province di Modena e Ferrara, in Puglia e in Basilicata.
Poche righe nelle bozze della contrattazione e subito Cgil, Cisl e Uil sono andati su tutte le furie facendo saltare il tavolo: “Voler determinare un maggiore o minore premio di produzione attraverso indicatori come l’igiene personale e la sobrietà di comportamento”, spiega Giuseppe Boccuzzi, segretario provinciale della Fisascat Cisl Bari, “è una scelta assurda e incomprensibile”. “L’azienda”, prosegue, “creerebbe a sua totale discrezione una pagella valutativa con parametri davvero bizzarri. Mi chiedo come farà a valutare il grado di sporcizia o di sudore sui lavoratori. Sono cose che accadevano 50 anni fa nelle caserme militari quando l’ufficiale ti faceva il contropelo per verificare se ti eri fatto la barba”.
Dopo 24 ore dall’annuncio ufficiale della notizia, Coop Estense interpellata più volte dal fattoquotidiano.it non ha voluto rilasciate dichiarazioni a riguardo, se non fornendo il più classico dei “no comment”.
Trattativa complessa e articolata quella che ha visto da una parte Coop Estense e dall’altra i sindacati dei lavoratori di fronte alla “riattivazione del contratto integrativo aziendale. Mesi fa la trattativa per il rinnovo è stata disdettata unilateralmente dall’azienda – continua Boccuzzi – siamo rimasti meravigliati, pensavamo fosse normale ma poi abbiamo capito che vogliono apportare robuste modifiche alla flessibilità del lavoro in Coop. In sostanza parliamo per la maggior parte di lavoratori part time che dovrebbero essere a disposizione in ogni momento secondo la formula del “just in time”: in poche parole se ci sono pochi clienti al supermercato, ti possono anche mandare a casa e farti tornare qualche ora dopo quanto c’è maggiore affluenza”.
“Vogliono fare un salto indietro di 70 anni e derogare il riposo giornaliero di 11 ore. I lavoratori, proprio in un’azienda come Coop che fa dello spirito cooperativistico un bandiera etica, non sono più trattati come esseri umani ma come merce da scaffale”. A fine giugno la trattativa sul contratto nazionale per Cgil, Cisl e Uil è saltata mentre per i magazzini pugliesi si è insistito ulteriormente su un’ulteriore flessibilità pena “lo spostamento in massa da un punto vendita all’altro”, aggiunge il sindacalista Cisl, “quando la maggior parte dei 1500 dipendenti pugliesi è part time da 700 euro al mese e non può certo permettersi di conciliare ribaltamenti di luogo e di tempo di lavoro”.
“Un ulteriore tassello di flessibilità che si aggiunge al più grande dramma che la grande distribuzione commerciale ha vissuto negli ultimi 30 anni: l’apertura di domenica e di sabato fino a sera inoltrata”, chiosa sconsolato Boccuzzi, “cioè un’organizzazione del lavoro che non permette più alle persone di costruirsi una dignitosa vita familiare”.